Sanremo 2025: che senso hanno 30 canzoni scritte dagli stessi autori?
Nonostante la mediocrità della maggior parte dei brani in gara, Amadeus, nelle ultime cinque edizioni di Sanremo, ha portato avanti una sua idea musicale ben precisa: molti brani radiofonici, brevi e con la cassa dritta, a discapito della classica ballad sanremese tutta interpretazione, pathos e archi, pensati soprattutto per l'ascolto in streaming e per i passaggi radiofonici in alta rotazione. Due generi importanti come rap e rock (se si esclude il colpo di fortuna dei Maneskin nel 2021, che infatti non si è più ripetuto) sono stati praticamente assenti dalla kermesse, mentre sono proliferati brani pop, dance e urban.
E pazienza se 2/3 delle canzoni sono finite nel dimenticatoio nel giro di pochi mesi: i risultati televisivi e dello streaming sono stati molto positivi e, in una società ossessionata dai numeri, questo basta e avanza. A giudicare dagli artisti in gara (22 su 30 hanno già partecipato alla kermesse) e dal tipo di canzoni, anche il prossimo Festival di Sanremo targato Carlo Conti si pone in perfetta continuità con il suo predecessore, con un pizzico di attenzione maggiore ai cantautori di qualità (Brunori Sas, Simone Cristicchi, Lucio Corsi, Joan Thiele). L’aspetto dove la continuità appare maggiore con la gestione “Ama”, prima ancora che nei Big scelti, sono gli autori, con 11 di essi che hanno scritto la bellezza di 20 brani su 30 presenti in gara: siamo vicini al 70% delle canzoni, un numero impressionante. La palma di autrice più prolifica va alla hitmaker multiplatino Federica Abbate, che firma ben sette canzoni (quelle di Clara, Rose Villain, Serena Brancale, Sarah Toscano, Fedez, Emis Killa e Joan Thiele), seguita da Davide Simonetta a quota cinque (Francesco Gabbani, Rocco Hunt, Achille Lauro, Elodie e Francesca Michielin). Quattro canzoni a testa per Jacopo Ettorre (Clara, Rkomi, Serena Brancale e Sarah Toscano), Davide Petrella (The Kolors, Elodie, Tony Effe e Gaia) e Nicola Lazzarin detto Cipro (Rose Villain, Serena Brancale, Fedez e Emis Killa), mentre a quota tre troviamo Blanco, vincitore di Sanremo 2022 con Brividi insieme a Mahmood, che firma tre canzoni (Noemi, Giorgia e Irama), Luca Faraone (Rkomi, Tony Effe e Shablo), Michele «Michelangelo» Zocca (Noemi, Giorgia e Irama) e il producer Stefano «Zef» Tognini (The Kolors, Rocco Hunt e Gaia).
In seguito alla pubblicazione di un articolo sul Sole24ore e di un servizio di Striscia La Notizia sul tema “sono sempre gli stessi autori a Sanremo”, il Codacons ha presentato un esposto all’Antitrust affinché verifichi che questa concentrazione non danneggi effettivamente la concorrenza tra gli autori, i consumatori e la qualità complessiva dell’offerta musicale del Festival. Secondo il Codacons “molti dei nomi che figurano quest'anno come autori delle canzoni in gara sono gli stessi che hanno scritto testi o melodie dei brani presentati a Sanremo lo scorso anno, un filo conduttore che incrementa i dubbi sull'esistenza di una possibile casta sul fronte discografico". Per questo l’associazione per i diritti dei consumatori ha presentato un esposto all’Antitrust "affinché valuti la sussistenza di possibili anomalie o alterazioni del mercato derivanti da eventuali cartelli o situazioni anti-concorrenziali nel settore della discografia italiana". Il fatto che, tra gli autori della canzoni in gara a Sanremo 2025, troviamo anche big del calibro di Tiziano Ferro, Madame, Mahmood, Nek, Calcutta e Blanco, vuol dire che la torta dei diritti discografici, anche in un periodo in cui lo streaming ha soppiantato i supporti fisici e i guadagni dai diritti d’autore sono crollati negli ultimi dieci anni, fa ancora gola a molti. Non c’è bisogno di essere un fine economista per capire che, se metto la mia firma su decine e decine di brani (spesso costruiti in serie, tipo catena di montaggio, e in un secondo momento proposti a Tizio o a Caio), anche se da ognuno di essi ricavo qualche centinaio o addirittura qualche migliaio di euro, a fine anno l’assegno staccato dalla SIAE risulterà abbastanza o molto consistente. I soli artisti in gara a Sanremo 2025 con un brano ad una sola firma sono Brunori Sas e Francesco Silvestre (Modà), che hanno scritto sia la musica che il testo, rispettivamente, di L'albero delle noci e Non ti dimentico: a loro va il nostro plauso per il coraggio di non essere ricorsi ad "aiuti" esterni.
