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Treni nel caos, l’esposto di Ferrovie è una mossa politica per aiutare il ministro in difficoltà

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di Giovanni M.

Ci risiamo.
Giorni e giorni in cui i pendolari vivono nell’incubo di non poter programmare nulla per paura di non arrivare in orario perché non si sa quale disavventura potrebbe succedere lungo la rete ferroviaria. Siamo già a conoscenza del fatto che l’allergia ai giornalisti è cosa nota per certi esponenti di governo, ma che addirittura davanti a un question time il ministro Salvini mandi qualcun altro al suo posto sembra quasi una barzelletta.

L’altro giorno l’avevo anche scritto e ho provato anche ad analizzare bene tutta la disastrosa situazione dei nostri binari che, in parte, rimango dell’idea che non sia completamente imputabile all’attuale ministro (seppur responsabile vista la carica che a me pare stia dimenticando di ricoprire). Mentre si avvertono terremoti agli alti vertici delle società coinvolte nel caos delle ferrovie, viene presentato un esposto alla Digos da parte di FS per opportune verifiche dei fatti che sono sopraggiunti negli ultimi giorni e che portano il Dicastero a evocare una sorta di sabotaggio alle sue spalle, all’estero, si continua a investire e grandi sono i titoli che si susseguono in pompa magna per le nuove imprese del gruppo ferroviario tricolore: da Iryo in Spagna a Hellenic Train in Grecia.

Tutto questo mentre i ritardi sulla rete nostrana portano all’esasperazione la vita degli utilizzatori. È inutile raccontarcela. A mio avviso, questa mossa delle FS è chiaramente politica e sta spostando l’attenzione fuori dall’orbita del problema reale di un ministro in difficoltà.

Posto che mandare Luca Ciriani sia stato l’ennesimo errore del capo di gabinetto, sappiamo tutti che il leader leghista è calato a picco nei consensi i quali si riversano in pancia a Fratelli d’Italia. Oltre a questo c’è il malcontento dell’elettorato storico del partito che, ancora oggi, non gli perdona le mancate promesse che sono venute meno da quando la Lega ha voluto sperimentare (in maniera fallimentare) il progetto di estendersi alla nazione snaturando le basi da cui è nata. Senza dimenticare il boccone amaro che ha dovuto ingerire che durante la formazione del nuovo Esecutivo nel 2022 che non l’ha visto salire nel Ministero da lui tanto agognato e che, dopo l’assoluzione dal processo “Open Arms”, non avendo più cavilli per passare come vittima di qualche complotto giudiziario, torna a desiderare facendolo sapere, non proprio in maniera velata, alla Premier e alla compagine di governo.

Il tutto servito sul piatto delle elezioni di una delle regioni cardine del partito di Salvini, il Veneto, dove già si respira aria di duello tra l’altra frangia della Lega o, se vogliamo, l’altra Lega, quella dell’asse Fedriga-Zaia.

Non dobbiamo dimenticarci però che, a livello nazionale, senza i voti leghisti non c’è maggioranza al governo, cosa da tenere molto in considerazione visto che gli scontri tra i due leader non sono del tutto finiti. Per la Premier Meloni i prossimi anni da Capo di Governo saranno duri e dovrà trovare delle risposte certe da dare ai cittadini tra leggi di bilancio che “scontentano” il popolo, patto di stabilità che riparte, gli italiani che già ora non arrivano neanche alle metà del mese con due stipendi per tutti i rincari esorbitanti, e una crescita “zero-virgola”.

Ottimo momento per creare quello scompenso alla maggioranza che porta tutti noi a rivivere l’agosto del 2019.
Seppur lontano dalle sue idee, non auguro alla Premier di cadere, ma di guardarsi le spalle bene, quello sì. Soprattutto quando c’è di mezzo il nome “Matteo” che, negli anni, abbiamo imparato a sapere in anticipo quando più o meno ci potrà essere o qualche governo tecnico o le prossime elezioni.

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