Adieu. Vita avventurosa di Jean Marie Le Pen: il vecchio leone bretone della destra francese
Riceviamo e pubblichiamo
Caro direttore, sembra ieri quando il ciclone Jean-Marie Le Pen si abbatté sull’Europa, nella primavera del 2002. Sono passati quasi 23 anni ma i metodi della sinistra “democratica” sono ancora oggi gli stessi: se vince la destra si grida al golpe, se vince la sinistra è frutto della democrazia… Ma Jean-Marie Le Pen un grande merito ce l’ha, ed è quello di aver costretto la sinistra, francese ed europea, a umiliarsi profondamente mendicando i voti per il loro peggiore nemico numero due, Jacques Chirac, pur di non far vincere il loro nemico numero uno, l’uomo nero Le Pen.
Ecco come andarono le cose: alle presidenziali francesi del 2002 il campione nella sinistra, il socialista Lionel Jospin, fu clamorosamente quanto inaspettatamente battuto dal capo del Front National Le Pen, che andò al ballottaggio con l’esponente di centrodestra Jacques Chirac, presidente uscente. E pensare che l’estrema destra quella volta si presentò anche divisa, con l’ex Front National Bruno Megret che si presentava da solo. Ma la sinistra era ancora più divisa, in ben cinque fazioni. Risultato: Chirac giunse in testa con quasi il 20 per cento dei voti, tallonato da Le Pen al 17 per cento. Lo sgomento fu grande: mai si vide, in Francia e in Europa, una mobilitazione così grande e concitata come in quelle settimane. Sinistra e centro come mosche impazzite andavano a sbattere sui vetri dell’opinione pubblica per convincerla a scongiurare il disastro immanente. Partiti, sindacati, associazioni varie, e persino la chiesa si schierarono compattamente contro il “pericolo fascista” e scongiurarono i francesi di scegliere Chirac, che certo fino a quel momento non era stato molto amato. E così fu: Chirac, supportato dalla sinistra e dal centro vinse con ben l’82 per cento dei consensi mentre Le Pen si limitò a incrementare i suoi voti. La grande paura era passata, il fascismo non sarebbe tornato. E oggi, a 23 anni da quei giorni, la Francia è sempre nella medesima situazione: un’altra Le Pen, la figlia Marine, rischia di diventare presidente della nazione, e non ci sarà “voto utile” che tenga, perché anche i francesi hanno imparato a votare per coloro che li rappresentino e non contro un vago nemico comune indicato istericamente dai mass media.
Il sodalizio europeo con Almirante
Il vecchio leone bretone avrà certo guardato quell’onda lunga, partita proprio da lui, che si è abbattuta sull’Europa nelle ultime elezioni, e non solo sull’Europa, ma in gran parte del mondo libero e democratico, dagli Stati Uniti all’Argentina, passando anche per l’Italia.
Nel libro “Oui, oui, Jean-Marie!”, uscito nel 2002 per i tipi del Settimo Sigillo di Roma, si ripercorrevano le tappe della vita politica del fondatore del Front National francese, sottolineando in particolare la sua grande amicizia con Giorgio Almirante, che primo tra i leader della destra europei ne capì le potenzialità politiche, giungendo a formare insieme a lui e agli esponenti spagnoli di Fuerza Nueva e greci dell’Epen l’Eurodestra. Il Front National, addirittura, si ispirò alla fiamma del Movimento Sociale per il suo simbolo politico, con il tricolore francese al posto di quello italiano. Correvano gli anni Settanta e Ottanta, e quello di Le Pen fu sempre il primo gruppo parlamentare dell’Eurodestra a Bruxelles. Purtroppo negli anni successivi Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini si discostò sempre più da Le Pen, che invece proseguì la sua marcia conseguendo sempre maggiori successi elettorali in Francia.
Partigiano “nazionale” e uomo del popolo
Le Pen aveva 73 anni ai tempi del suo exploit, e fu accusato da Chirac di voler instaurare una “dittatura fascista” in Francia, accuse alle quali lui ha sempre risposto ridendo: “Sono stato eletto deputato, eurodeputato, sempre democraticamente, vi pare che alla mia età divento dittatore?”. La verità è che lui fu sempre un “impresentabile”, per i radical chic della sinistra. Da ragazzino faceva il minatore per pagarsi gli studi, era amico dei “peggiori”, da Saddam Hussein a Slobodan Milosevic, per questo non piace alla gente che piace, ma a lui non è mai importato nulla. Razzismo, nazismo? Ma quando mai, lui non fu mai collaboratore di Hitler nella Francia di Vichy, ma partigiano, e questo faceva infuriare ancora di più la sinistra. Era un uomo di popolo, veramente. Già nel 1956 fu eletto giovane deputato con i poujadisti, in un Paese dove la destra non esisteva perché schiacciata dal gollismo. Fu solo nel 1972 che Le Pen decise di fondare un partito che unificasse la destra in Francia, il Front National. E ci riuscì, aiutato anche da Almirante e Romualdi, che vedeva e sentiva spesso, Le Pen propose un partito che unificasse tutte le categorie e le classi sociali francesi, nessuno escluso. E questa destra nazionale, sociale e popolare si è affermata negli anni, malgrado il silenzio mediatico più totale, come peraltro accadeva al Msi di Almirante, che tuttavia ebbe sempre risultati inferiori al Front National. Si pensi che già nel 1973 Le Pen denunciò i rischi dell’immigrazione selvaggia, rischi che oggi possiamo constatare sulla nostra pelle.
Giovanna D’Arco simbolo del Front
Negli anni successivi Le Pen ha arricchito la dottrina del partito tramite la creazione di organizzazioni giovanili e rappresentanze delle categorie, ma sopratutto con la consacrazione di Giovanna d’Arco e nume tutelare del Front, ciò che ha fatto imbestialire la chiesa sia di Parigi che di Roma. Ma la simbologia è chiara ed è chiaro perché piace alla destra: la pulzella d’Orleans rappresenta la contadina francese che a costo della vita scaccia lo straniero dal suolo patrio.
Insomma, una vita spericolata, quella di Le Pen: madre contadina, padre pescatore morto in mare quando lui aveva 13 anni, Le Pen si trasferì giovanissimo nella capitale, dove intraprese diverse iniziative, tra cui quella di organizzare i soccorsi per le inondazioni del 1953 in Olanda, fino a diventarte deputato nel 1956 a soli 27 anni. Servì nel famoso battaglione stranieri paracadutisti in Indocina ai tempi della caduta di Dien Bien Phu e poi lasciò il parlamento per andare a combattere per l’Algeria francese, venendo anche decorato con la Croce al Valor militare. Nel 1958 fu rieletto deputato, ma non nel 1962, pur proseguendo a dedicarsi alla politica, con Ordre Nouveau e altri movimenti, fino alla creazione del Front National. Da allora, e finora, è stato tutto un trend ascendente, malgrado l’ostracismo sistematico e peggio.
*Giornalista, autore di “Oui, oui, Jean Marie”
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