Australian Open – Sinner schiacciasassi e… “demoni”. Ma il mancato eroe di giornata è stato il trascurato Sonego. Semifinale tutta italiana sfiorata
Ricevo dall’Australia notizie su ciò che hanno scritto i giornali italiani e mi dispiaccio fortemente del fatto che a Lorenzo Sonego, al primo quarto di finale della carriera, sia stato concesso pochissimo spazio. Tutti scrivono e parlano solo di Sinner. Non è che non lo capisca. Ci mancherebbe. Un po’ di giornalismo in mezzo secolo di professione l’ho fatto e conosco i meccanismi. Però mi sarebbe piaciuto che a Cesare fosse stato dato quel che è di Cesare, cioè a Lorenzo quel che Lorenzo meritava, anche se gli è sfuggito un quinto set che avrebbe strameritato.
Capisco bene che anche la massaia di Voghera volesse sapere se il tremore alla mano e il guaio fisico accusato l’altro giorno da Jannik nel complicatissimo match con Rune fossero roba seria oppure no… perché non c’è dubbio che il maggior candidato alla vittoria finale in questo Australian Open sia e fosse Jannik Sinner e non Lorenzo Sonego, però le partite del ragazzo torinese e torinista sono state davvero belle, addirittura entusiasmanti per chi come me le ha viste punto per punto e lui è un ragazzo che merita applausi a scena aperta, per il suo modo di essere in campo e fuori.
Li merita anche oggi anche se lui ha perso e invece Sinner, manco a dirlo, ha strabattuto con punteggio discendente, 6-3,6-2,6-1 per la decima volta Alex de Minaur, pompatissimo da tutta la stampa Aussie che si è arrampicata sugli specchi per sostenere che lui avesse chances di vincere, quando era chiaro che se Jannik si fosse ripreso dal malessere dell’altro giorno, non ci sarebbe stata partita. Proprio come non c’è mai stata nei precedenti 9 duelli, nei quali il famigerato “Demon”, demone dei miei stivali, aveva strappato miracolosamente un solo set.
E’ un problema di livello tecnico. I due giocano in modo abbastanza simile, anche se non si può dire a specchio, però Sinner fa tutto meglio, molto meglio, a cominciare dal servizio, dal rovescio, dal dritto, dalla smorzata. In tutto insomma. In più la palla del “Demon” è ficcante ma leggerina, quella della Volpe Rossa è pesante e ti stacca il braccio.
Insomma il gap è enorme. E perfino le statistiche andrebbero seguite e interpretate con un occhio più attento: in 10 match de Minaur ha raccolto 72 game in tutto, vale a dire in media 7,2 game a match (di solito in due set, ma ci sono stati anche un paio di Slam tre set su cinque… cioè tre set a senso unico per Jannik).
E se andiamo a vedere i set giocati, questi sono stati 24: ebbene 72 game in 24 set… fa tre game di media a set. In questo che era il primo quarto di finale raggiunto da Demon in carriera, la media dei game a set è stata ancora peggiore, 2 a set. Come facevano i media australiani a credere che potesse avvenire un miracolo? Povero giornalismo che…vende i tappeti!
Il disappunto dei tifosi australiani è stato evidente, è volato anche qualche fischio ingeneroso nei confronti del Demon, ma soprattutto si avvertiva, più che palpabile, ovunque una delusione enorme. Colpa dei media australiani che avevano suonato la grancassa e spinto anche leggende del tennis, tipo Rod Laver per dire colui che è forse più leggenda di chiunque altro, a dichiarare che sì ”Demon può andare fino in fondo, è pronto per vincere il suo primo Slam!”. Ma dove, in quale film?
E’ grassa se resterà a lungo fra i top-ten. Ciò detto Sinner ha giocato – contro un avversario per lui ideale per i motivi già descritti – un match quasi perfetto, senza una macchia, senza una indecisione, con break conquistati regolarmente all’inizio di ogni set. E poi presto raddoppiati.
In 12 turni di servizio Jannik ha perso la miseria di 10 punti, meno di un 15 a game. 5 in quattro turni di servizio nel primo set, 4 in tre turni del secondo set, uno in 3 turni del terzo. Si può dominare più di così? Demon è stato investito da uno schiacciassi.
Contro Shelton, mancinaccio dal servizio al fulmicotone quando gli entra (ha fatto anche due ace contro Sonego sparando battute a 232 km e 230 km orari!), sarà ovviamente tutto un altro affare, anche perché Shelton giocherà a cuor e braccio liberi, a differenza che con Sonego dove giocava da favorito e quindi sentiva maggior pressione.
La partita di Sinner è durata un’ora e 47 minuti, quella di Sonego e Shelton è durata più del doppio, 3 ore e 50 minuti. E sarebbe stato giusto che si fosse decisa al quinto set, perché Sonego ha giocato davvero bene, gli è mancato un soffio perché si aggiudicasse tutti i tre set che ha perso.
Una partita superba, tradita probabilmente dall’inesperienza. Lorenzo era al suo primo quarto di Slam e contro un avversario più giovane che aveva però già giocato due anni fa una semifinale all’US Open.
Soltanto Bautista Agut aveva conquistato il suo primo quarto di finale in Australia a un’eta più avanzata dei 29 anni di Lorenzo. Per inciso vi ricordo che Fabio Fognini in tutta la sua pur brillante carriera – con un passaggio anche fra i top-ten dovuto in buona parte al suo trionfo nel Masters 1000 di Montecarlo – ha conquistato (senza giocarlo perché fu costretto al ritiro quando doveva affrontare Djokovic) un solo quarto di finale di Slam, a Parigi nel 2011.
