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Aldo Tortorella ci ha educati al rigore, per questo negli ultimi anni era rimasto in disparte

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Aldo Tortorella da vero partenopeo, anche se si era formato al Nord, aveva un innato senso dell’ironia e dell’autoironia che lo rendeva particolarmente simpatico, tranne quando si arrabbiava. L’ho conosciuto di persona trent’anni fa, perché prima lo avevo solo visto e ascoltato nei suoi comizi e lo avevo letto, o meglio studiato, sull’Unità, Rinascita e Critica Marxista, i nostri principali strumenti di apprendimento politico e culturale.

In quella fase particolare e drammatica che furono gli anni immediatamente successivi alle grandi avanzate del ’75 e del ’76, quando la controffensiva anticomunista divenne più dura, perché il “pericolo” di un suo avvento al potere si percepiva improvvisamente concreto, era indispensabile comprendere quanto stava accadendo, le sorti del Paese erano in gioco. Furono quegli gli anni in cui il gruppo dirigente intorno a Berlinguer e Tortorella in primis produsse lo sforzo maggiore per adeguare l’analisi e la conseguente linea politica in un contesto in rapido e drammatico mutamento.

Aldo aveva l’acume di analizzare con la sofisticata scrittura di chi possiede la “cultura alta”, i problemi politici più complessi con un percorso logico che te li faceva capire, anche se a volte dovevo leggere più volte attentamente i suoi testi, per la densità dei riferimenti. Così ci ha educati al rigore dell’analisi, a non dare niente per scontato, a non accontentarsi delle frasi fatte. Attraverso lui essere comunisti era un compito arduo e una messa alla prova costante della propria capacità di coerenza logica e politica.

Ovviamente non c’era solo Tortorella, bensì un collettivo di dirigenti e intellettuali formidabile: Terracini, Ingrao, Amendola, Iotti, Luporini, Di Giulio, Chiaromonte e Napolitano, per citare solo alcuni tra i più rappresentativi.

In questi anni quando molti “sacerdoti e sacerdotesse” della sinistra sono invecchiati, non riuscivo mai a spiegarmi perché a differenza di altri molto celebrati, Aldo restasse sempre o quasi in disparte. Alla fine me ne sono reso conto: oltre al motivo che lui era schivo e non cercava pubblicità a buon mercato, penso che quella sua forte razionalità non era sopportabile per ciò che il sistema dei media intendeva rappresentare; che quella storia era finita, che l’analisi critica della realtà sociale e politica non servisse più e che quindi Aldo era da una parte ai margini ma dall’altro senz’altro più pericoloso, di altri testimoni più inclini ad assecondare il corso del tempo.

Ed invece Aldo ha mantenuto in tutti questi anni perfettamente funzionante la sua performante capacità di leggere la realtà senza concessioni alla retorica e men che meno alla nostalgia del bel tempo andato. Lui vedeva con estrema chiarezza il progressivo sgretolamento della grande forza, non perché non conservava le tradizioni, ma proprio invece perché non sapeva più leggere il presente delle nuove e dirompenti contraddizioni del capitalismo e della capacitò della destra di saperle interpretare e rappresentare, mentre a sinistra non c’erano più armi di lettura di queste trasformazioni e delle conseguenze sulle condizioni di vita di intere popolazioni.

Tortorella ci ha regalato, dal 1999 quando sono riprese le pubblicazioni di Critica Marxista da lui fortemente voluta, una raccolta di editoriali, uno ogni numero che rappresentano un vero e proprio giacimento culturale e politico. Occorre se ne abbiamo la forza di saperlo valorizzare per la ricchezza che può rappresentare soprattutto per le giovani generazioni.

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