Gli Haudenosaunee a Los Angeles 2028: i nativi americani voglio partecipare per la prima volta alle Olimpiadi nel lacrosse
Già vincitrice di tre medaglie ai Mondiali di lacrosse, ora la squadra dei nativi americani meglio nota come Haudenosaunee – nonché pionieri della disciplina – potrebbe puntare all’oro più prestigioso come nazionale indipendente ai Giochi Olimpici di Los Angeles 2028. Semplice ipotesi? No, una vera e propria opportunità su richiesta (al CIO) di Stati Uniti e Canada. Un ritorno in grande stile del lacrosse, dopo 120 anni dall’ultima volta, che coincide con una “prima volta” nella storia dei Giochi: la Carta Olimpica, infatti, specifica che solo i comitati nazionali di Stati riconosciuti a livello internazionale possono partecipare alle Olimpiadi. Però, insieme a Hong Kong, Porto Rico, Palestina e Team dei Rifugiati anche le tribù di Onondaga, Seneca, Cayuga, Oneida, Mohawk e Tuscarora (riunite sotto il nome di Haudenosaunee, appunto) potrebbero rappresentare un’eccezione. A differenza dei precedenti altri casi, la Confederazione Haudenosaunee non ha un vero e proprio comitato olimpico, ma verrà sostenuta da quello statunitense e canadese.
Haudenosaunee, una storia che parte da molto lontano
L’ingresso dei nativi americani a Los Angeles 2028 “avrebbe un impatto sui valori più alti dei Giochi Olimpici e invierebbe un messaggio potente sul rispetto e l’apprezzamento del patrimonio culturale indigeno”. Riconosciuta e poi ammessa come squadra nazionale nel 1990, sotto il nome di Nazione Irochese, negli ultimi anni i nativi americani hanno anche raggiunto il podio mondiale in più occasioni. Quella delle tribù indigene è una storia che parte da molto lontano: dal 4 luglio 1776, giorno in cui è stata proclamata la dichiarazione d’indipendenza da parte degli Usa, al 15 giugno 1925, data che coincide con la concessione della piena nazionalità ai nativi americani voluta dal presidente Calvin Coolidge. Solamente negli anni ’50, però, dopo varie restrizioni e persecuzioni armate, è stato concesso alle popolazioni indigene il pieno diritto di voto. Ora, un nuovo capitolo direzione Los Angeles 2028, con tappa i campi di lacrosse.
Lacrosse, regole e genesi di uno sport antichissimo
Antico ma ricco di tradizione. Nato come pratica culturale e spirituale dal popolo irochese (le sei comunità indigene del nord America), il lacrosse è sempre stato molto più di un semplice gioco per le tribù. In passato, infatti, veniva utilizzato per risolvere conflitti e preparare i guerrieri alle successive battaglie. Oggi, lo scopo della disciplina è molto semplice: centrare la porta avversaria con una palla utilizzando una racchetta di forma triangolare e con una rete posta all’estremità. Per le Olimpiadi è stato scelto il formato “lacrosse sixes”, per il quale verrà utilizzato un campo di 70×36 metri occupato da due squadre da sei giocatori ciascuna (inclusi i portieri). Quattro tempi da 8 minuti, per un totale di 32, e con i giocatori che hanno 30 secondi di tempo per tirare la palla nella porta avversaria prima che cambi il possesso. In sostanza, come nel calcio, vince chi riesce a segnare di più: in caso di parità, spazio ai supplementari da 8 minuti totali (4 per tempo). Nella storia delle Olimpiadi, il lacrosse ha fatto la sua comparsa solamente in due occasioni: a St. Louis nel 1904 e a Londra nel 1908. Mentre, a scopo dimostrativo, è riapparso ad Amsterdam nel 1928, proprio a Los Angeles nel 1932 e sempre a Londra nel 1948. Tra le tre nazionali partecipanti, ovvero Canada, Stati Uniti d’America e Gran Bretagna, la prima ha conquistato entrambi gli ori assegnati.
Alla ricerca della propria identità
“Siamo pronti a combattere per la nostra sovranità davanti al comitato olimpico. Abbiamo la nostra terra, le nostre leggi, capi e leader. Abbiamo la nostra bandiera. Non solo per gli haudenosaunee, ma per gli altri popoli indigeni. Vogliamo essere riconosciuti per quello che siamo e per quello che siamo sempre stati”, ha dichiarato Lyle Thompson, figura di spicco del lacrosse. Questione di inclusione e uguaglianza, per una disciplina che ha una portata culturale ben definita. Per gli irochesi, l’indipendenza è tutto: più volte, infatti, in occasione dei Campionati Mondiali la loro richiesta di partecipazione è stata prima cestinata e poi ritrattata, a causa di un Comitato Olimpico nazionale inesistente nel loro territorio. Bypassate le diverse esclusioni tramite deroghe e concessioni (come accaduto ai Campionati del mondo del 2010 a Manchester perché non in possesso di un passaporto internazionale o nel 2022 a Birmingham durante i quali erano stati parzialmente rimpiazzati dall’Irlanda), i Giochi Olimpici rappresentano per gli irochesi un trampolino di lancio e un palcoscenico per potersi affermare proprio come nazione indipendente. Con tanto di bandiera e inno. Nuovi ingressi e graditi ritorni a LA28: baseball, cricket, flag football e, appunto, il lacrosse. Con un podio che potrebbe essere occupato, per la prima volta nella storia, anche dalla nazionale dei nativi americani.
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