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Acca Larenzia, l’Anpi vuole mettere fuori legge la memoria di tre giovani innocenti. Che pena

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Prevenire è meglio che curare devono aver pensato i nostalgici della guerra civile e degli anni di piombo che si annoverano tra le file dell’Anpi. Così invece di aspettare gli eventi si ‘portano avanti’. E chiedono fin d’ora al Viminale il divieto della commemorazione della strage di Acca Larenzia, 7 gennaio 1978. La mattanza,  che ha segnato la memoria di Roma e dell’Italia intera, nella quale vennero freddati tre giovanissimi militanti del Fronte della Gioventù,  Franco Bigonzetti, Francesco Ciavatta e Stefano Recchioni. Morti di serie b evidentemente, ai quali non è concesso il ricordo e l’omaggio della comunità a cui appartenevano e dei cittadini. L’alibi per rinnovare l’inqualificabile slogan degli anni ’70, uccidere un fascista non è un reato, è quello della pericolosa adunata neofascista, dell’orgia di saluti romani. Così il presidente dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo, va dritto allo scopo. “Ogni anno c’è una manifestazione, come ha detto anche la procura caratterizzata da una liturgia delle adunanze usuali del disciolto partito fascista, dove si fa il rito del presente in modo paramilitare e ogni anno ci sono tensioni. Francamente è insopportabile”.

Strage di Acca Larenzia, l’Anpi chiede il divieto al ricordo

Già. I novelli partigiani parlano di macabri rituali fascisti e di violenze, che in verità la cronaca non ci ha restituito a differenza delle guerriglie urbane scatenata dalla sinistra estrema nelle piazze e nelle università con città messe a ferro e a fuoco e agenti feriti dietro lo scudo della Palestina libera. La richiesta preventiva prepara la narrazione “copia e incolla” che si scatena malauguratamente a ogni anniversario della strage. Capovolgendo la dinamica vittima-aggressore la sinistra, lontana perfino da un briciolo di pietas umana, strumentalizza la morte di tre ragazzi innocenti per rinnovare l’odio contro il nemico e urlare al pericolo fascista. Che, sotto sotto, si anniderebbe tra le pieghe del governo Meloni. Perché è Palazzo Chigi il vero obiettivo.  Se si scorrono all’indietro gli anni il canovaccio della sinistra resta identico. Lo scorso anno anche peggio visto che la pericolosa destra (eletta dai cittadini), era al governo della nazione.

Come ogni anno scatta la narrazione del pericolo fascista

Con una levata di scudi generale e la grancassa della stampa ‘indipendente’ vennero confuse ad arte commemorazioni istituzionali, con la cerimonia di una delegazione di Fratelli d’Italia e la manifestazione promossa nel pomeriggio da CasaPound che si è conclusa con il presente e i saluti romani. C’erano, è vero. Ma parliamo di un’organizzazione radicale, di una destra estrema (per farci capire dai commentatori affezionati agli aggettivi) che potremmo definire residuale, i cui consensi nel paese sono irrilevanti. Che insomma non creano particolari rischi per la tenuta democratica. Saluti romani e gestualità che, se all’Anpi avessero studiato lo saprebbero, non ha a che fare con la destra che guida il Paese. E che da anni ha fatto i conti con il passato, a rischio di perdere gli applausi e qualche voto dei nostalgici. Ma fare di tutta l’erba un fascio fa bene a una sinistra senza argomenti e sempre più in debito d’ossigeno.

Viene anche il sospetto che ci sia una strategia nell’enfatizzare le gesta dei tartarughini per screditare e indebolire la destra istituzionale e politica. Non sarebbe incredibile per una sinistra che stenta a produrre alternative di governo  rinnegando chi anche a sinistra ha lavorato per una pacificazione nazionale. Così a due settimane dall’anniversario di Acca Larenzia si nega il ricordo e la pietà per tre giovani ammazzati che ancora aspettano giustizia, dopo quasi mezzo secolo. Un’operazione che sa di fango e che sostituisce il riserbo dovuto allo sfregio postumo. Forse l’Anpi farebbe meglio a cambiare spartito e a ricordare la lezione di un partigiano vero come Sandro Pertini che si recò in ospedale a fare visita a Paolo Di Nella in coma. Un ragazzo innocente ucciso mentre affiggeva manifesti per il recupero di un’area verde al quartiere Trieste Salario.

 

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