Aggressioni a medici e infermieri, in Lombardia più 17% nel 2024

PAVIA. Le aggressioni contro gli operatori sanitari restano una piaga anche nel 2024: 276 gli episodi di violenza fisica o verbale nelle strutture pubbliche della provincia, quasi uno al giorno senza variazioni sostanziali a paragone con l’anno prima, quando i casi erano 284. A livello regionale le vittime sono 5.690, in aumento del 17 per cento rispetto al 2023, quando il totale si è fermato a 4.836 segnalazioni. I dati sono stati presentati dall’assessore regionale al Welfare Guido Bertolaso, durante una conferenza in occasione della Giornata contro la violenza sugli operatori sanitari di ieri.

Operatori-capro espiatorio

Secondo Regione, l’aumento è dovuto alla maggior propensione del personale a denunciare gli abusi. Ma nonostante gli sforzi per contenerli, nei pronto soccorso e nei reparti accadono ancora: «Da un lato c’è un problema culturale. Dall’altro, gli operatori diventa bersaglio delle frustrazioni di pazienti o accompagnatori costretti ad attendere ore prima di essere visitati, per carenze organizzative non dovute al personale» afferma Matteo Cosi, presidente provinciale dell’ordine degli infermieri, cioè la categoria più colpita dalle violenze. «Pensiamo ai tempi di attesa in pronto soccorso, che stressano persone già stressate – aggiunge – aggressioni e minacce non sono mai giustificabili, ma nei grandi numeri gestiti dagli capita di trovare il paziente comportamento, o quello meno incline alla contrattazione. E questo è un aspetto su cui si può intervenire». Secondo i dati regionali, nel 25.3 per cento dei casi il personale sanitario ha subito violenza fisica, nel 74.7 per cento aggressioni o minacce verbali. Nella maggior parte dei casi l’autore è un paziente (67.8 per cento) o un familiare (25.6). Sei volte su dieci la vittima di aggressione è un infermiere, mentre crescono gli episodi segnalati dai medici: il 21.8 per cento degli episodi è stato segnalato da loro (il 17.3 per cento nel 2023). «I dati evidenziano la persistenza e la gravità del fenomeno» afferma Claudio Lisi, presidente provinciale dell’ordine dei medici. «Negli ultimi anni qualcosa si è fatto per arginarlo: l’ inasprimento delle pene può essere un deterrente, ma occorre agire su più fronti: rendere i posti di lavoro più sicuri, fare campagne di prevenzione. I cittadini sappiano che anche i medici e gli operatori sanitari sono vittime di un sistema definanziato, che al contrario va riorganizzato e sostenuto. Bisogna agire con ogni mezzo per rinsaldare l’alleanza tra medici e pazienti».

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Negli ultimi tempi, Regione ha introdotto alcune contromisure, come le bodycam per gli operatori di Areu (ex 118) o i braccialetti sos per il personale di pronto soccorso, così dare subito l’allarme. Vigevano è stato il primo ospedale a partire, e adesso si è aggiunto anche il Papa Giovanni di Bergamo. «Questi strumenti sono utili per chiedere aiuto quando non si può usare il telefono durante un’aggressione – aggiunge Cosi – ma non servono per ridurre il numero degli episodi. Per farlo bisogna lavorare sulla prevenzione, garantendo che la catena della sicurezza non si interrompa quando si assiste un paziente agitato e lavorando sull’organizzazione interna alle strutture, attivando percorsi infermieristici per velocizzare i tempi di attesa dei pazienti». Durante la presentazione dei dati, Bertolaso ha ribadito la propria vicinanza agli operatori: «Le aggressioni sono un fenomeno intollerabile. Abbiamo predisposto un pacchetto di interventi per chi lavora in ospedale e anche sul territorio. Le forze dell'ordine sono impegnate su tanti fronti ogni giorno, ma il nostro auspicio è di poter garantire una loro presenza h24 specie nelle strutture più problematiche».