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Февраль
2025

Lettera aperta a chi manifesta l’8 marzo, anch’io dico: attenzione all’inclusione che perpetua lo sfruttamento

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Inutile negare che in Italia non sia facile, su molti argomenti e da tempo, il dialogo tra femministe, in particolare su prostituzione, Gpa, libertà di scelta, inclusione, questione trans. Per questo un piccolo gruppo di donne – tra cui io – alcune in relazione nella rete Dichiariamo ha pensato di scrivere una lettera a chi manifesta l’8 marzo.

L’8 marzo è una data che accomuna da più di un secolo chi vuole la libertà delle donne, e che quindi ci coinvolge. Da alcuni anni, tuttavia, proviamo sconcerto per l’uso di parole neutre a base di asterischi: come può essere celebrata la giornata delle donne se si rifiuta la parola “donna”? E l’estetica truce dei cortei, con i fumogeni e a volto coperto, non fa pensare al femminismo, che è conflittuale ma nonviolento. La rivoluzione delle donne è e rimane nonviolenta, fa leva sulla presa di coscienza soggettiva e sul partire da sé.

Sulla parola donna: in ogni parte dei paesi del mondo, è il nascere donna che espone a un pesante fardello di obblighi, limitazioni e violenze. Il femminismo ci ha insegnato l’amore femminile per la madre, che la genealogia maschile ci spinge a negare. Il nuovo linguaggio neutro che cancella la nostra esistenza con simboli astrusi (asterischi, schwa, chiocciole) non tiene conto della forza delle relazioni tra donne di ogni età, fatte di riconoscimento reciproco e anche di gratitudine.

Su sesso e genere: il movimento delle donne e delle lesbiche si è ribellato fin dalle origini alle norme tradizionali di genere che ci vogliono graziose e disponibili, combattendo i ruoli patriarcali cristallizzati (i generi). Siamo favorevoli a tutte le più varie espressioni di genere e sappiamo che spesso quelle trasgressive aiutano a decostruire la fissità dei generi, tuttavia il sesso è la biologia del nostro corpo. Negli umani ci sono solo due sessi, il maschio e la femmina – gli intersessuali sono eccezioni, non rappresentano tanti altri sessi, ma semplicemente un diverso sviluppo e una diversa combinazione dei caratteri femminili e maschili. Anche i generi sono due, perché corrispondono alle norme culturali che gli uomini hanno imposto alle donne e a se stessi per mantenere il loro potere.

Sul transgenere: trans-misoginia, trans-cidi, trans-femminismo sono concetti che sovrascrivono misoginia, femminicidi, femminismo. Le sinistre da sempre difendono i vulnerabili e sembrano oggi dare centralità ai corpi trans, denunciano ad esempio le leggi che non li includono negli sport femminili. Ma chi si cura del diritto delle atlete a competizioni giuste? Vincere un torneo è il traguardo di chi fa sport e comporta premi e borse di studio. Perché le donne dovrebbero privarsene a favore di persone trans? Essere solidali non è essere sacrificali. In Italia una legge sul cambio di sesso è già disponibile per le persone che ne hanno bisogno.

Inclusione: è una bella parola. Sembra aprire nuovi orizzonti di uguaglianza e amicizia, ma purtroppo le sue conseguenze non sono sempre così positive. Le soggettività hanno bisogno di spazi autonomi. Nel 2023, in nome dell’inclusione, associazioni femminili come Udi e ArciLesbica sono state messe di fronte a una scelta obbligata: o permettere l’iscrizione anche agli uomini, o non essere iscritte come associazioni di promozione sociale del Runts (registro unico nazionale del terzo settore) e declassate in una sezione diversa. Ecco cosa fa l’inclusione: per difendere il diritto di “tutti” (leggi: degli uomini) a partecipare a tutto, si discriminano le donne, il nostro diritto di associazione, di riunione, di espressione.

Prostituzione, non “lavoro sessuale”. Nel tardo capitalismo c’è un intreccio perfetto tra mercato e patriarcato. Il primo mantiene le donne povere e precarie rendendole prostituibili, il secondo tramanda attraverso la prostituzione le norme di genere che fondano la virilità sull’uso sessuale delle donne. L’industria globale del sesso è un business dagli immani profitti che riduce le donne a oggetti di consumo per gli uomini. Per questo la prostituzione non può essere chiamata “lavoro”. Farlo nasconde la violenza, l’altissima mortalità, la discriminazione e il razzismo estremi che comporta.

Gpa (gravidanza per altri): nei contratti di Gpa nulla è gratuito. Trasformare la gravidanza in lavoro significa ridurre la nascita a merce, regolata da contratti imposti dai committenti. Le madri dette “portatrici” devono dissociarsi dalla gravidanza, cioè da se stesse. Seguite da psicologi, imparano a reprimere ogni legame con il nascituro. Le difficoltà nel diventare genitori non giustificano il familismo amorale né l’uso del corpo femminile come strumento. Discutere di Gpa non è odio, mentre vietarne il dibattito è autoritarismo e censura.

In conclusione, la nostra intenzione è sollevare interrogativi su una visione dell’inclusione e dei diritti che rischia di perpetuare sfruttamento e subordinazione delle donne a solo vantaggio del biomercato neoliberista. Ci opponiamo alla guerra e rifiutiamo l’aumento delle spese militari, vogliamo un pianeta vivo e sano, in cui l’umanità possa vivere senza stenti. Nessuno può chiederci un’alleanza che ci obblighi a dimenticarci di noi. Le donne sono il soggetto del femminismo. Il femminismo ci restituisce a noi stesse. Solo noi possiamo costruire la nostra storia e la nostra libertà.

L'articolo Lettera aperta a chi manifesta l’8 marzo, anch’io dico: attenzione all’inclusione che perpetua lo sfruttamento proviene da Il Fatto Quotidiano.




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