Piano di Trump per Gaza, no della comunità internazionale. Francia: “Parole pericolose”. Arabia Saudita: “I palestinesi resteranno lì”
La proposta, della quale al momento non si conoscono i particolari, sconvolgerebbe decenni di politica americana in Medio Oriente. Un’idea fuori dagli schemi al punto da lasciare interdetti il mondo arabo – anche la parte di quest’ultimo che con Washington coltiva buone relazioni -, e la comunità internazionale. La trovata di Donald Trump di inviare i soldati Usa a bonificare e gestire la Striscia di Gaza con il contestuale spostamento dei suoi abitanti verso altri paesi dell’area ha sollevato un coro di no.
Unanime quello dei paesi arabi e dell’area mediorientale. “La questione della deportazione è una situazione che né noi né la regione possono accettare – ha detto ministro degli Esteri turco, Hakan Fidan -. Persino pensarci è una perdita di tempo, è sbagliato addirittura aprire una discussione”. Contrario anche l’Egitto, che con Usa e Qatar ha mediato tra Israele e Hamas per il cessate il fuoco nella Striscia e rientrerebbe tra i paesi che verrebbero chiamati in causa nel caso il piano di Trump si trasformasse in realtà. Il ministro degli Esteri Badr Abdelatty ha sottolineato “l’importanza di portare avanti rapidamente i progetti di ricostruzione” nell’enclave “ad un ritmo accelerato, senza che i palestinesi lascino la Striscia, soprattutto a causa del loro attaccamento alla loro terra e del loro rifiuto di lasciarla”.
Di rilievo il no dell’Arabia Saudita. Riad ha ribadito che il suo impegno per la creazione di uno Stato palestinese sui confini precedenti al 1967, con Gerusalemme Est come capitale, è “fermo e incrollabile“. Il regno “ribadisce inoltre il suo inequivocabile rifiuto di qualsiasi violazione dei legittimi diritti del popolo palestinese, sia attraverso le politiche di insediamento israeliane, l’annessione di terre o i tentativi di allontanare il popolo palestinese dalla propria terra”, popolo che “rimarrà saldo sulla propria terra e non se ne muoverà“, si legge nella dichiarazione. Una presa di posizione particolarmente significativa, alla luce dei buoni rapporti tra Trump e Mohammed Bin Salman sugellati nel maggio 2017 dall’accordo da 110 miliardi di dollari sulle armi.
Un coro di no si è levato anche dall’Europa. La Striscia di Gaza “appartiene ai palestinesi“, ha affermato la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock. “La popolazione civile di Gaza non deve essere espulsa e Gaza non deve essere occupata o ripopolata in modo permanente”, ha affermato Baerbock in una dichiarazione. “È chiaro che Gaza, come la Cisgiordania e Gerusalemme est, appartiene ai palestinesi. Esse costituiscono la base per un futuro stato palestinese”.
I palestinesi devono poter “vivere e prosperare” a Gaza e in Cisgiordania, ha detto il ministro degli Esteri britannico David Lammy. “Gaza è la terra dei palestinesi gazawi e questi devono continuare a restare a Gaza“, ha commentato il capo della diplomazia spagnola José Manuel Albares: “Gaza è parte del futuro Stato palestinese, sul quale punta la Spagna, e che deve convivere e coesistere garantendo prosperità e sicurezza allo Stato di Israele, per il quale vogliamo anche una normalizzazione completa delle sue relazioni con i paesi arabi”. Madrid ha riconosciuto lo Stato di Palestina in funzione della soluzione del due Stati. Albares ha insistito sul fatto che “la Spagna e il popolo spagnolo appoggeranno” i due milioni di palestinesi che vivono sulla Striscia.
Nettissima la posizione della Francia: l’avvenire di Gaza passa per “un futuro stato palestinese” e non dal controllo “di un paese terzo“, si legge in una nota del Quai d’Orsay, secondo il quale Parigi “ribadisce la sua contrarietà a qualsiasi trasferimento forzato della popolazione palestinese di Gaza, che rappresenterebbe una violazione grave del diritto internazionale, un attacco alle aspirazioni legittime dei palestinesi, ma anche un forte ostacolo alla soluzione a due stati e un fattore di destabilizzazione per i nostri partner vicini che sono l’Egitto e la Giordania, oltre che l’insieme della regione”. Le dichiarazioni di Trump sono “pericolose per la stabilità e per il processo di pace”, il commento dalla portavoce del governo francese, Sophie Primas.
Unica eccezione in Europa, la voce di Geert Wilders. Il leader del partito di estrema destra PVV nei Paesi Bassi, strenuo sostenitore dello Stato ebraico, ha condiviso un post sulle osservazioni di Trump su X e ha replicato: “Verissimo @realDonaldTrump! Come ho sempre detto: Giordania = Palestina. Lasciamo che i palestinesi si trasferiscano in Giordania. Problema Gaza risolto!”. Ma Amman ha ripetutamente espresso la sua opposizione a qualsiasi spostamento di palestinesi dalla Striscia nel proprio territorio.
Persino il fedele Antonio Tajani ha accolto la proposta del presidente degli Stati Uniti con estrema cautela: “Mi pare che per quanto riguarda l’evacuazione della popolazione civile da Gaza la risposta di Giordania e di Egitto sia stata negativa, quindi mi pare che sia un po’ difficile” metterla in atto, ha detto il ministro degli Esteri e vicepremier alle commissioni Esteri di Camera e Senato. “Vedremo quando ci saranno delle proposte concrete, noi siamo per due popoli due Stati, ho detto che siamo addirittura pronti a inviare militari italiani per una missione di riunificazione di Gaza con la Cisgiordania. Il governo non ha cambiato idea”.
Prese di posizione nette sono arrivate anche dalle grandi potenze. La Cina “si oppone al trasferimento forzato che ha per obiettivo la popolazione di Gaza”, ha commentato il portavoce del ministero degli Esteri Lin Jian. Pechino spera che “tutte le parti prendano in considerazione il cessate il fuoco e la governance post-conflitto come un’opportunità per riportare la questione palestinese sulla strada giusta dell’accordo politico basato sulla soluzione dei due Stati“, ha aggiunto Lin.
Duro anche il presidente del Brasile, Luiz Inácio Lula da Silva, secondo cui il piano è “praticamente incomprensibile”. “Gli Stati Uniti sono stati coinvolti nell’incoraggiare tutto ciò che Israele ha fatto nella Striscia di Gaza. Quindi non ha senso incontrare il presidente di Israele e dire: ‘Occuperemo Gaza, rivendicheremo Gaza, vivremo a Gazà. E dove andranno i palestinesi, dove vivranno? Qual è il loro Paese?“, ha domandato Lula. “Quello che è successo a Gaza è stato un genocidio, e onestamente non so se gli Stati Uniti, che sono parte di tutto questo, sarebbero il Paese che dovrebbe cercare di prendersi cura di Gaza. Quelli che devono prendersi cura di Gaza sono i palestinesi”, ha concluso.
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