Sanremo 2025 – Classica serata finale: promossi Conti e la regia, bocciate le letture politiche
E’ finito con una classica serata finale, senza grandi sorprese, con una classifica che riprende la tradizione dei verdetti sanremesi: un vincitore che accontenta a metà, un secondo che molti volevano primo, qualche esclusione eccellente…
Ma io non mi occupo di questa faccende musicali, bensì del prodotto televisivo (e di tutto quello che gli sta intorno) e su questo facciamo il gioco finale dei promossi e dei bocciati.
Dunque, promosso ovviamente Carlo Conti e la sua produzione. Se anche avesse fatto un lavoro modesto, saremmo costretti a promuoverlo visti i risultati di audience stratosferici. Tanto più tenendo conto dell’imbarazzante punto di partenza non facile, con il precedente di Amadeus già a livelli altissimi che non doveva assolutamente far rimpiangere e che ha addirittura superato. Mentre scrivo queste righe, l’amico Davide Balconi puntualmente mi annuncia che lo share di ieri è stato del 73%.
Insomma, se avessimo dovuto mettere in dubbio la qualità del prodotto saremmo ricaduti nell’insanabilità del conflitto tra critica e gusti del pubblico. Ma non è il nostro caso, visto che la qualità non è mancata, pur tra gli alti (Gerry, Clerici, Geppi) e i bassi (Marcuzzi) dei suoi partner.
Ottima la regia con molti movimenti di macchina, qualche rielaborazione dell’immagine, passaggi al bianco/nero sempre motivati. Su alcune ospitate ho già sollevato le mie perplessità e le mie idiosincrasie per i bambini prodigio, ma se a una stessa edizione del festival partecipano il Papa e Benigni, le piccole cadute nel banale si dimenticano facilmente. Poi c’è il problema della restaurazione che francamente non ho visto.
Ma qui passiamo alla categoria dei bocciati. Bocciate le letture del festival come esempio di una restaurazione politica. Bocciate quelle che sono arrivate da sinistra, perché qualcuno mi deve spiegare come si fa a considerare frutto di una svolta conservatrice o reazionaria un festival in cui la fanno da mattatori Geppi Cucciari e Roberto Benigni, a meno che non sia entrato davvero in Fratelli d’Italia e si consulti quotidianamente con Ignazio come ha raccontato nel suo monologo.
Un festival che ha messo in scena una celebrazione di Mahmood simbolo di quella linea trasgressiva e progressista che ha caratterizzato le edizioni di Amadeus.
Bocciate le letture politiche e gli osanna al nuovo corso da parte dei giornali di destra, tra cui spiccano ovviamente i titoli di Libero dedicati al Pd che rosica e a “Benigni fratello d’Italia”, letterale. Vi ricordate Il Male con i suoi titoli finti su Tognazzi scoperto capo delle Brigate rosse? Ecco siamo da quelle parti, solo che quelli del Male ci giocavano con sottile intelligenza, questi si prendono sul serio…
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