Pochi iscritti a Scienze Geologiche: invece di pensare ai disastri, si punti alla loro mitigazione
di Domenico Chiarella, Marco Petitta, Giulio Viola
La Geologia (dal greco gê, “terra” e logos, “studio, discorso”) è la scienza che studia la Terra, il suo passato, il suo presente e i processi che la modellano. Malgrado rappresenti un percorso di studi fondamentale per temi chiave come ad esempio la transizione energetica, cambiamento climatico, monitoraggio e prevenzione di fenomeni naturali, le immatricolazioni ai corsi di laurea dell’area di Scienze Geologiche hanno registrato un trend negativo nelle immatricolazioni a scala nazionale che non si riesce ad invertire.
Con una nota pubblicata sulla rivista Acque Sotterranee – Italian Journal of Groundwater, si prova a spostare il focus comunicativo proponendo un cambio di paradigma per migliorare la comunicazione alle nuove generazioni sull’importanza dei corsi di studio universitari in Scienze Geologiche focalizzandosi sull’interazione di due distinti fattori:
1. La riduzione (in termini di ore e qualità) dell’insegnamento delle Scienze della Terra nelle scuole superiori, con conseguente scarsa familiarità degli studenti con la geologia;
2. Un clima di sfiducia tra i giovani generato dal susseguirsi di crisi climatiche, economiche e geopolitiche, che induce ragazze e ragazzi a considerare il futuro minaccioso e privo di prospettive concrete.
Considerato che lo stesso declino si osserva anche all’estero, segno che il problema non è fisiologico ed esclusivo del sistema scolastico italiano, occorre andare oltre ed esplorare altri potenziali fattori. Un punto delicato, finora non considerato, potrebbe essere il registro con cui le Scienze della Terra vengono presentate e raccontate ai media. Terremoti, frane, alluvioni, siccità e altre emergenze dominano le cronache, alimentando un immaginario apocalittico. Il geologo compare quasi sempre dopo la catastrofe o per ribadire i limiti conoscitivi “ancora invalicabili” della disciplina (“i terremoti non si possono prevedere”), rischiando di essere percepito come “uccello del malaugurio”.
Quando anche gli esperti, per prudenza scientifica, insistono sulle incertezze più che sui progressi, il messaggio che passa è l’ineluttabilità e non la sfida da affrontare e nella quale coinvolgere, stimolandole, le giovani generazioni. Inoltre, altri studiosi evidenziano un atteggiamento passivo nei giovani riguardo al futuro, come sottolineato da Elena Stancanelli su Repubblica il 4 aprile scorso: “Com’è possibile che i ragazzi a vent’anni pensino che nulla abbia senso, perché un’onda o un incendio spazzerà via tutto?”. Questo pessimismo spesso nasce dalla percezione dell’ineluttabilità della “fine del mondo”, alimentata da eventi naturali catastrofici e dai cambiamenti climatici.
Viviamo un evidente paradosso: le competenze geologiche sono sempre più necessarie — gestione dei rischi territoriali, transizione energetica, tutela delle risorse, estrazione sostenibile di materie prime, contrasto al cambiamento climatico — mentre l’offerta di laureati diminuisce anche a fronte di maggiori opportunità lavorative. Il problema, dunque, non risiede nella visibilità della disciplina ma piuttosto nella sua narrazione. Come genitori, geologi e docenti, ci aspetteremmo un maggiore interesse da parte dei giovani verso le Scienze della Terra, soprattutto alla luce delle difficoltà ambientali globali.
Si propone quindi di spostare l’attenzione dall’inevitabilità dei disastri (e quindi dalla percezione di poca utilità del geologo) alla possibilità di mitigare i loro effetti attraverso un’azione collettiva (che veda i giovani nelle vesti di attori principali), da affiancarsi a conoscenza e tecnologia. Senza vendere facili miracoli, occorre far capire ai giovani che non sono vittime predestinate bensì parte indispensabile delle soluzioni. Al contempo, il sistema della formazione e della ricerca geologica deve potere fare affidamento su investimenti pubblici e privati stabili e duraturi nel tempo, accettati come prerequisito per la sicurezza collettiva.
Riportando le Scienze della Terra nello spazio delle opportunità e di un futuro più sicuro e sostenibile, e non solo in quello del pericolo, crediamo che si possa chiedere alle giovani generazioni un valido supporto alle sfide ambientali e planetarie, e forse anche invertire la curva delle immatricolazioni. Coinvolgere i ragazzi, farli partecipi e co-protagonisti, piuttosto che intimorirli, è una possibile chiave per riavvicinare le Scienze della Terra ai giovani. Il futuro della disciplina — e, in parte, del pianeta — dipende dalla capacità di trasmettere questa visione coraggiosa, aperta e inclusiva.
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