Assemblea infuocata della società di Chiara Ferragni e dito puntato contro il bilancio: “Carenza di documenti”
Solo 10 giorni fa, si era parlato del via libera dell’assemblea soci all’aumento di capitale di Fenice, la società titolare dei marchi di Chiara Ferragni. Adesso la situazione si complica, quantomeno sull’aspetto dei rapporti tra i soci. Che il clima fosse teso, lo si era già intuito, basti considerare che l’aumento del capitale (divenuto ormai necessario) è passato, con i termini proposti dall’amministratore unico Claudio Calabi, con il voto favorevole di Sisterhood (società di Chiara Ferragni, azionista al 32% di Fenice) e di Alchimia (di Paolo Barletta, con il 40% di Fenice). Un’iniezione di 6.4 milioni di euro per tentare il rilancio. Pasquale Morgese, imprenditore pugliese del settore delle calzature che detiene il 27,5% delle quote di Fenice, non ha votato a favore.
Anzi, lui avrebbe espresso fin da subito le sue perplessità circa “la mancanza effettiva di continuità aziendale”. Ed è proprio su questo punto che si torna perché, stando a quanto riportato da Il Corriere della Sera, ci sarebbero alcune novità che emergono dalla lettura del verbale notarile ufficiale della riunione dei soci che risale al 10 marzo e depositato una settimana dopo.
I dettagli del verbale dell’assemblea – Un’assemblea che, come si diceva, era essenziale per diversi motivi. Ovvero: l’approvazione del bilancio 2023 – “in enorme ritardo” – e l’aumento di capitale. Il primo a prendere la parola è Claudio Calabi, amministratore unico di Fenice, che esordisce: “Il bilancio al 31 dicembre 2023 tiene conto di tutte le passività, potenziali ed effettive, sorte nel corso del 2024, alla luce dei principi di prudenza e completezza, nel rispetto dei principi contabili”.
Morgese storce il naso e quindi prende la parola il suo avvocato Filippo Garbagnati (insieme al commercialista Guido Zaffaroni). I due esperti contestano la “carenza di documenti” e “l’assenza del bilancio della partecipata Fenice Retail” (negozi monomarca), riservandosi quindi “di esercitare i propri diritti anche in via giudiziale” e chiedendo di non approvare il bilancio. Calabi non accoglie la richiesta e anche Federico Baccani, il commercialista che rappresenta Ferragni, non è d’accordo con le affermazioni di Garbagnati e Zaffaroni, sostenendo invece che i soci abbiano un “quadro informatico sufficiente“.
Voci dissonanti durante la riunione – Il delegato di Morgese non ci sta e continua con la controlla Fenice Retail, parlando di “svalutazioni molto rilevanti nel bilancio 2023 dei crediti della controllata”. “Per quale motivo – chiede Morgese (il suo team, va da sé) -, anche nel 2024 Fenice ha erogato ulteriore credito alla partecipata, credito poi nuovamente svalutato? E perché nel budget 2025 di Fenice vi sono ‘costi di pertinenza della società partecipata‘ come ad esempio ‘il pagamento dei dipendenti di quest’ultima’?”
Le valutazioni sul bilancio chiuso a fine 2023 sarebbero state fatte nel 2025 e questo, sostiene Baccani, spiega la diversa prospettiva. Calabi – che presiede l’assemblea – sottolinea che “a partire dall’1 novembre 2024, data in cui ho assunto la carica di amministratore unico, ho operato con la doverosa massima prudenza nella valutazione di tutte le poste passive, sia attuali che potenziali, sia pure in un’ottica di continuità aziendale. Si è cercato di trovare la soluzione migliore per traghettarla verso una liquidazione in bonis, lavorando con massima attenzione e prudenza”. Al momento, riporta sempre il Corriere, l’amministratore unico di Fenice Retail è Chiara Ferragni e nessun fornitore ha aperto contenziosi con la società.
I dubbi di Morgese – Morgese, però, ha ancora molti dubbi: dai fondi rischi alle spese legali fino all’eccesso di prudenza nel predisporre il bilancio che “non risulta assolutamente veritiero né corroborato da un’adeguata documentazione e manifesta un fabbisogno sensibilmente superiore rispetto alle effettive necessità della società”, ciò anche “al fine di coprire l’operato del precedente organo amministrativo”. Ovvero? Ferragni e Barletta che hanno gestito l’azienda fino a novembre 2024.
Poi la guida è passata a Calabi (con l’ok di tutti i soci), il quale durante l’assemblea dichiara che “alla data di assunzione del suo incarico ha sempre operato esclusivamente nell’interesse della società a tutela dei soci e dei creditori” ispirandosi alla “massima diligenza, massima buona fede, principio di correttezza e rispetto dei principi contabili”. Quindi “segnala che alcuni soci (il riferimento è a Morgese, ndr) hanno posto in essere attività di controllo molto invasive” potendo così “avere totale contezza dell’andamento della gestione e della consistenza patrimoniale”. Da qui l’opinione per cui le dichiarazioni e le richieste dei delegati di Morgese in assemblea sarebbero “strumentali e pretestuose, mosse da interessi in conflitto con quelli della società”.
Le prospettive future – L’avvocato di Morgese non è soddisfatto. Impugnerà il bilancio? Si finirà in tribunale? Intanto l’assemblea si conclude, dopo due ore e venti. Bilancio approvato e altrettanto vale per l’aumento di capitale. Solo Morgese è contrario. Difficile immaginare che qualcuno potrà dimenticare quest’assemblea. E i legami, almeno con Morgese, rimangono tesi. D’altronde qualcosa si era già intuito nel giugno 2024, ovvero quando proprio il legale di Morgese aveva iniziato le prime contestazioni.
Su FQMagazine lo avevamo raccontato, facendo un grande passo indietro. Ovvero al 2020, quando Ferragni e Morgese terminarono la loro collaborazione con Serendipity, la società per la gestione del marchio Chiara Ferragni Collection. Il resto “è storia”.
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