“Quanti altri giornalisti uccisi dobbiamo avere per smuovere le vostre coscienze? E se fossimo ucraini?”: il discorso del reporter di Gaza
“Ho voluto dire una parola contro la mancanza di sostegno internazionale ai giornalisti palestinesi”. È più di un appello quello che il reporter 21enne di Gaza, Abubaker Abed, ha scelto di fare durante una conferenza stampa per commemorare i suoi colleghi uccisi dall’esercito israeliano (l’ultimo si chiamava Sa’ed al-Nabhan, è stato colpito da un cecchino mentre documentava il soccorso di alcune persone dopo un attacco). È un richiamo a quelle che lui definisce “coscienze morte“, un messaggio ai giornalisti di tutto il mondo perché non si voltino dall’altra parte. “Ci avete visto morire in ogni modo possibile: smembrati, inceneriti, mutilati” dice prendendo la parola al microfono e parlando in inglese, mentre accanto a lui i colleghi alzano le foto dei cronisti e fotoreporter uccisi. “Non ci siamo mai fermati, abbiamo continuato a raccontare la verità. Quanti altri giornalisti uccisi dobbiamo avere per smuovere le vostre coscienze morte? Oggi siamo tutti qui perché voi facciate qualcosa per fermare Israele e i crimini contro di noi”. E continua: “Se fossimo ucraini o di qualsiasi altra nazionalità, con i capelli biondi e gli occhi azzurri, vi arrabbiereste per quello che ci succede. Ma dato che siamo palestinesi, abbiamo un solo diritto: quello di morire e di essere mutilati“.
Il discorso è stato pronunciato davanti alle telecamere giovedì 9 gennaio, alcuni giorni dopo la morte del fotografo Omar al-Deirawi a Deir al-Balah. Abed, molto seguito sui social, ha scelto di pubblicarlo integrale sul suo profilo Twitter chiedendo alle organizzazioni internazionali di mobilitarsi a sostegno dei giornalisti di Gaza e per mettere fine al massacro. Come raccontato dal Fattoquotidiano.it, la strage dei giornalisti palestinesi a Gaza, gli unici che ogni giorno documentano ciò che accade nella Striscia, non si è mai fermata. Secondo il sindacato palestinese sono oltre 200 i lavoratori dell’informazione uccisi dal 7 ottobre, inclusi cronisti, videomaker e fotografi. Come ribadisce Abed nel suo discorso, a Gaza i reporter lavorano senza sosta nonostante abbiano seppellito amici, parenti e colleghi e nulla li mette al riparo dagli attacchi israeliani. “Anche questi giubbini Press che indossiamo sono diventati un bersaglio. Ma il giornalismo non è un crimine. State dalla nostra parte”
video Twitter @AbubakerAbedW
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