Raoul Bova querela Corona dopo l’attacco su Telegram: «Frasi infondate e aggressive»
Raoul Bova ha sporto querela contro Fabrizio Corona per la diffusione di messaggi privati tra lui e la modella Martina Ceretti. Il contenuto, pubblicato sui canali social dell’ex paparazzo, secondo l’attore non rappresenta solo un caso di diffamazione — per i toni utilizzati nei suoi confronti — ma costituisce anche il più grave reato di «illecita diffusione di dati personali», previsto dalla legge sulla privacy e punibile fino a tre anni di carcere.
Alla denuncia per diffamazione già depositata dall’avvocata Annamaria Bernardini de Pace, si aggiunge ora quella sottoscritta dal legale di Bova, l’avvocato David Leggi. Un atto che si fonda su un elemento inedito: l’esplicita esortazione fatta da Corona sul suo canale Telegram affinché il messaggio vocale dell’attore venisse condiviso. Sotto il titolo — IL VOCALE DI RAOUL BOVA (Che sfigato) — si legge: «Condividetelo con i vostri amici raga, così normalizziamo un po’ questo “VIP”, che non sono più fighi di voi».
Uno screenshot del post è stato allegato alla querela, a dimostrazione della volontà di amplificare la diffusione del contenuto.
Per Bova e il suo legale, quella di Corona è una «condotta scellerata» guidata da finalità economiche evidenti. I canali social di Corona, infatti, sono a pagamento e ospitano inserzioni pubblicitarie che monetizzano le visualizzazioni.
La querela sottolinea come il gesto abbia avuto l’effetto di generare una «diffusione virale dei contenuti illecitamente pubblicati, strumentalizzati a fini di scherno e di irrisione». Il messaggio su Telegram rappresenterebbe la prova lampante di una precisa volontà offensiva.
Le accuse sulla separazione
La nuova azione legale si intreccia con le dichiarazioni già oggetto di un’altra denuncia da parte di Bernardini de Pace. In un post del 31 luglio, Corona aveva accusato l’avvocata di «essere finta», sostenendo che avesse accettato di difendere Bova dopo averlo denigrato pubblicamente in passato, durante il divorzio dalla figlia. Una ricostruzione che Bernardini de Pace smentisce con decisione.
Corona, nel suo post, sosteneva anche che la relazione tra Bova e Rocío Muñoz Morales fosse terminata ben prima dell’incontro con Ceretti, e che proprio l’avvocata lo avesse contattato tre mesi prima per cercare informazioni. Ha anche diffuso un audio, attribuito a Bernardini de Pace, che la stessa legale contesta in toto sia per l’autenticità che per i contenuti.
Nei confronti dell’attore, Corona è stato ancora più diretto, definendolo un «babbo di minchia», accusandolo di voler apparire «ancora una volta per la brava persona che non è».
Diffamazione e violazione della privacy: l’indagine della procura
Secondo la querela, le parole di Corona non solo danneggiano l’immagine di Bova, ma sono formulate con un tono tale da indurre i lettori a crederle vere: «Lede l’onorabilità e il decoro» dell’attore, utilizzando «un atteggiamento comunicativo che esorbita da una funzione prettamente valutativa per assumere falsamente i connotati di una vera e propria notizia di cronaca».
Le affermazioni sono considerate da Bova «infondate, umilianti e ingiustificatamente aggressive», diffuse a una platea vastissima: 1,8 milioni di follower sul profilo personale di Corona e altri 440mila su quello professionale.
Ma c’è di più. Alla base dell’indagine in corso, condotta dal procuratore aggiunto di Roma Giovanni Conzo e dalla pm Eliana Dolce con la polizia postale, ci sarebbe anche un tentativo di estorsione. La modella Ceretti, con l’aiuto dell’imprenditore Federico Monzino, avrebbe chiesto del denaro a Bova per evitare che i messaggi venissero inoltrati a Corona. Al rifiuto dell’attore, il materiale è stato puntualmente diffuso.