Il governo impugna la legge della Toscana sul salario minimo: “Contrasta con la tutela della concorrenza”
Il governo ha impugnato la legge della Toscana sul salario minimo. Il motivo? Alcune disposizioni del provvedimento approvato il 18 giugno 2025 si pongono secondo Palazzo Chigi “in contrasto con la normativa statale in materia di tutela della concorrenza” e “violano l’articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione“. La legge ha introdotto nelle gare regionali ad alta intensità di manodopera basate sul criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa un criterio premiale per le aziende che applicano un salario minimo orario non inferiore a 9 euro lordi. Ora arriva il niet del governo, che lo scorso gennaio aveva impugnato anche la legge regionale pugliese in materia lamentando il contrasto con la normativa statale e la violazione degli articoli 97 e 117 della Carta. Singoli Comuni, da Bacoli a Napoli, si sono mossi nella stessa direzione.
“Ancora una volta il Governo Meloni dimostra di avere paura del salario minimo”, commenta la segretaria del Pd, Elly Schlein. “È scandaloso considerato che le famiglie non riescono ad arrivare alla fine del mese per le bollette alte e gli stipendi bassi. Stiano tranquilli, non solo continueremo a batterci perché in Parlamento torni la legge di iniziativa popolare su cui abbiamo raccolto oltre centomila firme, ma il salario minimo sarà centrale in tutti i programmi elettorali nelle regioni in cui andremo al voto. Non ci fermeranno con questi trucchetti”. “Ormai il Governo Meloni è diventato soltanto un organo di propaganda politica”, rincara in una nota congiunta un drappello di parlamentari Pd, da Simona Bonafè e Marco Furfaro, Laura Boldrini e Silvio Franceschelli. “Dopo aver annunciato la Zes nelle Marche nel disperato tentativo di nascondere i disastri della destra nella Regione, adesso tenta di affossare per l’ennesima volta le riforme della Giunta Giani. Dopo aver impugnato poche settimane fa la norma regionale sul ‘fine vita’ adesso blocca la legge sul salario minino. Siamo francamente sconcertati da un governo ormai fuori dalla realtà, immobile ed incapace di dare risposte alle necessità delle famiglie ed ai diritti delle persone”.
Maria Cecilia Guerra, responsabile Lavoro nella segreteria nazionale del Pd, ricorda tutte le puntate precedenti: “Meloni ci ha convocato d’urgenza sul salario minimo nell’agosto del 2023, ha assicurato una sua proposta per quello stesso settembre, che non è arrivata. Il suo governo e la sua maggioranza hanno svuotato la nostra proposta e pensato a una legge delega, molto discutibile, che giace in Parlamento dal dicembre di quello stesso anno. E intanto nel nostro paese la questione salariale assume un carattere sempre più emergenziale. La compressione salariale non è solo fonte di profonda ingiustizia, ma rallenta la crescita del paese, togliendo ogni stimolo all’innovazione e spingendo a una competitività malata. Pochi giorni fa la maggioranza ha messo a punto due tentativi, con due emendamenti estemporanei di attaccare i diritti retributivi dei lavoratori, ed ora , vigliaccamente, questi federalisti “dè noantri” impugnano persino la legge di una regione, la Toscana, che non sta a guardare ma agisce, disciplinando per la sua amministrazione e chi lavora per lei, un salario minimo a garanzia della dignità del lavoro. In questo caso la nostra Presidente non ha remore a invocare i magistrati perché mettano uno stop alla decisione politica presa da un governo, quello regionale, eletto dal popolo!”.
Nel merito Vincenzo Ceccarelli, capogruppo dem in Consiglio regionale, nota che “Se la concorrenza la si deve fare sulla pelle dei lavoratori, siamo ben felici di aver promosso e approvato una legge che secondo il Governo viola le regole vigenti”. “Premiare le aziende che partecipano ad appalti pubblici regionali, se garantiscono ai propri operai un salario minimo non inferiore a 9 euro è un modo per spingere le aziende a competere liberamente”, precisa, “come prevedono le regole della libera concorrenza, ma partendo dal principio che la salute dei lavoratori e la qualità del lavoro non possono essere messi in discussione mai, soprattutto quando ci si propone come fornitori della Pa, nella realizzazione di opere pubbliche”.
“Se si fosse trattato di una legge a favore delle banche o delle compagnie energetiche il governo Meloni non avrebbe fatto una piega. Ma di fronte alla legge della Regione Toscana sul salario minimo da garantire ai lavoratori, la destra si è messa prontamente all’opera per bloccarla”, dice dal canto suo Nicola Fratoianni di Avs. “È più forte di loro: quando qualcuno vuole tutelare i più deboli, i lavoratori e le lavoratrici a mettere i bastoni fra le ruote ci pensa il governo Meloni: una destra nemica della povera gente e di chi fatica ad andare avanti”.
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