Perché dico che Sonego poteva vincere tutti i set che ha perso? Il torinese, applauditissimo al pubblico australiano che all’inizio era schierato in misura uguale per lui e per Shelton, ma nel finale era tutto un gridare “Lorenzo, Lorenzo, Lorenzo”, ha avuto occasioni in tutti e tre i set.
Nel primo set sul 3 pari, sia pur grazie a 4 sciagurati errori gratuiti di dritto di Shelton, Lorenzo si era procurato 3 pallebreak, ma in quelle occasioni era stato Shelton a mettere a segno colpi imprendibili. Invece sul 4 pari è stato Sonego, scavalcato da un bel lob nel primo quindici, a sbagliare tre dritti ma soprattutto una volee alta facilissima per mancanza di lucidità.
Nel secondo set ci sono state situazioni alterne, ma Shelton aveva preso a dominare i propri turni di servizio -due soli punti persi in 6 turni consecutivi di battuta dal 4-3 del primo set al 5-4 del secondo… Quando, e davvero non ci si poteva aspettarselo, proprio al momento di chiudere il set. Shelton è andato sotto 0-40 e ha perso il servizio a 15.
A quel punto l’equilibrio sembrava essersi spostato a favore di Lorenzo che giocava anche di rovescio molto meglio del solito e lasciava partire anche dei gran dritti. Improvvisamente poi si era messo a far anche serve&volley con ottimi risultati, 5 punti in 5 tentativi. Lorenzo, gasatissimo, sale 40-30 sul 5 pari- E’ la prima di due palle per il 6-5. Ma lì sbaglia a porta vuota clamorosamente uno smash rigore da posizione favorevolissima. Vedo che impreca al sole, probabilmente ne è rimasto accecato. Che sfiga però! Aveva salvato 6 pallebreak su 8, ma poi alla settima crolla e dopo poco, vicino allo scoccare delle due ore, perde anche il secondo set.
Vincerà il terzo però giocando magnificamente bene nei game di servizio (anche se stranamente il primo ace lo ha messo a segno soltanto dopo due ore e 10!): in cinque turni Shelton non è mai arrivato neppure una volta a 30.
E l’americano denuncia i suoi limiti di concentrazione quando sul 4-5 sale 40-0 ma perde game e set con Sonego che nel conquistare il set della speranza lancia un urlo belluino verso il proprio angolo scattato in piedi, con il pubblico che, entusiasta, applaude e grida.
Nel quarto set c’è grande equilibrio. Il livello del gioco si è alzato tantissimo, gli scambi spettacolari, anche prolungati, si susseguono. I due si procurano una pallabreak ciascuno, Sonego sul 3-2, Shelton sul 5 pari ma si arriva al tiebreak che comincia bene per Lorenzo, minibreak sull’1 a 1. Ma sul 2-1 ecco due brutti errori del “nostro”: una volée e un dritto regalo. Braccino? Tensione? Inesperienza? Di tutto un po’.
Con uno smash difficile Lorenzo recupera nel punteggio, 3 pari, ma poi Shelton rischiando il tutto per tutto dimostra di avere più coraggio (o incoscienza?), prende una riga abbastanza fortunosa, poi dopo il 4 pari e una gran volée di Sonego sulla quale Shelton finisce per terra lungo disteso ma poi si rialza facendo addirittura due flessioni per far capire quanto è fresco (un po’ guascone, ma simpatico, siparietto divertente) gioca prima un gran passante vincente, poi serve una seconda imprendibile a 180 km orari… quindi al primo matchpoint, sul 6-4, chiude la pratica. Ma è stata una partita davvero godibilissima, in cui secondo me Sonego ha giocato quasi oltre i proprio limiti. Eccezione fatta per quegli errorucci che, se dovesse ritrovarsi in una situazione del genere, forse non farebbe più.
Mi sono dilungato forse in modo eccessivo sulla cronaca di queste situazioni, sebbene Sanò la cronaca l’avesse fatta in diretta su Ubitennis, perché davvero mi sono trovato a partecipare emotivamente tantissimo, soffrendo, a questa partita che avrebbe potuto avere come esito davvero memorabile una seminale tutta italiana all’Open d’Australia. Dove nel frattempo è arrivato il presidente Binaghi con moglie. L’ho educatamente salutato. Non ha risposto. Ognuno ha il carattere che ha.
Stasera, che per me sarà il mattino alle 8.15 mi chiamerà il TGCOM per un commento all’Open d’Australia. Scommetto che si parlerà sempre di Sinner e poco o nulla di Sonego. È a legge dello sport e di Brenno, capo dei Galli: “Vae Victis”, Guai ai vinti!.
Io che speravo di farmi una bella dormita dopo 10 giorni di 5 ore di sonno a notte, cercherò di mettermi un paio di stecchini negli occhi. Ora sto finendo questo editoriale alle due e mezzo del mattino. Avrei comunque dovuto svegliarmi piuttosto presto, sacramentando, per via della semifinale del doppio che Bolelli e Vavassori devono giocare alle 11,30 locali, quindi le una e 30 da voi se non erro, contro l’olandese Verbeek e lo svedese Goransson. Lo scorso anno Bolelli e Vavassori cominciarono la loro cavalcata verso le finali ATP raggiungendo abbastanza a sorpresa, senza essere testa di serie, la finale persa poi con Ebden e Bopanna. Quest’anno sono teste di serie n.3. In bocca al lupo!