Cassese e l’atto voluto contro Meloni: “I magistrati militanti stanno rovinando l’ordine giudiziario” (video)
Di fronte al clamore suscitato dall’avviso di garanzia recapitato alla premier Giorgia Meloni e ad alcuni ministri, Sabino Cassese, giurista di rango e già giudice della Corte costituzionale, interviene per chiarire i confini dell’obbligatorietà dell’azione penale e l’impatto della “giustizia a orologeria” sulle dinamiche politiche.
L’atto voluto, non dovuto
Cassese parte da un dato normativo. «L’articolo 112 della Costituzione dispone che il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale. L’articolo 335 del Codice di procedura penale prevede l’iscrizione della notizia di reato e l’avviso di garanzia all’indagato se va compiuta un’attività alla quale può partecipare anche la persona alla quale il reato è attribuito», spiega alla Nazione. E aggiunge che, come stabilito recentemente dall’Anac, «questa attività non può da sola determinare effetti pregiudizievoli di natura civile e amministrativa». Ma precisa che nella realtà, bisogna considerare alcuni aspetti determinanti.
Sabino Cassese, ex Giudice della Corte Costituzionale, smonta le accuse di peculato e favoreggiamento al governo nel caso Al-Masri. Successivamente, lancia un “siluro” ai magistrati militanti, esortandoli a esercitare la virtù del silenzio e a fare il loro mestiere.… pic.twitter.com/kvzHVSDWN1
— Davide Scifo (@strange_days_82) January 30, 2025
Il primo è che «un’astratta e generale obbligatorietà dell’azione penale non esiste, perché comunque il pubblico ministero è costretto a svolgere una seppur minima attività selettiva». Se così non fosse, ogni giorno si aprirebbero indagini in base ai titoli dei giornali. Il secondo problema riguarda «la pubblicità che viene data alle comunicazioni e le implicazioni che questo comporta, in termini di giudizio collettivo». Qui il professore tocca il nodo della cosiddetta “gogna mediatica“. Infine, c’è «la durata delle procedure, per cui le persone indagate vengono tenute sulla corda per lungo tempo, con tutte le implicazioni di carattere mediatico che ne conseguono».
La giustizia ad orologeria della “magistratura combattente”
Cassese non nasconde le perplessità sulla tempistica di certe inchieste che finiscono per intrecciarsi con le iniziative del governo. «L’ultimo aspetto di questa specifica procedura ci porta al conflitto agitato dalla magistratura combattente nei confronti, in generale, della politica e quindi riguarda la scelta dei tempi, la coincidenza dei tempi di questa comunicazione con le iniziative del governo».
Cassese sulla separazione delle carriere
Sul dibattito che ruota attorno alla riforma della giustizia, Cassese si esprime. «Mi pare difficile sottrarsi al giudizio che è implicito nella sua domanda, perché a chiunque legga il disegno di legge relativo alla separazione delle carriere è abbastanza evidente che le garanzie di indipendenza che vi sono oggi vi sarebbero anche domani, una volta che venisse approvata la modifica costituzionale».
A chi accusa la riforma di minare l’autonomia dei magistrati, risponde: «Il vero problema che muove e agita la magistratura combattente sorge non dalla proposta del governo, ma dall’attuale Costituzione, perché questa comporta già una separazione tra magistrati giudicanti e magistrati dell’accusa». Il punto dirimente, secondo Cassese, è l’articolo 107 della Costituzione, che distingue le garanzie dei magistrati giudicanti da quelle del pubblico ministero, affidando queste ultime alle norme sull’ordinamento giudiziario.
Non il passo più urgente, ma quello necessario
«Come ho più volte scritto, la separazione delle carriere non è il passo più urgente per far funzionare la giustizia in Italia, ma è comunque un passo necessario perché consente di stabilire quella terzietà che l’appartenenza dei magistrati giudicanti e i magistrati dell’accusa allo stesso corpo non assicura», sottolinea il professore.
Cassese: “Giustizia ritardata è giustizia negata”
Cassese non ha dubbi su quale sia il nodo gordiano dell’Italia in questa storia. «Giustizia ritardata è giustizia negata. Quindi, processi che si chiudono persino in decine d’anni implicano un cattivo funzionamento della macchina della giustizia. Questo è il punto capitale della giustizia in Italia».
Magistrati militanti contro il governo
«I magistrati militanti stanno precipitando l’ordine giudiziario su una strada pericolosa. Con manifestazioni plateali e minacce di sciopero, dirette contro un provvedimento che non diminuisce l’indipendenza dei magistrati dell’accusa e che comunque è solo nella sua fase iniziale», afferma severamente Cassese. E conclude: «La magistratura militante fa perdere al corpo complessivo della magistratura quel ruolo e quel prestigio che la magistratura italiana ha avuto».
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