Bussola per la competitività: primo passo verso il futuro del Green Deal
Qual è il futuro del Green Deal europeo? L’appuntamento è per domani, quando la Commissione europea presenterà ufficialmente la sua Bussola per la competitività, per riaccendere industria, finanza e mercato unico. Il Green Deal, faro della politica di Bruxelles da anni e ancora fortemente nel Dna europeo, divide. I fronti sono sempre due: Francia e Germania sostenitori da una parte (con qualche scricchiolio ultimamente) e imprese e tre quarti dei Paesi, che da anni chiedono un andamento più lento delle politiche green.
Così, con un Europa spaccata, bisogno di competitività (anche in chiave di risposta ai dazi americani) e Green deal da “salvare”, la Commissione presenterà la prima parte dell’agenda per la competitività (competitiveness compass). Una road map che punta a rendere la regolamentazione europea più semplice e veloce, sulla scia dei suggerimenti del Rapporto Draghi sul futuro della competitività europea. Una deregolamentazione a misura di imprese, per fare riprendere slancio all’Europa. Il documento, che costituirà la prima parte dell’Agenda per la Competitività, si concentrerà sui tre campi indicati da Draghi: innovazione, decarbonizzazione e sicurezza.
Primo punto è colmare il divario di innovazione. Quindi misure per stimolare il venture capital e portare gli investimenti in ricerca e sviluppo al 3% del PIL europeo. Semplificazioni per le Pmi e un ordinamento comune per facilitare le startup. La Commissione intende ridurre del 35% gli oneri burocratici per le Pmi e del 25% per le grandi imprese. Per le startup vita facilitata con l’introduzione di un unico ordinamento europeo che armonizzerà le normative per il settore, eliminando la necessità di adattarsi a 27 regimi giuridici diversi. Per le small mid-cap, aziende a metà tra le Pmi e i grandi gruppi, una nuova definizione porterà a una semplificazione normativa. E poi presenti investimenti su tecnologie di punta: investimenti in AI, materiali avanzati, biotecnologie e spazio.
Secondo campo di intervento è la decarbonizzazione, con azioni per semplificare le normative ambientali e ridurre gli oneri burocratici per consentire alle imprese di adattarsi più facilmente alla transizione energetica. Quindi politiche industriali integrate, accesso a energia pulita (ridurre volatilità e prezzi energetici con investimenti in infrastrutture) ed economia circolare (favorire il riciclo e l'uso sostenibile delle risorse). E infine, terzo punto, la sicurezza e la riduzione delle dipendenze, con azioni per garantire approvvigionamenti stabili di materie prime critiche, attraverso una piattaforma comune di acquisti e nuove partnership commerciali. Nel settore energetico Bruxelles sosterrà industrie ad alta intensità energetica (come automotive, siderurgia e chimica) con piani personalizzati e incentivi per la modernizzazione delle reti e l’adozione di tecnologie pulite. E poi si lavora a revisioni delle norme sulla concorrenza, con un atteggiamento più morbido su fusioni e aiuti di Stato nei settori strategici.
“In tale contesto un ruolo importante lo giocano i cosiddetti Capitali Pazienti, ovvero gli investimenti a lungo termine degli investitori istituzionali e di quelli privati assistiti da un servizio di consulenza finanziaria. Il Private Banking è un’industria in crescita, che gestisce 1242 miliardi (quasi la metà della ricchezza investita dalle famiglie italiane) che, al momento, destina solo una percentuale ridotta di risorse all’economia reale italiana e alle Pmi”, commenta Antonella Massari, segretario generale di AIPB, Associazione Italiana Private Banking. Cosa serve? “Una detassazione progressiva che premia orizzonti di investimento di lungo periodo e la rimozione di qualche laccio regolamentare agli investimenti degli investitori Private assistiti da consulenza finanziaria attraverso alcune marginali integrazioni del TUF attualmente in fase di revisione da parte del Governo”, continua Massari.
Dopo l’appuntamento di domani il passo successivo sarà il 26 febbraio con la presentazione del Clean Industrial Deal e del pacchetto legislativo Omnibus, con ulteriori interventi di semplificazione normativa. Inizia domani dunque il futuro del Green Deal. Con il commercio estero che rappresenta il 45% del PIL europeo, l’Europa si trova a un bivio: riuscire a bilanciare la necessità di rilanciare la propria competitività senza tradire gli obiettivi del Green Deal, ancora nel Dna di Bruxelles. Una sfida politica ed economica.