Jabra: come si sta evolvendo il mondo del lavoro tra AI e smart working
Jabra è indubbiamente una delle aziende leader nel campo delle periferiche audio e video per l’ufficio, con una gamma di cuffie e webcam pensate per migliorare l’esperienza dell’utilizzatore nelle “call”, diventate ormai vitali in un mondo del lavoro che si affida a personale che opera in remoto rispetto alla sede aziendale.
Negli ultimi anni l’azienda danese si è impegnata ad effettuare studi e ricerche sull’evoluzione del mondo del lavoro tra cui il più reente “Work and wellbeing in the age of AI“, incentrato sui cambiamenti apportati dall’intelligenza artificiale, e “Mind the Gap – How Gen Z is disrupting the workplace” del 2024, con un focus sui cambiamenti legati a smart working e lavoro ibrido. Per approfondire gli argomento di questi ultimi studi abbiamo fatto alcune domande a Luca Barbarossa, Business Development Manager, EMEA South, per Jabra
Rispetto ad alcuni anni fa il mondo del lavoro è cambiato notevolmente, vedendo proseguire dopo la pandemia l’adozione del lavoro da remoto da parte della aziende, sia in modalità “full remote” sia in modalità ibrida. Ci sono aspetti che le aziende potrebbero aver tralasciato, mantenendo le impostazioni di quello che era stata una situazione emergenziale?
Attualmente stiamo assistendo a una tendenza al ritorno in ufficio, ma il lavoro ibrido rimane un’opzione privilegiata, in particolare tra i professionisti italiani, con il 45% che – secondo il nostro studio del 2024 – adotta questo approccio. Questa flessibilità consente alle aziende di trattenere i migliori talenti e ai dipendenti di raggiungere un migliore equilibrio tra vita professionale e vita privata, mantenendo al contempo livelli elevati di produttività e coinvolgimento, e permette loro di decidere quando incontrare i colleghi, il che è meglio per l’interazione e lo sviluppo dello spirito di squadra.
A questo proposito, ci sono due aspetti che devono ancora essere padroneggiati dalle società: la gestione dei team da remoto e l’adozione di tecnologie appropriate per l’acquisizione di soluzioni audio e video.
Con la maggior parte delle riunioni che ora si svolgono in modalità ibrida, in cui almeno un partecipante è connesso da remoto, le società devono affrontare la sfida dell’equità, fondamentale per garantire l’efficienza del processo decisionale. Un singolo partecipante con una larghezza di banda Internet insufficiente, una ricezione vocale inadeguata o una qualità video scadente può aumentare lo stress di tutti i partecipanti e compromettere la partecipazione equa. Che io decida di collegarmi da casa, dall’ufficio o da un bar, devo essere in grado di garantire che la mia voce e la mia immagine siano trasmesse con la stessa chiarezza e qualità, in modo che lo scambio di idee e opinioni sia equo e ottimizzato.
La nostra ricerca rivela che il 66% delle riunioni si svolge online, ma persistono ostacoli alla produttività dovuti a problemi di qualità audio e video. Ad esempio, il 52% dei lavoratori utilizza solo il proprio laptop per l’audio delle riunioni e il 59% si affida al proprio telefono, mentre solo il 30% utilizza cuffie con microfono. Ciò evidenzia la necessità di apparecchiature audio e video di qualità superiore per i dipendenti, soprattutto se lavorano in modalità ibrida.
In conclusione, ai dipendenti deve essere data la possibilità di adottare il lavoro ibrido, ma essi devono anche essere dotati degli strumenti e delle tecnologie adeguate per ottenere i migliori risultati. In questo modo, le aziende possono garantire che il lavoro ibrido non solo sia fattibile, ma anche produttivo e coinvolgente per tutti i dipendenti. In particolare, in Italia, dove la tendenza al ritorno in ufficio è in aumento, ma il lavoro ibrido rimane una parte significativa della cultura professionale.
Con lo smart working si è evoluto anche il modo di comunicare all’interno delle aziende, vedendo usare maggiormente i canali digitali per riunioni e allineamenti, con alcuni o tutti i partecipanti non in sede, a volte in viaggio. Quali rischi possono influire sulla sicurezza delle informazioni sensibili e sui dati aziendali quando i partecipanti potrebbero essere ad esempio a casa, in aeroporto, in un autogrill o anche in un bar?
La stragrande maggioranza degli sforzi delle società in termini di sicurezza informatica è volta a proteggere gli account di posta elettronica, l’accesso e i dati archiviati (con gran parte degli investimenti destinata a proteggere le connessioni Internet e Intranet), un’altra forma di minaccia sta diventando sempre più comune: la sorveglianza illegale delle telecomunicazioni.
