Orlandi, parla don Pietro Vergari: “Non l’ho mai incontrata”. Ecco cosa non torna nell’audizione dell’ex rettore della Basilica da cui scomparve Emanuela
Don Pietro Vergari è stato ascoltato dalla commissione parlamentare che indaga sul mistero della scomparsa di Emanuela Orlandi, la cittadina vaticana scomparsa a Roma il 22 giugno del 1983. In carrozzina e con un filo di voce, evidentemente in condizioni di salute fragili, il prelato oggi 88enne ha parlato in audizione a palazzo San Macuto, davanti alla Commissione. La sua prima dichiarazione è stata proprio su Emanuela Orlandi affermando di non averla mai conosciuta. Tuttavia, il suo ruolo in questa oscura vicenda non è affatto marginale ma perché?
Chi è don Vergari
Originario di un piccolo paese in provincia di Perugia, Sigillo, dopo aver prestato servizio nella diocesi di Assisi-Nocera Umbra, dove è stato anche canonico, don Vergari ha svolto la sua missione sacerdotale per molti anni a Roma, fino a ricevere l’incarico di rettore della Basilica di Sant’Apollinare, la stessa che nel 1983 era adiacente alla scuola di musica da cui scomparve Emanuela Orlandi. Lo ha mantenuto fino al 1991. Prima di diventare rettore don Vergari è stato cappellano sia a Regina Coeli che a Rebibbia. E pare che proprio in queste circostanze conobbe il criminale testaccino Enrico de Pedis, più volte tirato in ballo anche dal procuratore Giancarlo Capaldo (che ha indagato sul caso Orlandi) come il possibile sequestratore della ragazza. Sul suo blog don Vergari stesso ha raccontato di come conobbe de Pedis, durante le visite settimanali del sabato ai detenuti di Regina Coeli. Scriveva don Pietro sul suo sito, anni fa: “Ci vedevamo normalmente nella chiesa di cui ero rettore, sapendo i miei orari e altre volte fuori, per caso. Mai ho veduto o saputo nulla dei suoi rapporti con gli altri, tranne la conoscenza dei suoi familiari. Aveva il passaporto per poter andare liberamente all’estero. Mi ha aiutato molto per preparare le mense che organizzavo per i poveri. Quando seppi dalla televisione della sua morte in via del Pellegrino, ne restai meravigliato e dispiacente”.
Il rapporto con “Renatino” era decisamente stretto: è stato proprio don Vergari a celebrare il suo matrimonio con Carla Di Giovanni, morta nel 2020. (Fonte: Romatoday) Il fratello di Emanuela, Pietro Orlandi disse di lui nel 2012: “Io non ho mai conosciuto personalmente don Vergari – aggiunge -. Ma quello che posso dire, perché me lo hanno raccontato alcune delle amiche di Emanuela che in questi anni ho contattato, è che suor Dolores, la direttrice della scuola che frequentava Emanuela, faceva di tutto per tenere lontane le ragazze da don Vergari, perché non entrassero in contatto con lui”. (fonte: Ansa)
Le indagini sul sequestro
Le parole di Pietro Orlandi furono rilasciate in un’occasione ben precisa, ovvero quando uscì la notizia che don Vergari era stato iscritto nel registro degli indagati dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e dal sostituto procuratore Simona Maisto che hanno guidato la seconda inchiesta sulla scomparsa di Emanuela, quella che ha acceso i riflettori sul possibile ruolo della criminalità romana nel rapimento. L’accusa per lui era di concorso in sequestro e cadde con l’archiviazione dell’inchiesta da parte del procuratore capo Giuseppe Pignatone. Pignatone, lo ricordiamo, avocò a sé le indagini per poi archiviarle: da lì a breve sarebbe diventato presidente del Tribunale Vaticano, da cui si è recentemente dimesso, pochi mesi dopo la notizia delle indagini a suo carico su mafia e appalti nel 1992. Tornando a don Pietro, l’accusa contro di lui cadde perché l’inchiesta di Capaldo fu archiviata da Pignatone. Insieme a don Vergari, erano stati iscritti nel registro degli indagati altri personaggi legati alla fazione testaccina della Banda della Magliana: Sergio Virtù, autista di “Renatino”, Angelo Cassani detto Ciletto, Gianfranco Cerboni detto Giggetto e l’amante de Pedis Sabrina Minardi che raccontò alcuni particolari inquietanti sulla prima fase della scomparsa. La donna disse di aver preso in carico Emanuela al Gianicolo e di averla consegnata ad un uomo, presumibilmente un vescovo, appena al di fuori dalle mura leonine. La Minardi disse anche che il sequestro era stato organizzato da de Pedis per ordine di Monsignor Paul Marcinkus allora a capo dello Ior, la banca vaticana (fonte: Repubblica 23 giugno del 2008). Quando questa inchiesta fu chiusa, sia la madre di Emanuela Maria Pezzano che Capaldo fecero ricorso ma non ebbero fortuna: nel 2016 la Cassazione confermò la chiusura voluta dal Gip.
La sepoltura di de Pedis
C’è una ragione per cui don Pietro Vergari è noto a chi conosce questa vicenda: fu lui ad autorizzare la sepoltura di Enrico de Pedis – freddato nel febbraio del 1990 in via del Pellegrino a Roma – nella cripta della Basilica di Sant’Apollinare. A tre mesi dalla morte, il suo corpo fu traslato dal Verano nella cripta della chiesa, molto presumibilmente temendo sfregi alla sua tomba. Dopo che Vergari in una lettera aveva attestato il suo status di grande benefattore e dopo l’autorizzazione concessa dal cardinale vicario Ugo Poletti, de Pedis fu tumulato nello stesso edificio in cui Emanuela Orlandi fu vista per l’ultima volta, a pochi passi dal Senato e da Piazza Navona. Negli anni scorsi si è parlato di una somma di 500 milioni corrisposta come generosa offerta da Carla Di Giovanni, la vedova di de Pedis, alla Basilica. Fonti vicine al Vaticano, hanno parlato di un miliardo di vecchie lire. In parte il denaro andò alle missioni, in parte fu utilizzato anche per il restauro della basilica. (fonte: RomaToday del 12 maggio 2012).
La notizia della sepoltura di de Pedis venne fuori grazie alla nota telefonata alla trasmissione Chi l’ha visto: “Andate a vedere chi è sepolto nella Basilica di Sant’Apollinare se volete risolvere il caso di Emanuela Orlandi”, disse un anonimo interlocutore in diretta. Nel 2012, il procuratore Capaldo fece riesumare la salma di de Pedis su richiesta di due gendarmi Vaticani (come lui stesso più volte ha dichiarato). In quei giorni, don Vergari, raggiunto al telefono dai cronisti dell’Ansa mentre si era ritirato in Sabina disse, a proposito di de Pedis: “Dei morti non si deve dire altro che bene”.
Le parole alla commissione su de Pedis
Oggi alla commissione, per quanto riguarda De Pedis, secondo quanto riportato dall’Ansa, don Pietro Vergari ha detto: “Enrico era di carattere molto gentile e molto buono, era devoto alla chiesa di Sant’Apollinare, portava spesso fiori”. Un’immagine non proprio sovrapponibile a quella emersa dai faldoni di inchieste su “Renatino”, protagonista delle attività malavitose romane sin da giovanissimo e arrivato ad assumere un ruolo di potere nel “Mondo di mezzo”: quel segmento della società che incrocia criminalità e potere.
Foto d’archivio
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