Chi sono i fencesitter e perché avere un figlio sembra una decisione impossibile da prendere (tanto da affidarsi a libri, reel e forum)
C’è stato un tempo in cui fare figli non era esattamente una decisione da prendere, una scelta da ponderare: venivano e basta. E se non venivano, non venivano. Avere figli era una conseguenza naturale della sessualità, finché la contraccezione non ha permesso di slegare piacere e maternità, lasciando alle donne inediti margini di manovra. Una libertà mai avuta prima: decidere se diventare o meno madri. Libertà che i padri, in qualche misura, si sono sempre presi: perché un conto è fare un figlio, un conto è fare i genitori. E ora che si può scegliere, è imperativo scegliere bene: così, la grande decisione è diventata la grande indecisione. Scoraggiati dalla precarietà economica, dall’imprevedibilità della fertilità e dalle difficoltà che la decisione comporta – in un senso o nell’altro – le nuove generazioni hanno iniziato a cercare consiglio in luoghi inesplorati: manuali, podcast, forum, perfino nello scorrere infinito dei reel su TikTok. Tanto da meritarsi un nome: fencesitter, i temporeggiatori.
Che vuol dire fancesitter – Il termine fencesitter in inglese vuol dire semplicemente indeciso: rimanda all’immagine di qualcuno seduto su una staccionata, con una gamba di qua e una di là. Né dentro né fuori. Dal punto di vista sociologico, è la fotografia perfetta di una generazione di giovani adulti cresciuti tra una crisi storica e l’altra, galleggiando tra il precariato economico e la catastrofe climatica dietro l’angolo. Adulti, insomma, che non sanno se sono pronti a diventare genitori, nonostante l’orologio biologico dica il contrario. O, per citare un famoso meme dei social, donne con due paure: quella di restare incinta e quella di non poter più avere figli.
Per molto tempo, la narrativa sull’essere genitori è stata edulcorata, sciroppata e coperta di zuccherini colorati: i figli sono una benedizione, la gioia più grande, e guai a dire il contrario. Ora sempre più voci – specialmente femminili – hanno acceso i riflettori sui temi della depressione post partum, della solitudine e sul peso di devolvere tempo, energia e risorse alla sopravvivenza di un piccolo essere umano. Questo eccesso di consapevolezza è un lusso che raramente le coppie (ma soprattutto le donne) hanno avuto. In più, la scienza permette di pensarci su, evitando una gravidanza finché non la si vuole e fornendo altre opzioni a chi invece la desidera e non riesce ad averla.
È bene chiarirlo subito: non è una scelta che si basa interamente sull’amore. L’amore è la condizione necessaria, ma non sufficiente: entrano in gioco molti fattori, dagli stipendi alla casa, dalla vicinanza della famiglia allo stile di vita, fino alle aspirazioni di carriera. Non esiste una decisione giusta e una sbagliata. L’indecisione, invece, è molto reale. E ha ispirato un sottobosco di manuali-guida alla scelta. La giornalista Ilana Kaplane raccontava la sua esperienza su Elle in un articolo dal titolo “The Purgatory of Being a Fencesitter/Il purgatorio degli indecisi”. È passata dai forum di Reddit divorati nelle notti insonni durante la pandemia ai reel di TikTok che decantano le gioie di una vita senza figli (o, di contro, le beatitudini della famiglia numerosa) fino agli esperti della piattaforma Motherhood Clarity. Tra gli oracoli più improbabili cita anche un mazzo di carte del Gottman Institute che offre “52 domande da farsi prima di un bambino”. Ci sono poi i libri: dal celebre e discusso Motherhood, Is It For Me? di Carlini e Davidman, fino al viralissimo The Baby Decision di Bombardieri. Il libro promette di “dissolvere paure e dubbi” grazie a “esercizi di visualizzazione” e “conversazioni profonde col partner” ed è tornato sotto i riflettori dopo essere stato citato in un articolo del Corriere della Sera di Irene Soave per la sua popolarità tra le quarantenni.
Il termine fencesitter si applica un po’ a tutte le coppie, uomini e donne, ma in realtà il fenomeno riguarda soprattutto le donne. Perché ammettiamolo: anche nella più utopica e egalitaria delle società, avere un figlio è una questione impara, iniqua, inevitabilmente sbilanciata sulle donne. Sono le donne a crescere un essere umano nel proprio utero, sono le donne a partorirlo (con dolore) ad allattarlo. Sono le donne a portare sul corpo e nella psiche i segni di una nuova vita che dipende, in buona parte, da loro. E non apriamo la parentesi delle conseguenze sul lavoro: ecco, lì sì, che ci sarebbe margine di manovra. Se è vero che in una coppia si è entrambi genitori, è anche vero che sono le donne a dover considerare più variabili nella decisione: salute fisica, mentale, carriera, tempo personale, finanze. Sono molto più spesso le donne, quindi, a ritrovarsi sedute sulla staccionata a contemplare le opzioni: diventare madri o no?
Al desiderio personale si sommano poi le aspettative sociali e una serie di pressioni esterne, in modi variegati e contraddittori. Chiedetelo a qualsiasi donna sui trent’anni senza figli: è molto probabile che da ragazzina si immaginava a quell’età già sposata e madre, solo perché era il modello che aveva assorbito crescendo. E poi, da qualche parte nella pienezza dei vent’anni, la certezza di avere figli si sia trasformata nella “possibilità” di averne “forse”, “con l’uomo giusto”, “più avanti”. Paradossalmente, la maternità altrui non sempre innesca il desiderio: a volte, al contrario, lo affoga in un bagno di realtà. Specialmente quando la consapevolezza della difficoltà di conciliare vita familiare e lavoro si incarna in una figura reale, in un’amica licenziata dopo la gravidanza o in una cugina che “non va al cinema da tre anni”.
In un lungimirante articolo del 2016, Kate Spencer scriveva su Cosmopolitan: “Se sei davvero un fencesitter, seduto sulla staccionata senza sapere cosa fare, non avere figli. Almeno, non ancora. Aspetta di sentirti sicuro che questi sacrifici e questi cambiamenti di vita siano quelli che puoi accettare, e non solo perché ti senti in dovere o perché il mondo intorno a te ti dice che è ora”. Manuali, libri, podcast e perfino video di comici si sono sostituiti ai pareri (quasi mai richiesti) di amici e parenti. Più voci non significa più chiarezza: anzi, a volte significa solo più confusione. Ma per quanto spiacevole o difficile sia la condizione dell’indecisione dei fencesitter, in realtà è un regalo: il lusso di poter scegliere. Un lusso fragile e prezioso, come ci dimostra la storia recente. Prendere una decisione può far paura, ma mai quanto subirla. Decidere in modo consapevole è un processo più lungo e più faticoso, ma alla lunga più remunerativo della logica cieca del “si è sempre fatto così” e “guarda che poi te ne penti”. Il rischio di scegliere male, nella vita, c’è sempre. Ma meglio sapere come si è finiti una certa strada, piuttosto che lasciare che qualcun altro o qualcos’altro scelga per noi.
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