Il nostro studio del 2024 mostra che un numero crescente di professionisti, tra cui il 22% della Generazione Z e il 16% dei Millennial, lavora spesso all’interno di bar o in viaggio. Questa flessibilità, pur aumentando la produttività, introduce anche rischi associati a reti e ambienti non protetti al di fuori dello spazio controllato dell’ufficio. La maggior parte dei dipendenti e delle imprese oggi tende ancora a considerare i dispositivi in grado di catturare voce e video come accessori innocui, ma purtroppo non è affatto così.
Secondo un’analisi di Forbes, il 95% delle violazioni della sicurezza informatica è attribuibile a errori umani, che vanno dalla condivisione di informazioni sensibili senza adeguate misure di protezione alla partecipazione a videochiamate su reti non protette. Il rischio spesso deriva dagli strumenti di cui ci fidiamo, dai luoghi da cui ci connettiamo o dalle supposizioni su chi potrebbe ascoltarci. Una rete Wi-Fi non protetta in un bar, ad esempio, può facilmente consentire a malintenzionati di intercettare flussi audio o di accedere a contenuti condivisi senza essere rilevati.
Se ci pensiamo bene, non si tratta di una semplice chiamata, poiché il dispositivo trasporta la tua voce, le domande dei tuoi clienti, i feedback dei tuoi colleghi e, in molti casi, anche dati biometrici come il tono, i modelli di discorso e i segnali emotivi. Tutte queste preziose informazioni nelle mani sbagliate potrebbero avere conseguenze molto pericolose per un’azienda.
Quali accortezze dovrebbero assumere, da una parte l’azienda, dall’altra il dipendente, per mitigare questa tipologia di rischi?
Per mitigare i rischi associati a tutto ciò, oltre a lavorare per garantire l’accesso e proteggere i dati, le aziende devono considerare la protezione delle loro comunicazioni digitali, assicurando l’uso di soluzioni sicure, come cuffie e telecamere di livello professionale. Inoltre, le aziende dovrebbero promuovere una cultura della consapevolezza della sicurezza informatica tra i dipendenti e assicurarsi che questa cultura sia ben conosciuta e accolta dai dipendenti, in modo che comprendano appieno l’importanza di non utilizzare dispositivi non idonei che potrebbero aprire la porta ad attacchi di hacking.
Da parte loro, i dipendenti devono attenersi alle linee guida aziendali ed essere vigili riguardo agli ambienti in cui lavorano e alle reti a cui si connettono. Devono evitare di utilizzare reti Wi-Fi pubbliche non protette per comunicazioni sensibili e assicurarsi che i propri dispositivi siano dotati degli ultimi aggiornamenti di sicurezza e software. Programmi di formazione e sensibilizzazione regolari possono aiutare i dipendenti a riconoscere potenziali minacce e ad adottare le migliori pratiche per una comunicazione sicura.
Come Jabra avete delle proposte/prodotti per mitigare questa tipologia di problemi?
Per noi di Jabra, la sicurezza è una priorità assoluta, soprattutto perché milioni di persone si affidano quotidianamente alle nostre soluzioni. Ci impegniamo a garantire che i nostri prodotti soddisfino i più elevati standard di sicurezza e incorporino le tecnologie più recenti per proteggere i dati e le comunicazioni dei nostri utenti.
Le nostre soluzioni wireless, comprese le cuffie Evolve ed Evolve2, si basano sulle ultime versioni Bluetooth 4.2 e 5.x LE, che offrono crittografia AES-CCM con chiavi a 128 bit e accoppiamento sicuro. Per chi desidera livelli di sicurezza ancora più elevati, la nostra linea Engage offre dispositivi basati sul protocollo DECT, che fornisce una crittografia di livello militare e adotta gli standard FIPS a 256 bit, vale a dire il massimo livello di sicurezza possibile quando si parla di cuffie professionali per ufficio.
Diamo inoltre priorità all’adattabilità e alla reattività rispetto alle minacce emergenti; quindi, consentiamo anche la possibilità di aggiornare il firmware dei nostri dispositivi ogni volta che è necessario (ad esempio quando emerge una nuova minaccia). I nostri dispositivi sono dotati di chipset di alta qualità che accettano solo firmware autorizzati, impedendo tecniche di hacking comuni come la sovrascrittura del firmware.
Per potenziare ulteriormente le nostre misure di sicurezza, Jabra ha istituito un Cross-GN Cyber Security Center of Excellence e impiega un team di hacker etici. Questo team sottopone sia l’hardware, che il software a rigorosi stress test per identificare le vulnerabilità prima che i nostri prodotti raggiungano il mercato, garantendo una protezione robusta per i nostri utenti.
Un altro tema che è entrato prepotentemente in voga in ambito lavorativo è sicuramente quello legato all’Intelligenza Artificiale, tema su cui avete presentato recentemente uno studio. Come sta influendo l’adozione dell’AI secondo il vostro studio su aziende e dipendenti?
