“Per le donne stipendi più bassi del 20% rispetto agli uomini e pensioni inferiori fino al 44%”. L’allarme Inps sui divari di genere
Il divario di genere tra gli stipendi di uomini e donne resta una voragine. Così come quello sul fronte del tasso di occupazione. “Sono ancora rilevanti le condizioni di svantaggio delle donne nel nostro Paese, nell’ambito lavorativo, familiare e sociale”, scrive il Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’Inps nel Rendiconto di Genere, presentato a Roma. Il tasso di occupazione femminile, nel 2023, per le donne è stato più basso di quasi 18 punti percentuali: 52,5% rispetto al 70,4% degli uomini. Inoltre, le assunzioni femminili hanno rappresentato solo il 42,3% del totale. E le donne percepiscono stipendi inferiori di oltre 20 punti percentuali rispetto agli uomini. La differenza è pari al 20% nelle attività manifatturiere, 23,7% nel commercio, 16,3% nei servizi di alloggio e ristorazione, 32,1% nelle attività finanziarie, assicurative e servizi alle imprese.
Anche l’instabilità occupazionale coinvolge soprattutto le donne: solo il 18% delle loro assunzioni sono a tempo indeterminato a fronte del 22,6% degli uomini. Le lavoratrici con un contratto a tempo parziale sono il 64,4% del totale e anche il part time involontario è prevalentemente femminile, rappresentando il 15,6% degli occupati, rispetto al 5,1% dei maschi.
Il tutto si ripercuote ovviamente sulle pensioni. Le donne, pur numericamente superiori come numero di beneficiari (7,9 milioni le pensionate rispetto ai 7,3 milioni di pensionati) prendono rispettivamente il 25,5% in meno se si parla di pensioni di anzianità/anticipate e il 32% in meno per quanto riguarda quelle di invalidità. Nel caso delle pensioni di vecchiaia il divario raggiunge il 44,1%. Il numero limitato delle donne che beneficiano della pensione di anzianità/anticipata (solo il 27% fra i lavoratori dipendenti privati e il 25,5% fra i lavoratori autonomi) evidenzia poi le difficoltà delle donne a raggiungere gli alti requisiti contributivi previsti, a causa della discontinuità che caratterizza il loro percorso lavorativo.
Per quanto riguarda il livello di istruzione, nel 2023 le donne hanno superato gli uomini sia tra i diplomati (52,6%) sia tra i laureati (59,9% a fronte del 41,1% di maschi con la percentuale che si capovolge nelle lauree Stem), ma questa superiorità nel percorso di studi “non si traduce in una maggiore presenza nelle posizioni di vertice nel mondo del lavoro”. Il 29,4% delle occupate è “sovraistruita” rispetto al lavoro che fa a fronte del 25,4% degli uomini e questa percentuale supera il 40% tra i 25 e i 34 anni. In pratica due donne su cinque non hanno trovato un’occupazione in linea con il loro percorso formativo.
La segretaria confederale della Cgil Lara Ghiglione parla di “una grave discriminazione di genere, irrobustita, se non aggravata, da alcuni dei provvedimenti assunti dall’attuale governo. Nonostante siano più preparate e più istruite dei colleghi uomini, lavorano meno, guadagnano meno, fanno meno carriera”. Ne risulta una “evidente perdita di competenze e abilità per il Paese, sulla quale si dovrebbe intervenire in modo strutturale per rilanciare l’economia e lo sviluppo”. Ignazio Ganga, segretario confederale Cisl, ha sottolineato che “c’è un pesantissimo sommerso femminile e l’obiettivo potrebbe essere quello di dare un contributo per farlo emergere, magari introducendo un credito d’imposta ai cittadini e alle famiglie”. Per Ivana Veronese, segretaria confederale Uil, “c’è un problema culturale, un problema di un Paese che non riconosce alle donne le stesse opportunità degli uomini, non lo faceva 40 anni fa e non lo fa ora”. Letizia Giello, presidente osservatorio pari opportunità Confsal, ha ricordato che “dobbiamo portare avanti politiche che potenzino i congedi parentali. Le donne sono disperate e non sanno cosa fare perché la maggior parte delle famiglie sono monogenitoriale e sono in mano alle donne”.
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