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Pompei e Ercolano: la distruzione del 79 d.C.

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Due studi nuovi pubblicati sulla rivista Journal of the Geological Society di un gruppo di ricercatori dell’Università Federico II di Napoli hanno ricostruito minuto per minuto l’eruzione del Vesuvio del 24 agosto del 79 d.C. cambiando così l’approccio allo studio della catastrofe che distrusse Pompei e Ercolano e uccise 16.000 persone.

Finora si era sempre ipotizzato che l’eruzione fosse durata circa 19 ore invece ora sappiamo che durò quasi 32 ore. I nuovi studi hanno portato anche all’individuazione di un periodo di circa 5 ore che avrebbe potuto permettere ad alcuni abitanti di fuggire.

Mezzogiorno del 24 agosto: il Vesuvio erutta e si alza la colonna eruttiva, il vulcano sprigiona calore, gas e frammenti rocciosi. Gli abitanti di Pompei e Ercolano vedono e capiscono che qualcosa sta succedendo ma non possono immaginare la devastazione che sta arrivando.

Pomeriggio del 24 agosto: dalle 14 circa inizia la pioggia di pietra pomice (una roccia vulcanica porosa) i cui pezzi raggiungono anche le dimensioni di diversi metri quadrati, questa tempesta di fuoco e pietre inizia a distruggere i siti di Pompei e Ercolano, gli abitanti cercano riparo e moltissimi muoiono. Il secondo studio afferma che è in questo lasso di tempo, fra le 14 e le 19, che qualche abitante delle zone più marginali avrebbe potuto mettersi in salvo ma la paura e la pioggia di detriti hanno portato le persone a chiudersi nelle abitazioni alla ricerca di un rifugio inesistente.

Sera del 24 agosto: la prima delle “correnti piroclastiche” avvolge la città: gas caldissimi e venefici raggiungono la piana a velocità di 200 km/h. Il calore e le sostanze sprigionate vaporizzano le persone e trasformano i tessuti umani in vetro in un processo di vetrificazione. Ogni circa 80 minuti nella piana continuano a riversarsi nuove correnti, il numero di morti aumenta esponenzialmente.

Alba del 25 agosto: la colonna eruttiva che prima si stagliava contro il cielo è crollata al suolo e intorno alle 7 del mattino si verifica la corrente piroclastica più letale. La colata di detriti e materiale vulcanico inizia a riversarsi lungo il pendio, in nove ore andrà a seppellire un’area di 24 chilometri.

Pomeriggio del 25 agosto: il flusso piroclastico si affina e diventa più esplosivo entrando in contatto con l’acqua del sottosuolo; l’analisi di questa fase del flusso ha evidenziato l’assenza di resti umani: gli abitanti sono già tutti morti. Il secondo studio ha scoperto che è allora che si è verificato un terremoto eliminando ogni dubbio o possibilità che ci potesse essere ancora qualcuno di vivo.

Secondo gli studi che nel corso di decenni hanno visto i siti di Pompei e Ercolano protagonisti, i cadaveri degli abitanti sono stati conservati in un involucro protettivo di cenere, all’interno del quale si sono decomposti lentamente lasciando dei calchi vuoti che oggi ci permettono di vedere le posizioni in cui le persone morirono. A partire dagli studi del 1800 questi vuoti sono stati riempiti con una miscela di gesso per tentare di ricreare i corpi e un’istantanea di quei momenti terribili.

La testimonianza più importante che abbiamo su quest’evento è quella di Plinio il Giovane: il nipote di Plinio il Vecchio, celebre scrittore morto proprio a causa dei gas e le ceneri inalate nel tentativo di aiutare la popolazione di Stabia, altra città vicina a Pompei che ne ha condiviso la sorte. Nelle sue lettere Plinio il Giovane documenta dettagliatamente l’eruzione e l’immagine della colonna eruttiva. Ancora oggi il Vesuvio è considerato uno dei vulcani più pericolosi al mondo e potrebbe eruttare in qualsiasi momento.

L'articolo Pompei e Ercolano: la distruzione del 79 d.C. proviene da Globalist.it.




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