L’Intelligenza Artificiale è diventata un argomento di grande rilevanza sul posto di lavoro e il nostro ultimo studio “Work and wellbeing in the age of AI” , realizzato in collaborazione con l’Happiness Research Institute, mette in luce il suo impatto sulle aziende e sui dipendenti, in particolare in Italia. Secondo lo studio, il 20% dei professionisti italiani utilizza l’IA quotidianamente sul lavoro, mentre il 37% la utilizza solo alcune volte alla settimana.
Lo studio mostra in modo interessante come i dipendenti che utilizzano frequentemente l’IA riportino livelli significativamente più elevati di soddisfazione sul lavoro, senso di scopo e ottimismo riguardo al futuro del lavoro. Per dirla in numeri, in Italia:
Gli utilizzatori frequenti dell’IA riferiscono un aumento del 48% della soddisfazione sul lavoro (superiore alla media dello studio globale). L’80% degli utilizzatori frequenti dell’IA ritiene di raggiungere i propri obiettivi sul lavoro (rispetto al 45% degli utenti occasionali). Il 71% degli utilizzatori frequenti dell’IA ritiene che le proprie opportunità di avanzamento professionale siano buone (rispetto al 33% degli utenti occasionali). Il 73% degli utilizzatori frequenti dell’IA ritiene di imparare spesso qualcosa sul lavoro (rispetto al 63% degli utenti occasionali)
Sebbene non dimostrino che l’IA sia causa di un maggiore benessere, i dati suggeriscono comunque una connessione significativa che vale la pena approfondire.
Tuttavia, gli stessi utilizzatori frequenti riferiscono anche livelli di stress più elevati, che potrebbero riflettere le esigenze di adattamento ai nuovi strumenti, ma potrebbero anche derivare dal fatto che coloro che utilizzano l’IA più spesso ricoprono anche ruoli di maggiore responsabilità.
La maggior parte delle aziende è ancora agli inizi del proprio percorso nell’IA e ciò di cui i dipendenti dicono di aver più bisogno è una comunicazione chiara, formazione e una leadership che consideri l’IA come un cambiamento culturale e non solo tecnico. Rispondendo a queste esigenze, le imprese possono sfruttare il potenziale dell’IA per migliorare la soddisfazione sul lavoro e la produttività, sostenendo al contempo i dipendenti durante la transizione.
Secondo voi le aziende dovrebbero incentivare l’utilizzo dell’AI all’interno dei flussi di lavoro?
Sì, le aziende dovrebbero assolutamente incentivare l’uso dell’IA nei flussi di lavoro, ma non attraverso imposizioni o implementazioni tecnologiche fine a se stesse. Il vero incentivo deriva dalla cultura.
Il nostro studio indica che in Italia solo il 33% degli intervistati ritiene che la propria azienda abbia intrapreso misure significative per prepararsi all’integrazione dell’IA, come l’implementazione di strumenti, l’offerta di formazione e la definizione di strategie. Inoltre, il 41% ha sottolineato la necessità di una formazione tecnica sugli strumenti e sui sistemi dell’IA, mentre il 36% ha sottolineato l’importanza delle opportunità di aggiornamento e riqualificazione professionale per garantire che l’IA sostenga, anziché ostacolare, il loro benessere.
I leader svolgono un ruolo cruciale in questo cambiamento culturale e devono dare l’esempio: utilizzare apertamente l’IA, condividere le conoscenze acquisite e normalizzare la sperimentazione. Quando vedranno che la curiosità è incoraggiata e che eventuali problematiche fanno parte del percorso, i team seguiranno l’esempio.
Quanto sono realistiche le probabilità che si avverino i timori dei dipendenti di essere sostituiti dall’AI?
L’Intelligenza Artificiale sta trasformando il lavoro, non sostituendolo. Alcune attività saranno automatizzate, ma il cambiamento più ampio riguarda l’aumento delle capacità, non l’eliminazione dei posti di lavoro.
Il nostro studio rivela che gli utilizzatori frequenti dell’IA in Italia sono più ottimisti riguardo alla loro futura soddisfazione lavorativa, con il 37% che esprime fiducia rispetto al 24% degli utenti occasionali. Si sentono anche più sicuri che il loro lavoro rimarrà piacevole e appagante. Tuttavia, esistono delle preoccupazioni: 1 utente occasionale su 4 percepisce l’IA come una minaccia alla sicurezza del posto di lavoro, e 1 utilizzatore frequente su 3 è preoccupato per la potenziale disoccupazione.
Ma come dimostra la Storia, la tecnologia evolve, così come i nostri lavori, creando spesso più opportunità. L’Intelligenza Artificiale dovrebbe essere vista come uno strumento per accelerare ciò che le persone possono fare e non come una minaccia ai loro ruoli. È un’opportunità entusiasmante per ripensare, perfezionare e migliorare il modo in cui lavoriamo.
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