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Johnson Righeira è il ribelle di Sanremo: «Con un po’ di rabbia ho cantato ancora meglio»

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AGLIÈ. Dal Canavese a Sanremo con L’estate sta finendo, cantata con i Coma cose nella serata delle cover del Festival nel quarantennale dell’uscita della canzone. Johnson Righeira, al secolo Stefano Righi, 64 anni, ci racconta l’esperienza sul palco dell’Ariston, senza tralasciare la polemica sul veto alla maglia della linea Kottolengo creata con Spritz di Ivrea.

La sua precedente esperienza a Sanremo risale al 1986: com’è stato tornarci portando una canzone che è ormai un classico della musica italiana?

«Nel 1986 al Festival c’erano i Righeira ed eravamo in gara. Quella era stata l’unica volta da concorrente, questa volta è stato diverso, ma le emozioni sono sempre intensissime. Per certi versi, comunque, le cose non sono cambiate: è sempre un delirio, come mi ricordavo. Inoltre, negli anni i media sono cambiati e giovedì scorso ho fatto 24 interviste, un record assoluto per me».

L’esibizione con i Coma cose di venerdì sera ha ricevuto commenti positivi da esperti, appassionati di musica e nostalgici degli anni ’80, ma come è nata la collaborazione con il duo milanese?

«Un componente del mio staff aveva paventato ad alcune case discografiche la nostra idea per il quarantennale e partecipare alla serata delle cover sarebbe stato un adeguato festeggiamento, il primo dell'anno e di grande prestigio. La voce è arrivata ai Coma cose, che si sono subito fatti avanti con entusiasmo, cosa che mi ha riempito di felicità. Trovo, infatti, che tra noi, anche musicalmente, ci siano moltissime affinità. Ho ascoltato la versione disco di Cuoricini e devo dire che ha una bella dose di elettronica e ci sono molti punti di contatto tra lo stile e la forma di pop dei Righeira. Anche noi abbiamo sempre fatto canzoni, alcune molto fortunate, con varie chiavi di lettura: oltre al ritmo per esempio, in Vamos a la playa si parla di una spiaggia post atomica. In L’estate sta finendo, invece, si parla di quella paura, tutt’altro che frivola, dell’incedere del tempo, della paura di crescere. La prima versione risale al 1980 e per me la fine dell'estate significava l'inizio di un nuovo anno scolastico perché ero ancora al liceo. A distanza di 40 anni la canzone mi coinvolge ancora emotivamente e credo che lo stesso valga per chi l'ha conosciuta allora e credo valga anche per chi la scopre oggi. C’è questa similitudine tra di noi ed è possibile che questa collaborazione prosegua».

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Siete riusciti a rendere al meglio anche la parte melodica, creando armonia tra voci e stile.

«È merito dell’intervento del maestro Enrico Melozzi e del produttore dei Coma cose, che hanno realizzato un clamoroso escamotage per dissimulare la discrepanza di tonalità tra me e California (Francesca Mesiano, cantante del duo, ndr). Io la canto molto alta, ma lei ancora di più e c’era il problema di armonizzare la loro parte intimista con la mia festosa. Melozzi ha pensato al giro d'orchestra che ha diviso le due parti, in modo che non si avvertisse troppo la differenza di tonalità. Nessuno, grazie alla sua bravura, se n’è accorto. Anche con Melozzi si è creato un bel rapporto, fatto di empatia, e abbiamo in mente di realizzare qualcosa insieme. Il pubblico ha apprezzato il risultato, perché mezzo teatro era in piedi a ballare. Ho superato anche l’ostacolo di cantare con le auricolari interne, era la prima volta per me. Le prove, però, mi hanno tranquillizzato sull’esperimento, anche se c’era ancora un po’ di ansia da prestazione. Il palco di Sanremo si sente, non è paragonabile ad altri per le emozioni che trasmette».

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Poco prima di uscire sul palco, però, si è verificato un disguido spiacevole: ha dovuto girare la sua maglietta perché non era ammissibile secondo il criterio di riconoscibilità previsto dal Festival. Come ha reagito?

«Quando sono uscito sul palco ero un po’ rabbioso. È accaduto tutto nei 10 minuti precedenti: i tecnici hanno controllato su internet trovando la piccola produzione, una sorta di merchandising personale, avviata con Spritz, di Ivrea. L'hanno cercata e trovata subito, ma le frasi sono mie. Mi hanno detto che era riconoscibile, anche se non presenta brand o loghi. Il nome della linea, infatti, si trova nel retro, nella zona del collo, quindi penso che la riconoscibilità sia un concetto soggettivo, non oggettivo. Ho uno stile certamente più sobrio rispetto agli anni ’80, ma cerco sempre di aggiungere un tocco particolare. Avevo privilegiato gli accessori, capaci di raccontare un messaggio. La maglietta, che ho dovuto indossare al contrario, aveva la scritta Se ti conosci ti eviti, che parla del rapporto che ognuno può avere con la propria persona, perché a volte resistere e convivere con se stessi non è facile. Se in un’immagine di un personaggio cerchi un particolare con la lente di Google e lo trovi, allora hai a che fare con la riconoscibilità. È ovvio, però, che un artista cerchi di distinguersi: ritengo che questo sia un concetto assurdo e mi ritengo danneggiato. Prevale la performance artistica, ma mi è stato impedito di vestirmi come volevo per la mia esibizione. Tutti gli outfit dei partecipanti sono capi in vendita e portarli significa pubblicizzarli. Sarebbe un tema da approfondire, perché ritengo si tratti di decisioni prese in modo arbitrario. Ho apprezzato molto il post sui social di Spritz, che ha ironicamente detto che si trattava di un’edizione limitata del 2025, stampata al contrario. Questi ragazzi sono molto avanti e non avrei mai immaginato di trovare collaboratori così dinamici e creativi. In caso di una futura partecipazione a Sanremo, comunque, mi rimetterò ancora più in forma e andrò in palestra, così potrò andrà in scena completamente nudo. In quel caso non si tratterà di pubblicità occulta, perché il mio corpo non è in vendita».

Molti fan, anche dal Canavese, l’hanno raggiunta a Sanremo: nonostante la polemica il bilancio è positivo?

«Il Fan club dal Canavese è arrivato a Sanremo, ma anche molti altri da altre regioni. Alcuni amici dall’Isola d’Elba hanno anche affittato un cinema per assistere tutti insieme alla serata. Devo dire, inoltre, che sono molto soddisfatto della mia performance e, forse, quel tocco di nervoso ha sconfitto in parte l’emozione facendomi cantare ancora meglio. L'attacco mi ha fatto capire subito che ero partito bene e ho spinto tantissimo. Mi hanno fatto i complimenti tanti professionisti e anche dai social ho visto che l’esibizione è piaciuta. Non sono mai soddisfatto, ma stavolta ho fatto quello che dovevo fare nel modo migliore, sono felice di non essere stato vittima di un’eccessiva emozione che avrebbe potuto compromettere l'esibizione. E in un colpo solo ho raggiunto 14 milioni di persone con una canzone che all’epoca era stata presa sottogamba e I Righeira con lei. Questi 40 anni di storia, però, dimostrano che le nostre canzoni avevano una ragion d’essere: sono ancora qua e il tempo non mente».

I fan canavesani avranno la possibilità di incontrarla presto da queste parti?

«Spero di riuscire a fare un salto al Carnevale di Ivrea. Sanremo ha scombussolato i piani e devo ancora programmare i prossimi appuntamenti».




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