“Con il mare dentro”, la storia di Lucia che voleva diventare apneista anche se non è “cosa da femmine”
“Con il mare dentro” (Dea 2025) è il primo romanzo di Claudia Fauzia, divulgatrice e attivista siciliana da anni impegnata in studi di genere, diritti lgbtqia+ e meridionalismo. È un libro che sa di esperimento ben riuscito. Esperimento formale, perché bussa alla porta della narrativa virando il genere della saggistica a cui Fauzia si è finora dedicata con “Femminismo terrone” (Tlon 2024). E poi di contenuto, perché temi legati a femminismo e Sud, identità e violenza di genere, adolescenza e auto-narrazione si amalgamano alla vita immaginaria della protagonista della storia, una 17enne siciliana alle prese con la ricerca di sé. Non però in un altrove lontano, bensì nella sua stessa isola: “Volevo che protagonista fosse una persona siciliana della riviera dei Ciclopi. E che il suo viaggio avvenisse lì, addirittura in un’isola ancora più piccola [Filicudi, ndr], perché quello che cerchiamo è spesso sotto i nostri occhi”, racconta l’autrice a ilfattoquotidiano.it. Lucia è un’adolescente dalle idee chiare: il suo mondo è il mare e sogna di fare l’apneista. L’attrazione per le immersioni subacquee, il contatto con l’acqua sanciscono quella simbiosi di cui il lettore è informato fin dagli esordi della narrazione: “Il sale sulla pelle, i capelli bagnati che si appiccicavano alla schiena, il formicolio lasciato dall’acqua fredda. Provava un’emozione intensa, quasi elettrica, come se ogni fibra del suo essere risuonasse in armonia con il mare”.
È un mare-rifugio, una bolla di lontananza dalla terraferma, che incarna invece la rigidità dello stereotipo sociale e la resa davanti al fatalismo patriarcale che decide per lei le norme. “Lì sotto – si legge nel romanzo – spariscono i confini, persino il tempo sembra diverso. La gravità che svanisce, il respiro che diventa una scelta consapevole”. Ma c’è un “problema”. Anzi due. Lucia è femmina e qualcuno ha deciso per lei che no, “il mare nunn’è cosa ppe fimmini”. Ammette Lucia in un passaggio angosciato della storia: “Credevo che il mare potesse essere diverso, che lì non valessero le stesse regole della terra. Ma mi sono illusa”. Consapevolezza amara: il mare non uccide le discriminazioni. Ecco che a Lucia è richiesto quello sforzo in più – proprio perché femmina: uscire dalla dimensione di invisibilità e riacquistare parola, manovra. Questa sensazione scomoda si fa spill over d’intolleranza emotiva ed intellettuale, pronta a sbottare in un urlo urticante: “Ti accorgi mai di cosa accade alle donne negli spazi dominati dai maschi?” grida Lucia. Un grido “politico” che fa resistenza dal margine e butta gambe all’aria l’ordine imposto. In questo viaggio femminista però Lucia non è sola.
C’è il migliore amico Roberto, “un femminista in potenza – racconta l’autrice – che a volte però ha momenti di cedimento: quando è nel branco regredisce, non sa più vedere le cose dall’altro punto di vista”. Sottili, in filigrana, affiorano altri due temi. Da un lato la crisi (nel senso etimologico di “scelta”) dell’identità di genere di Lucia, che è ancora in fase embrionale, a metà tra inibizione sociale e senso di inadeguatezza davanti all’amata Giorgia, “una ragazza già consapevole del suo posizionamento. Tra Lucia e Giorgia – continua Fauzia – c’è attrazione politica, sessuale e affettiva. Ma questo Lucia ancora non lo sa perché è alla scoperta di sé, della sua sessualità anche nei confronti di Roberto con cui ha una relazione senza confini. È questo il privilegio dell’adolescenza: evita di categorizzare rigidamente le relazioni umane. Verso Giorgia invece il messaggio è chiaro: per amare bene devi sapere cos’è la politica”. L’amore qui non ha nulla a che fare col possesso o l’autorità: come si legge nel libro, “è una forza caotica e sublime, impossibile da imprigionare in rigidi confini. Limitarlo significa soffocare la sua meraviglia”. E qui il secondo tema, perché le sperequazioni di genere entrano anche in ambito privato, dragate dal rapporto tra i genitori di Lucia. “Antonio è un padre violento. Qui la violenza non è trattata con morbosità, ma negli effetti del suo sedimentarsi: la moglie è una donna rimasta incastrata in questa spirale, ma vedere il modo in cui sua figlia Lucia lotta per la libertà le dà forza per reagire. È un sodalizio educativo generazionale al contrario: come dice Lucia, ‘Arriva un momento in cui sono i figli a dover insegnare qualcosa ai genitori’”. Un copione che si ripete, ma che invoca alla rottura, al passaggio da soggetti oppressi a soggetti agenti. Con il mare dentro è un coro di voci femminili che fanno rete e che denunciano quello che per Fauzia è “il vero problema della nostra società: il patriarcato”. Un romanzo di formazione ricco di metaletteratura, che parla di persone, di radici. Di vite che si uniscono e separano come i lembi di una cerniera lampo. È un libro che parla della sua autrice e ne oralizza il pensiero: “È un discorso femminista il mio. Ma c’entrano anche gli uomini sebbene in Italia si faccia ancora confusione tra ‘femminile’ e ‘femminista’. La prof Macaluso, nel libro, lo spiega benissimo: ‘Il femminismo non è un attacco contro i maschi. Il femminismo è per tutti. È una lotta per l’uguaglianza affinché uomini e donne abbiano stesse opportunità’”.
L'articolo “Con il mare dentro”, la storia di Lucia che voleva diventare apneista anche se non è “cosa da femmine” proviene da Il Fatto Quotidiano.