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I nuovi leader non bastano. Un’altra rivoluzione per restare in alto

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Hanno tirato la carretta fino ad ora, hanno spinto la Fiorentina ad un passo dalla vetta, hanno preso le redini di un gruppo rivoluzionato per metà in estate. Adesso però che è arrivato il primo, vero momento di flessione della stagione viola, si rischia di sperperare tutto il buono della prima parte di campionato. Da Kean a Cataldi, da Adli a Gosens, passando per De Gea, Colpani e (ahinoi) Bove. Finché c'è stato il numero 4, la Fiorentina volava, sembrava un ingranaggio perfetto dove tutto funzionava a meraviglia. Ma forse la macchina di Palladino era già un gigante dai piedi d'argilla, che si reggeva su equilibrio perfetto ma precario destinato a non reggere 38 partite. Come all'interno di un sogno, il risveglio è stato brusco. Le sconfitte con Bologna e Udinese hanno riportato tutti con i piedi per terra. Il grande spavento per Edoardo e la tragica perdita della madre del mister hanno minato l'umore dello spogliatoio, ma anche la scarsa profondità della rosa ha impedito a chi ha giocato di più di rifiatare. Senza dimenticare le esternazioni forti del procuratore di Biraghi e Parisi e l'infortunio di Gudmundsson, (ma anche Mandragora, Richardson e Pongracic). Palladino col passaggio al 4-2-3-1 ne aveva battezzati undici: De Gea, Dodò, Comuzzo, Ranieri, Gosens, Adli, Cataldi, Colpani, Beltran (in assenza dell'islandese), Bove, Kean. Tutti gli altri in Conference. Troppo pochi per tenere un passo da scudetto e affrontare contemporaneamente (anche solo part time) due impegni a settimana. Il caso più eclatante è quello di Cataldi e Adli, acciaccati, spremuti, ma comunque titolari indiscussi e portatori di gol e assist finché ne hanno. Si sono ritrovati entrambi ad essere pedine imprescindibili dopo due anni da gregari "di lusso", adesso il fisico presenta il conto. E che dire di Kean, già a 10 gol in campionato ma evidentemente meno lucido di un mese fa, di un Gosens da un mese a questa parte in evidente affanno, di un Colpani lontano parente di quello di Monza. Che il lavoro fatto in estate sia stato molto buono (con alcuni punti interrogativi), è fuori dubbio: ristrutturazione massiccia, accantonamento di molti titolari della scorsa stagione, gioco diverso. Adesso, con altri due addii eccellenti della vecchia guardia vicini (Biraghi e Martinez Quarta), si aprono le porte di un'altra rivoluzione. Più difficile, a gennaio, ma non meno importante di quella estiva per alimentare le speranze d'alta Europa.



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