“Nessun pugile era come Nino. Ha avuto una vita complicata, ma aveva una dolcezza unica. E parlava sempre con calma, come quando boxava”: Maurizio Stecca ricorda Benvenuti
Nino Benvenuti è stato il primo dei quattro pugili italiani a riuscire nell’impresa di vincere la medaglia d’oro ai Giochi Olimpici e il titolo mondiale da professionista. Di questo gruppo di campioni, oggi rimangono in vita solo Maurizio Stecca e Patrizio Oliva, perché pure Giovanni Parisi se ne è andato anni fa, lui ancora giovane. Così come tutto il mondo della boxe, anche Maurizio Stecca è rimasto molto colpito dalla notizia della scomparsa di Benvenuti a 87 anni. Per il pugilato italiano nessuno è stato come Nino, sia come atleta che come personaggio. “Oggi pomeriggio l’avevo pensato, proprio poco prima di leggere la notizia. Non era poi tanto che avevo parlato con la figlia Nathalie ad un incontro in Federazione e mi aveva confidato che Nino era peggiorato. Speravo si riprendesse un po’, invece…”
Quando l’ha visto l’ultima volta?
Nel 2018 a Forlì, quando ci inserirono insieme nella Hall Of Fame del Pugilato italiano con Patrizio Oliva e Giovanni Parisi, gli unici quattro in Italia a vincere Olimpiade e mondiale. Per lo scomparso Parisi, aveva ritirato il premio il suo dottore Mario Ireneo Sturla. Nino stava ancora bene, aveva raccontato i suoi inizi, quando in una specie di cantina nella sua abitazione a Isola d’Istria aveva tirato di boxe per la prima volta su un sacco pieno di grano costruito dal padre.
E la prima volta che lo vide in assoluto?
Al mio esordio in Nazionale, riunione a Pordenone, fine anni Settanta. Italia contro Svizzera. Sapevano tutti che sarebbe stato presente e chi fosse. Quando scesi dal ring dopo la vittoria, venne a stringermi la mano e a dirmi “tu farai strada”. Pensa che emozione…
Lo aveva visto combattere in tv?
Non in diretta. Però quando iniziai a combattere da ragazzino, mi appassionai di questo sport e iniziai a leggere la rivista Boxe Ring, dove veniva raccontata molto spesso la sua storia così come quella dei pugili dell’Olimpiade 60. Lui era speciale.
La sua carriera è stata incredibile.
Sì e anche le sconfitte, per esempio quelle con Monzon che hanno messo fine alla sua storia sul quadrato, non hanno fatto altro che dare un ulteriore valore alla sua carriera. Nella vita di ogni campione ci sono anche le sconfitte.
È stato il più grande in Italia?
Carnera ha vinto il titolo mondiale dei massimi in America, è stato un grande, ma non come Nino Benvenuti. Ricordo che ero a New York ad allenarmi nella palestra della 42esima strada e poi alla Gleason ed era conosciutissimo, tutti mi citavano Benvenuti. Erano gli anni Ottanta.
Che ricordi ha della persona?
Era un uomo tranquillo, nonostante avesse avuto momenti tragici nella sua vita, e della boxe era un innamorato, sempre pronto ad un buona parola per i pugili più giovani.
Alla Rai fece anche la seconda voce come telecronista.
A volte parlava anticipando il telecronista principale, perché un talento come lui vedeva le cose prima e così non riusciva, per l’emozione, a lasciare il tempo di parlare a Mattioli. Normale, perché lui quel gancio destro lo aveva visto prima di tutti.
Non diventò un grande maestro di pugili.
Serve molto tempo e lui ha avuto una vita complicata e piena. Forse era pure troppo morbido per diventare un grande maestro, però l’ho visto confrontarsi con i ragazzi ed era di una dolcezza e di una capacità fuori dal comune. Sapeva spiegare i veri valori di questo sport. E parlava sempre con calma, un po’ come quando boxava. E tutti stavano magicamente attenti.
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