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Xilopan chiude e licenzia 71 dipendenti: crisi dopo 2 mesi di cassa integrazione

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CIGOGNOLA. Chiude la Xilopan di Cigognola, da metà gennaio i 71 dipendenti rischiano il posto di lavoro. Il 2025 si apre con una doccia fredda per il mondo del lavoro oltrepadano: la storica azienda di località San Giuseppe, che produce pannelli di legno truciolari per l’industria del mobile, acquistata nel 2022 dalla holding Hc della famiglia Caspani, ha annunciato la dismissione dell’attività, lasciando a casa i 71 dipendenti, che sono in cassa integrazione già da metà novembre a causa di un fermo produzione per mancanza di lavoro.

L’azienda lo ha comunicato ieri mattina ai sindacalisti Mario Cavaliere (Filca Cisl Pavia) e Massimo Vidal (Fillea Cgil Pavia) che a dicembre avevano chiesto un incontro urgente con la proprietà per conoscere i motivi del prolungamento della cassa a gennaio. «Questa mattina (ieri per chi legge, ndr) è arrivata la doccia fredda – commenta Vidal -. L’azienda ci ha comunicato che dopo il 19 gennaio non chiederà più il rifinanziamento della cassa integrazione ordinaria, ma che avvieranno le pratiche per la dismissione dell’attività e il licenziamento collettivo dei lavoratori».

L’azienda si è data 75 giorni di tempo per gestire la procedura di licenziamento, mentre non sono stati dati tempi certi sulla chiusura definitiva dello stabilimento, visto che prossimamente almeno una parte dei lavoratori tornerà in fabbrica per avviare il percorso di dismissione di macchinari e attrezzature.

Nel 2022, dopo un periodo di crisi in cui si trovava lo stabilimento oltrepadano, la famiglia Caspani, già socia di minoranza della Xilopan, tramite la holding Hc aveva rilevato le quote dell'ex socio di maggioranza, la famiglia Montanari, scegliendo come presidente il commercialista vogherese Guido Marchese e come direttore generale Davide Renati (ex A2a). In questi due anni la nuova proprietà era riuscita a saldare debiti con banche, Inps e Agenzia delle entrate con largo anticipo rispetto a quanto fissato nel concordato e ad aumentare il fatturato dell’azienda; a dicembre 2023, inoltre, aveva addirittura acquistato l'area dismessa accanto alla fabbrica, dove sorgeva il complesso del Centro Commerciale Oltrepo (ex IperDì), e i terreni annessi, in vista di un futuro ampliamento. Se Cgil e Cisl, infatti, sottolineano «i tanti sforzi fatti dalla proprietà in questi due anni per risollevare le sorti dell’azienda», non possono nascondere la preoccupazione per il futuro e per l’impatto sul tessuto sociale del territorio di 71 lavoratori (la maggior parte ancora lontani dalla pensione), che, se non si troverà una soluzione alternativa, perderanno il posto e rimarranno senza un’occupazione.

«L’azienda ha spiegato che i costi di produzione erano troppo elevati rispetto ai ricavi – aggiunge Cavaliere –. Ora la situazione è veramente drammatica sia per i lavoratori e le loro famiglie sia per il territorio dell’Oltrepo, che si indebolisce ulteriormente dal punto di vista industriale. Ovviamente noi metteremo in campo tutto quello che è possibile per tutelare i dipendenti e seguiremo fin da subito ogni passaggio della procedura di licenziamento». Però Cgil e Cisl lasciano aperto ancora uno spiraglio: i sindacati sono in attesa di capire le eventuali aperture dell’azienda, ma sono al lavoro per cercare di esplorare ogni altra soluzione che possa scongiurare i licenziamenti. —

Oliviero Maggi




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