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Terzo mandato, Ciriani: impensabile un'”Italia Arlecchino” sulla ricandidabilità, serve serietà

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Serve serietà e unitarietà di intenti: lo ribadisce a più riprese dalle colonne del Corriere della sera Luca Ciriani, ministro per i Rapporti con il Parlamento. Un concetto che conferma e rilancia sia che si parli di guerra in Ucraina e sostegno a Kiev; sia che si affronti la questione “Autonomia differenziata”, o che si discuta del tema che infiamma il dibattito politico in questi giorni: la vexata quaestio “Terzo mandato”. E nell’intervista al quotidiano di Via Solferino il filo conduttore e il comune denominatore si riparte proprio dal punto nodale della non ricandidabilità dopo il secondo mandato per i presidenti delle Regioni, a partire dal caso di De Luca. Su cui il ministro, in riferimento all’impugnazione in Cdm della legge regionale campana sul terzo mandato, argomenta spiegandone i motivi «politici, ma anche i tecnici».

Terzo mandato, l’intervista del “Corriere” a Ciriani

Delucidazioni che Ciriani rilancia partendo dal caso Campania e asserendo con nettezza: «Mi pareva difficile non farlo. La legge 165 del 2004 prevede l’elezione diretta e la non ricandidabilità dopo il secondo mandato per i presidenti delle Regioni. Il vincolo, piaccia o meno, già c’è. Ed è nazionale. Non è pensabile altrimenti  un’Italia Arlecchino». Pertanto, precisa a stretto giro il ministro: «L’ordinamento e l’impianto istituzionale deve essere uguale in tutte le Regioni». Così, all’obiezione mossa dal governatore campano secondo cui il calcolo dei mandati scatta dal recepimento, il ministro per i Rapporti con il Parlamento nell’intervista al Corriere eccepisce:  «Secondo i pareri del ministero dell’Interno e delle Riforme portati in consiglio dei ministri dal sottosegretario Mantovano e dal ministro Casellati la legge è auto-applicativa. Non si deve aspettare che ogni Regione la recepisca quando vuole».

Ricandidabilità, il caso Veneto

E a proposito di obiezioni e “eccezioni”, nel proseguo della conversazione giornalistica l’intervistatore tira in ballo il caso Veneto, su cui Ciriani asserisce netto: «Zaia ha utilizzato, in passato, il margine di ambiguità della norma. Ma non è immaginabile che una Regione abbia due mandati, una tre, una quattro. Per questo ci siamo rivolti alla Consulta». E su Calderoli che, incalza il giornalista, «si è rimesso al Consiglio dei ministri generando malumori interni alla Lega. Come mai? Troppo tiepido?». La risposta è altrettanto stringente: «Il ministro Calderoli ha correttamente fatto la cronistoria della situazione campana e poi il Consiglio dei ministri si è espresso».

Il Parlamento si è espresso chiaramente

«Sgambetto a Salvini?» Chiede il Corsera. E l’argomentazione successiva è tranchant: «Non so se ciò sia vero, né voglio discutere in casa d’altri. Mi è dispiaciuto solo che un argomento così delicato sia stato trattato con questa frenesia. La Lega lo inserì in un emendamento al ddl in materia elettorale. E fu bocciato in Commissione e in Aula. Si poteva ragionare con calma. Hanno voluto accelerare e il Parlamento si è espresso chiaramente».

Terzo mandato, Ciriani: il limite dei due incarichi? «Lo abbiamo inserito nel premierato…»

Del resto, alla base di tutto e coerentemente con la linea seguita, Ciriani aggiunge: «I governatori hanno tantissimo potere. Ad esempio, possono anche sciogliere l’assemblea legislativa. Tanto potere deve essere bilanciato con un tempo limitato. Ne siamo così convinti che il limite dei due mandati lo abbiamo inserito nel premierato». Infine, difficile non menzionare nel discorso la guerra intestina tra De Luca e Elly Schlein, contraria ai «cacicchi», con un interrogativo la cui risposta smonta retro-pensieri e allusioni. Così, alla domanda se bloccare il governatore campano non sia un favore alla segretaria del Pd, Ciriani replica con fermezza: «Non abbiamo voluto fare né un favore a Schlein né al centrodestra. Cinicamente avremmo potuto lasciare la legge che c’è, spaccare il centrosinistra con la candidatura di De Luca. E aumentare le nostre chance di vittoria. Ma la prospettiva sarebbe stata il caos istituzionale. Serve serietà». Come volevasi dimostrare.

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