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Davide Ghiotto: “Record del mondo migliorabile. Spero che Stolz stia alla larga…”

Senza troppi peli sulla lingua. Davide Ghiotto si è raccontato nell’ultima puntata di Salotto Bianco, format in onda sul canale Youtube di OA Sport, condotto da Dario Puppo (giornalista/telecronista di Eurosport) e da Massimiliano Ambesi (giornalista/analista di Eurosport). Il campione nostrano dello speed skating è reduce dal podio n.17 nel massimo circuito internazionale, secondo nei 5000 metri a Milwaukee (USA).

Tuttavia, a destare la maggior attenzione degli appassionati è stato il suo straordinario record del mondo nei 10000 metri a Calgary (Canada). Sull’Olympic Oval, l’azzurro si è reso protagonista di una prova strabiliante. Il pattinatore vicentino ha abbattuto il muro dei 12’30” e siglato il fantascientifico crono sui 25 giri di pista di 12’25″70, andando a migliorare il 12’30″74 del campione olimpico svedese Nils van der Poel e nello stesso tempo facendo anche meglio del record ufficioso stabilito il 26 ottobre 2024 a Inzell (Germania). Un riscontro quest’ultimo non omologato come primato per l’assenza degli ufficiali di gara con qualifica ISU.

È andata bene, un’ottima prestazione. La cosa di cui sono soddisfatto è che a Calgary sono riuscito a fare il record del mondo, migliorando anche quel tempo siglato in Germania. Per mettere d’accordo tutti…“, ha dichiarato Ghiotto.

Il nostro sport è molto semplice e possiamo fare delle previsioni, poi la problematica degli ultimi giri è inevitabile, ma c’è il rispetto di una tabella di gara. In allenamento stavo andando molto bene, era una prova a cui tenevo molto e la pista veloce in Canada era ideale. Nei prossimi appuntamenti non sapevo dove ci sarebbe stato il 10000. Vista la condizione, meglio tentare perché ogni lasciata è persa. Buone sensazioni erano arrivate nei 10 km degli Europei di Heerenveen, dove ho corso male nel primo giorno, precludendomi le possibilità di podio. Mi sono voluto testare nei 10000 ed è andata bene. A Calgary, quando ho visto che i miei avversari non avevano fatto tempi impossibili, ho detto a sto punto io oso e ho cercato di essere il più regolare possibile“, ha raccontato l’azzurro.

Spiegando ancor meglio la sua prestazione, il pattinatore tricolore ha aggiunto: “Quando sono sceso in gara, sapevo che il record del mondo era 29.8 di media ogni tornata, solo che van der Poel è partito lento, poi è salito di ritmo e chiuso fortissimo. Io purtroppo non riesco ad avere gli ultimi giri così brucianti, come si vede nei 5000 metri ed è una cosa su cui devo lavorare. A me viene di costruire una gara molto piatta. Durante la prova c’è stato qualche 29″6, che su 24 giri fanno secondi e secondi. Quando il mio allenatore mi ha gridato la proiezione, l’adrenalina ha fatto il suo mestiere e lì andavo proprio di inerzia, anche per l’esaltazione che mi ha permesso di incrementare qualcosina scendendo sotto il 12’26” “.

Un record che secondo Ghiotto può essere migliorato sensibilmente: “Io e il mio allenatore (Maurizio Marchetto, ndr) riteniamo che il primato sia quello più facilmente battibile nell’ambito dello speed skating. Parlando di una distanza molto lunga, non bisogna modificare troppe variabili. Si può abbassare di uno/due secondi solo lavorando sulla partenza. Ci sono dei punti su cui si può lavorare anche a livello di aerodinamico, sull’evoluzione del pattino e delle tute. Il nostro sport si corre a cavallo di 47 e 48 km/h, il bello e il brutto dei 10000 che questi piccoli particolari possono fare una grande differenza. Sul 12’20” ci si può arrivare, non so se riuscirò a farlo. Mi piacerebbe, chiaramente, ma magari qualche altro atleta lo farà e non in tempi lontanissimi. C’è stata una specializzazione verso questa distanza. Se si guarda la classifica, tantissimi sono sotto i 12’40”. Il ragazzo ceco è un classe 2006 (Metoděj Jílek, ndr), bisogna prenderlo in considerazione perché ha margini di crescita enormi“.

Non solo lui nell’elenco degli avversari: “Il norvegese Sander Eitrem ha dimostrato di battermi più volte nei 5000 metri e ha una base di velocità migliore della mia. Mi ha impressionato agli Europei di Heerenveen per la capacità di andar fortissimo su più distanze. È un classe 2002 e può crescere tecnicamente. Un discorso simile lo merita anche Jordan Stolz, che ha una potenza fisica impressionante e ha 19 anni. Se volesse dedicarsi alle prove ‘distance’, potrebbe scendere anche lui su tempi molto interessanti. Chiaramente, spero che tutto questo non avvenga (ride, ndr), ma non resta che vedere“.

Allargando il discorso alle possibilità del Team Pursuit, oro agli ultimi Mondiali e in caccia di conferme nella prossima rassegna iridata di Hamar (Norvegia), Ghiotto ha analizzato il punto debole: “Non siamo veloci nei primi giri perché tutti e tre paghiamo in termini di potenza e velocità rispetto alle squadre migliori. Certo, ci si può lavorare, ma è chiaro che ognuno deve anche dedicarsi alle proprie specialità individuali. La preparazione della nostra gara sugli otto giri è quella di avere un ritmo costante e veloce. USA, Norvegia e Olanda, invece, possono contare su pattinatori che sono migliori nelle prime tornate. Inoltre, in Paesi come gli Stati Uniti, viste le possibilità limitate di andare in medaglia in alcune gare, si sono concentrati alla grande nella prova dell’inseguimento a squadre. Noi comunque stiamo spingendo per confermare il nostro oro mondiale e chiaramente per fare il meglio possibile nei Giochi di Milano Cortina“.

Un’ultima battuta sulle problematiche legata agli impianti in Italia: “Credo che l’assenza di una struttura al chiuso incida relativamente su di noi dal punto di vista squisitamente agonistico, in quanto andando spesso in Germania abbiamo quello che ci serve in quelle due/tre settimane. Certo, è uno svantaggio dal punto di vista psicologico perché non è facilissimo affrontare sempre una trasferta così lunga. Cosa che non accadrebbe se ci fosse un impianto indoor in Italia. Mi rendo conto però che sono i giovani i più colpiti, perché le possibilità di fare questo sport da noi sono complicate. È anche giusto dire che la gestione di una struttura al chiuso ha costi elevati, che non si possono ammortizzare col numero di iscritti della nostra disciplina in territorio nazionale. Di conseguenza, non è assolutamente facile“.

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