L’Europa che indossa l’elmetto: dal Regno Unito alla Svezia, ecco i Paesi pronti a inviare soldati in Ucraina. Russia: “Ci saranno problemi”
L’Europa è cosciente che se riuscirà a ritagliarsi un ruolo veramente di peso nelle trattative di pace tra Russia e Ucraina, questo riguarderà le imprescindibili garanzie di sicurezza richieste da Kiev. Non è casuale, quindi, l’appello dell’Alto rappresentante per la Politica estera Ue, Kaja Kallas, che nel corso della Conferenza di Monaco sulla sicurezza ha chiesto ai Paesi Ue chi è disposto a inviare le proprie truppe in Ucraina con funzioni di peacekeeping: “I 27 Paesi Ue, o altri Paesi, che si dicono a favore delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina ora devono anche dire se sono pronti a inviare truppe e quante”, ha detto.
E a rispondere “presente” per primo è stato il premier britannico, Keir Starmer, pronto a continuare il supporto a Kiev nella guerra contro la Russia, il che “significa anche essere pronti e disposti a contribuire alle garanzie di sicurezza per l’Ucraina inviando le nostre truppe sul campo, se necessario”, ha scritto in un suo intervento sul Daily Telegraph. Anche la Svezia si accoda a chi è pronto a un impegno diretto portando gli stivali dei militari sul terreno, come dichiarato dalla ministra degli Esteri Maria Malmer Stenergard. Prima, ha comunque sottolineato, è necessario “negoziare una pace giusta e sostenibile che rispetti il diritto internazionale, che rispetti l’Ucraina e che garantisca, soprattutto, che la Russia non possa semplicemente ritirarsi, costituire una nuova forza e attaccare l’Ucraina o un altro Paese nel giro di pochi anni. Una volta che abbiamo raggiunto questa pace, dobbiamo mantenerla e il nostro governo non esclude nulla”.
Nel corso degli ultimi mesi, sono diversi i Paesi che hanno aperto a questa ipotesi. Dalla Francia di Emmanuel Macron, la prima a ipotizzare l’invio di truppe europee sul campo, fino alla Polonia e i Paesi Baltici, in prima linea anche a causa della loro posizione geografica e alla passata influenza sovietica. Ma Varsavia, proprio lunedì, ha deciso di compiere un passo indietro, con il primo ministro Donald Tusk che ha garantito il sostegno all’Ucraina “a livello organizzativo, in base alle nostre capacità finanziarie, umanitarie e militari”, ma ha poi aggiunto che “non abbiamo in programma di inviare soldati polacchi nel territorio ucraino”.
L’invio di soldati da parte dei Paesi Ue è una questione meno semplice di quello che può apparire stando alle dichiarazioni di alcuni leader. Tenendo conto che sono ancora tutte da stabilire le garanzie di sicurezza che verranno offerte al Paese di Volodymyr Zelensky, la presenza di truppe di peacekeeping sarà più complicata se fra queste ci saranno soldati di Paesi che hanno sostenuto attivamente la causa ucraina o che fanno parte della Nato. Lo ha fatto capire anche il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov: “Finora nessuno ha avuto conversazioni concrete. Gli europei ora parlano molto di contingenti di mantenimento della pace. Questo è vero, ma voi ed io conosciamo le regole per lo schieramento dei contingenti di mantenimento della pace, finora nessuno ha avuto conversazioni concrete su questo argomento”. E ha poi aggiunto che questo “presenterebbe complicazioni significative“. Non è casuale che gli Stati Uniti stiano pensando di includere nelle forze di contrapposizione Paesi non europei come Brasile o Cina che si collocherebbero lungo un’eventuale linea di cessate il fuoco creando una zona cuscinetto, scrive The Economist aggiungendo che il vicepresidente Usa JD Vance ha detto che una forza composta solo da europei sarebbe meno efficace nel dissuadere la Russia dall’attaccare.
Anche diversi esperti militari e di intelligence nel Regno Unito hanno avanzato dubbi dopo l’annuncio del premier Starmer. “Francamente, al momento non abbiamo i numeri e non abbiamo l’attrezzatura per inviare una grande forza sul terreno per un lungo periodo di tempo”, ha dichiarato in un’intervista alla Bbc il generale Richard Dannatt, ex capo di stato maggiore della difesa e membro della Camera dei Lord. Dubbi anche dal mondo dell’intelligence, a patire dall’ex capo dell’MI6 Sir John Sawers, secondo cui qualsiasi forza di mantenimento della pace inviata in Ucraina dopo la guerra dovrebbe avere “un mandato molto chiaro”, mentre Lord Peter Ricketts, ex consigliere per la sicurezza nazionale durante il governo conservatore di David Cameron, ha detto di temere fortemente uno scontro diretto fra le truppe del Regno e quelle russe. Lo stesso Starmer nel suo annuncio ha ammesso i pericoli di un invio di militari e di non parlare a cuor leggero. “Come dirò a Parigi, la pace passa attraverso la forza. Ma è vero anche il contrario. La debolezza porta alla guerra”.
Critici anche alcuni Paesi europei. Uno su tutti la Germania che ritiene “premature” le discussioni sull’invio di proprie truppe in Ucraina. La viceportavoce del governo tedesco Christiane Hoffmann, durante la conferenza stampa del lunedì, ha ripetuto che esiste un consenso tra i partiti democratici di continuare a sostenere l’Ucraina, ma sull’invio di truppe “esiste anche un consenso generale che non siano destinate a teatri di guerra”. Posizione confermata direttamente anche dal cancelliere Olaf Scholz dopo aver partecipato al summit di Parigi.
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