Condannata la madre di Baby Callum, ucciso nel 1998 a Liverpool: pena sospesa e niente carcere
Il caso di Baby Callum sconvolse la Gran Bretagna. Oggi, a distanza di 27 anni da quello che fu considerato un infanticidio, è arrivata la sentenza di condanna lieve nel Regno Unito per Joanne Sharkey. La donna, originaria di Liverpool e accusata d’aver ucciso il suo bambino, era stata individuata solo nel 2023. Nel corso del tempo è diventata protagonista di un caso giudiziario che ha suscitato grande attenzione e turbamento nell’opinione pubblica britannica.
L’imputata ha ricevuto un verdetto di pena sospesa, e quindi non andrà in carcere, a conclusione di un processo svoltosi dinanzi alla Liverpool Crown Court: il giudice ha infatti accolto le perizie secondo cui il delitto fu commesso in stato di parziale infermità mentale a causa di una grave “depressione post parto” e ha rivendicato la necessità di un atteggiamento di “compassione” verso una madre disperata.
Sharkey fu riconosciuta come la mamma del bebè solo a 25 anni dai fatti, grazie a un test sul Dna eseguito dopo il fermo casuale da parte dalla polizia di suo figlio maggiore Matthew per un reato minore. Fino ad allora le indagini sulla fine del piccolo, abbandonato senza vita nel 1998 in una doppia busta della spazzatura in un bosco presso Warrington, nel Cheshire inglese, e ribattezzato dagli investigatori Baby Callum, non erano approdate a nulla: il loro esito era stato classificato come un cold case. Alla fine la donna si è dichiarata colpevole in udienza di “omicidio colposo”, sulla base di pareri medici che hanno decretato le sue facoltà mentali, e la sua capacità d’intendere e di volere, come “gravemente compromesse” al momento dell’uccisione e del successivo occultamento di cadavere a chilometri di distanza.
Foto: Cheshire Police
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