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Senza fissa dimora, da inizio anno già undici morti: le storie. “Problema strutturale, il reddito di cittadinanza era un aiuto”

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Undici morti in nove giorni. Tutti uomini. Tutti senza un luogo stabile dove vivere. A lanciare l’allarme è la federazione italiana organismi per le persone senza dimora che sta per pubblicare il rapporto 2024 sulla strage degli invisibili: 408 decessi l’anno scorso contro i 415 del 2023. Detto in altre parole: non è cambiato nulla. E l’inizio del 2025 non promette certo bene. I primi a lasciarci la pelle, il primo gennaio, sono stati due migranti, uno della Macedonia e l’altro arrivato dall’Ucraina. Il primo 72 anni è morto alla stazione di Porto Recanati per un malore mentre il secondo si è suicidato a Varazze. Di entrambi non si sanno nemmeno il nome e il cognome così anche del 49enne italiano che ha perso la vita a Oleggio, in Piemonte, per abuso di alcool e sostanze stupefacenti. Vite distrutte dalla solitudine, dal freddo, dalle dipendenze. E’ il caso di Salem Ibrahim Khaled che a 25 anni ha scelto di farla finita nel carcere di Firenze il 3 gennaio scorso. Il giorno dopo un marocchino 28enne, a Cisliano in Lombardia, è stato ammazzato in strada durante un’aggressione. Nello stesso giorno Miloud Mouloud, è stato male mentre si trovava nella sua baracca alla periferia di Parma e a soli 64 anni ha lasciato tutto.

Il 5 gennaio altra storia: un senza fissa dimora tunisino di 33 anni è morto a Roma per un incidente e l’indomani un 29enne originario del Marocco si è tolto la vita all’ospedale di Modena. Singolare la vicenda di Umberto Quinterio, il pastore-pellegrino spirato nell’abitazione di chi gli aveva aperto le porte di una propria casa in disuso per aiutarlo. Lo ha stroncato un malore. Era originario di Merate, il suo paese natio e dell’infanzia. Girava l’Italia a piedi, per placare l’inquietudine che da giovane lo ha spinto a diventare pastore, prima in Maremma, poi nel Cuneese, e successivamente, il, 18 aprile 2013, in seguito all’incontro con un sacerdote e alla lettura del libro “Racconti di un pellegrino russo”, un testo ascetico di metà Ottocento. Zaino in spalla con i pochi averi, un bastone per sostenersi, un sacco a pelo, un crocefisso al collo, Umberto girovagava senza nemmeno il cellulare in tasca. Infarto, la probabile causa del decesso. Stessa sorte per Edward Adu, ghanese che se n’è andato a 29 anni in una casa abbandonata a Ospedaletto. Infine, Sadak El Mati, anch’egli del Marocco, ritrovato senza vita in una macchina a Mantova qualche giorno fa.

“La maggior parte sono uomini – commenta la presidente della federazione, Cristina Avonto – perché le donne avendo figli trovano più facilmente qualcuno che le aiuti. I maschi sono più a rischio. Secondo il nostro osservatorio, la questione non riguarda solo i migranti ma alla pari anche gli italiani. Il tema è strutturale: il nostro welfare e il nostro sistema di inserimento lavorativo non funzionano per i più fragili. Ormai, basta perdere l’occupazione, a qualsiasi età, per trovarsi senza la possibilità di pagare un affitto, senza un soldo in tasca. Il tassello del reddito di cittadinanza, pur con i limiti che aveva, era una garanzia, un aiuto”. Altro problema i servizi: “La pressione su di loro aumenta sempre più ma fanno sempre più fatica ad accogliere. Non solo. Il volontariato non manca ma i professionisti del terzo settore sono a loro volta persone costrette a vivere spesso con 1.200 euro al mese”.

L'articolo Senza fissa dimora, da inizio anno già undici morti: le storie. “Problema strutturale, il reddito di cittadinanza era un aiuto” proviene da Il Fatto Quotidiano.




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