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“Ero come Buffon, la cocaina mi distrusse. Spendevo 40 milioni al mese, avrei dovuto fare come Ambrosini”: parla l’ex portiere del Milan

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Partì come potenziale titolare del Milan, ma perse il posto a favore di Sebastiano Rossi. In quel momento la carriera di Angelo Pagotto si arenò per sempre. Nel 2007 l’episodio più grave: la squalifica per 8 anni, trovato positivo al consumo di cocaina. “Per me era un’evasione, soprattutto quando non avevo obiettivi – ha raccontato al Corriere della Sera – In quel momento ero al Crotone, giocavo poco, ero già finito. Ho conosciuto tante brutte persone a cui non ho saputo dire di no”. Pagotto ha aggiunto: “La droga mi distaccava dalla realtà. Credevo che risolvesse i problemi, ma non era così. Ne sono stato dipendente per tre anni e ho sofferto di depressione. Per sei mesi non mi sono alzato dal divano, prendo ancora gli psicofarmaci. Ho provato a smettere diverse volte, non ci sono mai riuscito”.

La cocaina ha messo la parola fine a una carriera che era cominciata con tutt’altri presupposti. Angelo Pagotto come Gigi Buffon: in molti lo ritenevano uno dei portieri più promettenti del calcio italiano. L’Europeo Under-21 vinto nella stagione 1995/96 gli diede l’opportunità, la stagione successiva, di arrivare addirittura al Milan. “C’è stato un periodo in cui io e Buffon eravamo i portieri più forti d’Italia. L’ho sentito da poco, gli ho fatto i complimenti per il nuovo ruolo in Nazionale. Quell’U21 era fortissima, c’erano lui come secondo portiere, Totti, Nesta, Panucci e Cannavaro, che ancora oggi mi chiama Big Jim per la pettinatura che avevo allora”, ha evidenziato Pagotto.

La sua intervista al Corriere della Sera affronta proprio quello snodo cruciale della sua carriera, l’arrivo al Milan nel 1996: “Ma in quel momento per me era troppo. Per crescere sarei dovuto restare alla Sampdoria, fu un errore del mio procuratore”, ha ammesso l’ex portiere. “Trovai uno spogliatoio difficile da capire, comandavano Baresi e i vecchi italiani, che in campo volevano che noi giovani facessimo quello che chiedevano loro e che fuori non ci consideravano proprio“. Per Pagotto fu sbagliato andare al Milan, ma anche lasciarlo subito: “Dovevo rimanere, come fece Ambrosini, poi diventato capitano”.

Invece Milano lo inghiottì in un vortice: “Ho guadagnato 350 milioni di lire, ancora oggi non so dove li ho spesi. Cene con gli amici, regali… con quei soldi a quest’ora avrei 6 case. Andavo in Via Montenapoleone e iniziavo a spendere. Versace, Armani… la banca mi aveva rilasciato anche la carta oro con cui non avevo limiti. Sperperavo 40 milioni al mese, oggi mi sputerei in faccia”, ha concluso. Angelo Pagotto vive oggi nelle colline fiorentine con la sua terza moglie. Allena i portieri del Prato, squadra di Serie D.

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