L’Inter butta via lo Scudetto: i limiti mentali di una squadra che non ha voluto vincere
Proprio non lo voleva vincere questo scudetto, l’Inter. Non interessava ai campioni della rosa nerazzurra, appagati dalla seconda stella, stimolati ormai solo dalle grandi notti di Champions. È una provocazione ovviamente, però i comportamenti ci dicono questo: l’Inter di Simone Inzaghi ha traccheggiato tutto l’anno, sprecando occasioni su occasioni in un campionato con avversari modesti, che ormai sembrava perso. E quando pure un Napoli piccolo piccolo gliel’ha restituito su un piatto d’argento, l’ha buttato via.
Manca ancora una partita e i tifosi napoletani faranno i debiti scongiuri, ma dopo l’ultimo turno la sensazione forte è che i giochi per il titolo ormai siano fatti: l’occasione irripetibile per il ribaltone era questa, il Napoli rinfrancato dalla grazia ricevuta adesso non mancherà l’obiettivo contro un Cagliari già salvo e senza motivazioni. Il rimpianto nerazzurro è quello di non essere arrivati allo scudetto di testa, più che con le gambe spesso tirate in ballo in questo estenuante finale di stagione.
Non l’hanno voluto abbastanza e al contempo l’hanno sentito troppo: è questa la strana dinamica che si è innescata in casa Inter e che porterà alla perdita di un altro scudetto, il secondo del ciclo Inzaghi dopo quello del 2022 contro il Milan, ma questo è molto più sanguinoso perché allora c’era una rivale all’altezza (e poi la stagione partiva con ben altri presupposti). Stavolta no, i nerazzurri perdono da favoriti e contro un avversario inesistente, come hanno confermato i pareggi balbettanti di Conte contro Genoa e Napoli (senza dimenticare l’intero mese di febbraio senza successi).
Inzaghi &C. hanno sempre rivendicato di non aver scelto un obiettivo, ma non è così. Più delle parole contano i fatti. È un fatto l’intervento scoordinato di Bisseck al 90’, praticamente perfetto tra andata e ritorno contro il Barcellona, autore del rigore che di fatto costa uno scudetto. Sono fatti gli strafalcioni di Acerbi e Bastoni sul primo gol di Pedro, i due eroi di Champions, insuperabili contro gli attaccanti più forti del mondo, e quasi comici contro la Lazio. La dimostrazione di un’attitudine diversa, una mancanza di concentrazione che non è il problema di una sera ma di tutto l’anno, perché davvero non si contano tutte le occasioni in cui questa squadra fortissima ha lasciato punti per strada (Juventus, Milan, Genoa, Monza, il Parma, l’elenco è lunghissimo), compromettendo la classifica.
L’Inter quest’anno in campionato non ha mai mostrato la feroce determinazione che serve per vincere, la stessa, per intendersi, che l’ha portata in finale di Champions, ma anche alla seconda stella nel 2024. Un misto di presunzione e disinteresse, solo a volte giustificabile con la stanchezza, che parte dal campo e ha finito per contagiare un po’ tutto l’ambiente: dallo spogliatoio allo stadio, dai giocatori e persino ai tifosi. Anche a San Siro non si sentiva la stessa elettricità, la stessa febbrile attesa delle notti di Champions. Eppure domenica sera c’era in ballo uno scudetto, manco fosse un obiettivo di Serie B.
Sarebbe però troppo facile nascondersi dietro l’alibi della Champions. Perché l’altra faccia della medaglia, che non si può far finta di non vedere, è che al netto di tutti gli impegni, l’Inter in campionato quando contava è mancata di testa, ancora prima che di gambe. È crollata contro Bologna e Roma, sopraffatta dalla tensione. Dopo il sorpasso del Napoli, quando ha giocato con la mente sgombra e addirittura tutte riserve, ha vinto. Ma ieri, quando servivano i tre punti per prendersi lo scudetto, si è di nuovo sciolta con i suoi titolari. Non si tratta di un problema strutturale (in Europa anzi la squadra ha dimostrato una tenuta fuori dal comune), però la fragilità negli arrivi in volata è un elemento su cui riflettere.
Dovranno farlo Inzaghi, che è sempre il primo responsabile, nel bene e nel male, e anche i senatori dello spogliatoio, da cui era lecito attendersi di più. Anche perché questo mezzo suicidio in campionato compromette l’avvicinamento alla finale di Champions, l’unico obiettivo che l’Inter ha dimostrato di avere davvero a cuore. Perdere lo scudetto tra Bologna e Roma, nel mezzo delle sfide titaniche a Bayern e Barcellona, sarebbe stato tutto sommato giustificabile, visto la grandezza dell’impresa compiuta in Europa. Perderlo così, invece, dopo che il Napoli ha regalato due pareggi nelle ultime tre, è semplicemente imperdonabile. E carica di una pressione che non serviva la finale di Monaco. Perché se arriverà la coppa, nessuno si ricorderà più del Napoli, di Conte e del campionato. Altrimenti Inzaghi &C. potrebbero ritrovarsi a realizzare che in fondo vincere un altro, inutile “scudettino” non sarebbe stato poi così male.
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