Torino Adagio, alle Sere D’Estate di Ivrea una visita fluviale, insolita e affascinante del capoluogo piemontese
Per quello che conta, e detto da un non torinese, Torino è la città più bella d’Italia. Se poi leggerete Torino Adagio (Enrico Damiani Editore), scritto, predisposto, suddiviso da Anna Rowinski, non potrete che avventurarvi nel capoluogo sabaudo avvicinandovi dai margini, dai confini (se dio vuole, in Piemonte ci sono ancora), seguendo il corso dei fiumi che disegnano imperiosi e sconosciuti ghirigori urbani verdi e blu. Ma andiamo con ordine. L’occasione di tornare a parlare di Torino, come Walter Benjamin poteva aver fatto nei Passagenwerk con Parigi, è la presentazione che avviene mercoledì 23 luglio alle 18.30 a Ivrea durante Sere d’estate – Libri e Film nello spazio selvatico. Grazie all’Archivio Nazionale Cinema Impresa per quattro mercoledì e un martedì di luglio si sono mescolate in modo originale le carte tra letteratura e filmati (d’epoca, documentari) formando aree tematiche di inedita e gustosa ricchezza.
Tra queste citiamo quella appena passata sul tifo calcistico attorno alla proiezione di un documentario di 40 anni fa – Ragazzi di strada di Segre – e quella che verrà, intitolata La scomoda eredità letteraria di Salvator Gotta; mentre il 23 luglio tocca appunto a Città Visibili. E Torino adagio fa parte del pacchetto assieme alla presentazione di Filmpolis scritto da Giorgio Scianca (Torino e Piemonte si sono comunque ripresi la centralità produttiva cinematografica che gli spettava storicamente prima dell’avvento centralista romanesco) e la proiezione di Film/aTO di Ugo Nespolo e Edoardo Sanguineti e Italo Calvino nelle città di Davide Ferrario. Insomma un taglio contemplativo inedito su Torino, senza necessariamente fare lo struscio su Via Roma, Piazza Castello e via Po. Dicevamo di Torino Adagio. Già, perché per approcciarsi a questa guida, che richiama le partizioni di lettura della modellistica Lonely Planet, ma infondendogli una appassionata, rispettosa e puntuale serietà descrittiva, bisogna pensare alla dimensione del tempo. Ritrovare Torino senza guardare l’orologio e addirittura il calendario. Pensare alla dimensione della passeggiata o al massimo dei mezzi pubblici (detto da un bolognese, di estremo pregio) e alla possibilità di perdere per qualche istante la bussola della conoscenza pregressa.
Del resto Torino adagiata tra le anse di Po, Dora, Stura e Sangone, trasformatasi più volte nell’ultimo secolo a seconda di migrazioni e sviluppo industriale, ri-forma continuamente luoghi dove lo spazio respirabile e vivibile è ampio e per certi versi piacevole alla vista di tutti, abitanti e non. Intanto ai più classici ingressi ovest (Rivoli) e est (Superga) si può entrare a Torino da Nord (Falchera, Parco del Mesino) e da Sud esplorando il quartiere di Mirafiori Nord e quello Sud con il silente Sangone. E poi nella guida firmata da Rowinski c’è la valorizzazione di un dato storico e culturale che Torino ancora mantiene, ma che in decine di capoluoghi di provincia è sfumata nell’asfaltatura globalista di catene commerciali e cemento istituzionale. Quando ad esempio in Torino Adagio si entra a San Salvario la cura con cui si cercano i resti di un piccolo artigianato e commercio locale, il panettiere, il pasticciere, la piola (che non si è piegata all’overtourism), si percepisce una fierezza e una sicurezza che Torino e i torinesi hanno: i piedi ben saldi nel passato per meglio proiettarsi, con meno patemi e scossoni, sul futuro. Tante le suggestioni da segnalare nell’agile guida. Ci preme ricordarne due: la quantità di parchi che si allargano a vista d’occhio in mezzo a case, quartieri, strade senza diventare polmoni verdi sempre più ristretti e minacciati da qualche ottuso sindaco; oppure il fatto che in un luogo non facile come Barriera, un dettaglio del passato come la borgata Monterosa non sia diventata damnatio memoriae ma è ancora traccia antropologica da visitare tra un bottonificio, un giocattolaio e un negozio che costruisce biliardi.
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