Parola d’ordine: calma. Perché tutti, prima dell’inizio del campionato, avrebbero firmato per trascorrere il Natale in quinta posizione. Per di più con una partita, quella contro l’Inter, da recuperare. Gara difficilissima, ma nel calcio, si sa, non sempre due più due fa quattro. Terminata la premessa (doverosa), sarebbe ingiusto e da ciechi affermare che va tutto bene. Gli ultimi risultati, purtroppo, stanno lì a dimostrarlo. Nel motore della Fiorentina si sono accese alcune spie. Interrogativi tattici che nei mesi scorsi erano stati messi in secondo piano, sono riaffiorati nelle ultime settimane. Uno dei quali ha come protagonista Albert Gudmundsson. Nota deludente fin qui? No, non esageriamo con le parole. Anche perché l’infortunio patito a Lecce ha minato il suo rendimento. Non c’è dubbio, però, che tifosi e società si aspettassero (e si aspettino) di più dall’islandese. Contro l’Udinese è subentrato a Beltran all’62'. Gli ci sono voluti ben diciannove minuti per toccare il primo pallone della gara. Sintomatico di come l’ex Genoa si estranei troppo dalle partite (e non solo contro i friulani). Uno con le sue qualità non deve nascondersi, bensì stare al centro del gioco. Contro l’Udinese ha regnato l’anarchia tattica perché, oltre a non incidere, non è mai riuscito a trovare la giusta posizione in campo e a duettare con Kean e gli altri colleghi del reparto avanzato (attenzione: non stiamo scrivendo che Gudmundsson è il solo ed unico responsabile del ko contro i bianconeri). Impossibile, allora, non sottolineare le parole di Raffaele Palladino nel post partita: “Le occasioni per far male le creiamo, ma bisogna alzare il livello, la qualità. Bisogna avere più altruismo, l’ho detto ai ragazzi. Se uno è messo meglio, deve ricevere la palla”. Sembra di averle già sentite, queste parole. Anzi, togliamo il “sembra”. Virgolettati leggermente diversi, così come il suo autore. 29 settembre, post Empoli-Fiorentina 0-0. “Cosa è mancato? Di giocare uno per l’altro. Se io o un altro facciamo gol non fa differenza, abbiamo giocato poco insieme (…). A volte siamo arrivati davanti e abbiamo fatto scelte troppo individualiste”. Firmato: Christian Kouamé, capitano allo stadio Castellani. Dichiarazioni, le sue, che fecero scalpore. E’ vero, l’attuale è il miglior attacco della Fiorentina degli ultimi 65 anni (i numeri parlano chiaro e, si sa, i numeri non sono un’opinione). Una domanda tattica, tuttavia, sorge spontanea alla luce di quanto sopra esposto: c’è qualcosa che non va nel fronte offensivo viola?