“Laura Dahlmeier è stata un UFO. Da sempre uno spirito libero”. Il cuore nero di Neuner e il ricordo francese
In questi giorni si stanno moltiplicando i ricordi di Laura Dahlmeier, la cui vita è terminata sul Laila Peak nella giornata di lunedì 28 luglio. Nell’ambiente del biathlon molti protagonisti del presente e del passato sembrano però parlare solo allo scopo di dire qualcosa, limitandosi a parole di circostanza, giusto per “non mancare all’appello”.
Al riguardo, colpisce profondamente come l’amica e mentore Magdalena Neuner si sia limitata a postare una foto accompagnata da un cuore nero. Niente di più, perché evidentemente non vi era bisogno di altro. Semplice, diretto, essenziale. Nello stile di chi è scomparsa.
Sommerso tra da tanti ricordi insipidi (non quello di Neuner, beninteso), è viceversaa meritevole di essere riportato quello espresso da Stephane Bouthiaux, allenatore e manager francese da decenni sul circuito di Coppa del Mondo. Il cinquantanovenne transalpino ha affidato alla testata Nordic-Magazine una serie di considerazioni tecniche che va ben al di là della circostanza. Un’analisi precisa di quanto è stata Dahlmeier durante la sua carriera di biathleta.
“È arrivata [in Coppa del Mondo, NDR] molto giovane, ma subito si è dimostrata fortissima. Il punto più alto della sua carriera sono stati i Mondiali 2017. Era attesa, ma ciò che fece a Hochfilzen fu veramente impressionante [Vinse 5 ori e 1 argento su 6 gare, tra prove individuali e staffette NDR].
Sembrava un UFO da quanto andava forte. Il suo segreto era una tecnica di sciata molto particolare. Riusciva a essere esplosiva e molto rilassata al tempo stesso. Aveva movimenti brevissimi ed estremamente poderosi, seguiti da una fase di relax e rilascio molto lunga. A vederla, non faceva nessuna impressione particolare, però era estremamente efficace. Si trattava di una tecnica di sciata molto redditizia dal punto di vista energetico e il motore era di prima qualità. Inoltre sapeva essere estremamente precisa al tiro. Credo sia stata il prototipo della biathleta perfetta.
In un certo senso, ha ripetuto quello che aveva già fatto Magdalena Neuner, seppur in maniera diversa. Quella era l’epoca in cui dall’area geografica di Garmisch venivano fuori degli autentici fenomeni. Non dimentichiamoci di Miriam Gössner, che però non è mai stata dominante a causa di una precisione scadente [per la verità, la grande discriminante che ha impedito a Gössner di emergere, è stato un serio incidente in mountain bike, NDA].
Non si deve commettere l’errore di pensare che Dahlmeier abbia avuto una carriera breve. Generalmente, una biathleta ottiene i risultati migliori tra i 25 e i 30 anni. Dahlmeier ha costruito il suo palmares tra i 20 e i 25. La carriera di vertice ha avuto una durata analoga a quella di tante altre, con la differenza legata alla precocità. Ha vinto tutto rapidamente e altrettanto rapidamente si è dedicata alla sua vera passione, la montagna.
Di lei ricordo la cortesia, la giovialità. Quando la incrociavi non mancava mai di salutarti, poteva essere solo un “buongiorno”, ma te lo diceva sempre con il sorriso. È sempre stata atipica, anche al culmine della sua carriera, se aveva voglia di andare a camminare in montagna, ci andava e non esitava a lasciar perdere una sessione d’allenamento già programmata. Deve aver fatto passare qualche notte in bianco ai suoi allenatori!
È sempre stata uno spirito libero, ha sempre fatto ciò che voleva, come lo voleva e quando lo voleva. Senza dubbio la sua forza. Non ha mai cercato di apparire, non ha mai indossato una maschera. Ha sempre seguito il suo animo, senza recitare una parte diversa”