Lo scetticismo dei francesi per gli annunci di Macron su Gaza: “Sostegno simbolico: servono azioni concrete”
Bandiere palestinesi, kefiah, rabbia e indignazione. Nella Place d’Italie, a Parigi, va in scena l’ennesimo raduno per Gaza. Si contesta il genocidio sulla Striscia e l’inerzia dei governi occidentali, compreso quello francese. Eppure all’Eliseo erano convinti che il riconoscimento dello Stato Palestinese annunciato dal presidente Emmanuel Macron, che avverrà a settembre all’Assemblea delle Nazioni Unite, avrebbe riscosso più consensi nell’opinione pubblica d’oltralpe. Si trattava dare un po’ di ossigeno alla popolarità dello stesso Macron – che riscuote la fiducia di appena il 7% dei francesi – accontentando quel 63% dei francesi, prevalentemente elettori di France insoumise e del Partito socialista, che secondo Odoxa si dice favorevole al riconoscimento della Palestina. Il sondaggio, pubblicato qualche mese, rileva che il 73% dei francesi sarebbe favorevole all’implementazione di sanzioni contro lo Stato israeliano. Quanto alla politica estera: anche Le Monde aveva elogiato il gesto di Macron, definendolo un “momentum” che ha ispirato circa una quindicina di Stati, compresi Canada e Germania, provocando la furia dell’amministrazione Trump. Ma anche qui torna si avvera l’antico proverbio: Nemo propheta in patria est.
Lo scetticismo – I rassemblement proseguono non solo a Parigi ma anche a Bordeaux e a Marsiglia. La critica è corale: senza azioni concrete e incisive il riconoscimento della Palestina resterà un gesto simbolico o, ancora peggio, di facciata. “Conosciamo le tattiche degli annunci rimandati di Macron”, ha scritto su X Jean-Luc Mélenchon lo stesso 24 luglio, “Perché a settembre e non adesso? E l’embargo sulle armi? E la rottura dell’accordo di cooperazione?”. Lo scetticismo ha accompagnato anche altri leader, che hanno ribadito l’appello alle sanzioni contro il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il suo governo, come nel caso di Fabien Roussel del Partito comunista francese e Olivier Faure del Partito socialista. Più esigenti si sono mostrati gli ecologisti, che in una nota rilasciata sul proprio portale scrivono “il tempo stringe“, sottolineando che tale riconoscimento dovrà riguardare “l’integralità del territorio stabilito dai confini del 1967”. Traguardo difficile a livello operativo, non soltanto per il drammatico annientamento di Gaza ma anche la situazione della Cisgiordania, il cui territorio è frammentato da oltre 160 insediamenti e più di 700mila coloni.
La risposta di Macron – Finora l’aiuto più concreto di Parigi alla popolazione di Gaza è stato il lancio di quaranta tonnellate di beni primari sulla Striscia, avvenuta lo scorso 1° agosto in collaborazione con Giordania, Emirati Arabi e Germania. Nell’occasione il ministro degli Esteri francese Jean-Noël Barrot ha commentato a France.info l’intenzione di “inondare la Striscia di Gaza di acqua, alimenti e medicine”, esortando Tel Aviv a sbloccare l’entrata di 52 tonnellate di aiuti che “attendono a qualche chilometro da Gaza”. Pur consapevole dell’incapacità di tali azioni di sostituire “i volumi di aiuti” pronti a entrare “attraverso i punti di passaggio terrestre” il ministro ha annunciato nuovi lanci via aerea. Ma neppure queste convincono l’opinione pubblica francese, che la ritiene “pericolosa”, “insufficiente” e “pura comunicazione”. È il caso di Action contre la faime, che ha commentato a Le Figaro la pericolosità di azioni che rischiano di produrre “movimenti di massa pericolosi”, laddove i gazawi, sottoposti a condizioni di carestia, potrebbero precipitarsi sul cibo portando ancora “più morti e feriti“. Altra critica riguarda l’esclusione delle fasce di popolazione più fragili, tra cui donne, bambini e persone diversamente abili, da questa modalità di aiuto che non tiene conto della “dignità delle persone”.
La sfida – L’aggravarsi della situazione a Gaza ha spinto gli ecologisti francesi ad alzare la posta in gioco, elevando all’Eliseo la richiesta di “ingaggiare la marina francese, senza più ritardi, nella costa di Gaza per ordinare l’approvvigionamento di cibo, farmaci e beni essenziali” alla popolazione, mediante l’attivazione di “una coalizione internazionale per superare il blocco” che tuttora impedisce il flusso di aiuti umanitari. L’appello è stato pubblicato sulla testata la Tribune dimanche e cerca di mettere Macron contro le corde: “Se Lei non agisce, Lei sarà complice“. Per i francesi parlare di Gaza significa affrontare un affare interno, che attraversa l’intera società, e il presidente francese si trova in un cul de sac: la sinistra lo accusa di non fare abbastanza, la destra ritiene “frettoloso” il suo riconoscimento alla Palestina e i franco-israeliani parlano addirittura di “regalo ai terroristi del 7 ottobre”.
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