Per quanto riguarda la concentrazione dei brani nelle mani di pochi autori, qualcuno (con ottimi rapporti con le major) sostiene che quelli sono effettivamente gli autori più bravi in Italia e che, quindi, è normale e logico che siano i più richiesti dai singoli artisti. Può darsi che sia effettivamente così: gli autori che abbiamo citato prima sono professionisti delle sette note, che hanno affinato in tanti anni i trucchi del mestiere e che conoscono a menadito le peculiarità del mercato discografico italiano. Quando un paio di anni fa abbiamo intervistato dal vivo, in un bar del centro di Roma, la hitmaker Federica Abbate, l’autrice ci ha spiegato perfettamente i motivi per cui da noi funzionano poco i brani e gli album degli artisti internazionali (anche big), mentre il nostro, negli ultimi 5-6 anni, è diventato un mercato quasi esclusivamente autarchico: «L'Italia ha sviluppato una scrittura, una cifra stilistica sui generis, che è difficilmente esportabile all'estero. Succede anche il contrario: quando autori stranieri vengono in Italia, spesso scrivono cose che non sono adatte al nostro gusto. Sono più piatti nella scrittura e hanno colori molto più cupi, mentre noi abbiamo bisogno di hook molto frequenti e di melodia. Non è un caso che in Usa alcune canzoni sono successi enormi, mentre in Italia non entrano nemmeno nella Top 50».
Abbiamo chiesto anche all’autore multiplatino Davide Petrella, sempre nel corso di un’intervista per Panorama.it, quali fossero gli ingredienti di un brano di successo e la risposta è stata molto interessante e articolata: «Io scrivo tantissimo, bisogna scrivere tutti i giorni: scrivere aiuta a scrivere bene. Se non lo fai tutti i giorni, anche se hai talento, si perde la magia. Qualunque cosa può diventare una canzone: questa telefonata, il caffè che mi sto bevendo, il freddo che fa ora a Milano. L'importante è avere la sensibilità giusta e se coltivi la tua sensibilità. Scrivere canzoni non è una cosa che scegli, ma è quasi una missione. Non c'è un segreto per scrivere una hit, ma solo l'onestà intellettuale di non vendere merda alla gente e trasmettere qualcosa a chi l'ascolta: divertimento, paura, riflessione, qualsiasi cosa. Non deve passare inosservata». Il problema, quindi, non è tanto se siano più o meno bravi questi autori, ciascuno lo potrà giudicare autonomamente con i suoi parametri e con la sua cultura musicale, ma il numero francamente esagerato di canzoni in gara: 30. Un numero che non è giustificato da un’offerta articolata di stili e di generi diversi: in gara non troviamo un solo brano rap al 100%, né tanto meno un pezzo rock ("Manca un po' il rock duro che piace a me, ma non sono arrivati brani di questo tipo", ha dichiarato con un certo imbarazzo Carlo Conti in conferenza stampa), ma un mix ripetitivo di pop, urban, cassa in quattro e melodie latineggianti. Considerando che Sanremo è il solito caravanserraglio (per non dire, più prosaicamente, baracconata), in cui le canzoni affogano in un mare di siparietti, ospitate, sketch comici, monologhi e pubblicità fino alle ore piccole, la domanda che ci viene spontanea è: che senso hanno 30 canzoni in gara, se sono scritte sempre dagli stessi autori? Non si potrebbe ridurre la gara a 20 canzoni, scelte davvero con un criterio qualitativo e con una maggiore rappresentatività dei vari generi musicali, risparmiandoci così brani-fotocopia, pezzi mediocri e, soprattutto, preziose ore di sonno ai telespettatori?