Perché il veleno perfetto è solo un’illusione (anche nei film)
Gli antichi romani avevano un’enorme paura di morire avvelenati. Ma un tale timore non poteva di certo privarli della loro bevanda preferita, il vino; per questo, avevano collaudato un originale metodo per brindare. Il tintinnio dei loro bicchieri doveva essere talmente vigoroso da far sì che i liquidi si mischiassero tra loro. In questo modo, gli altri commensali (e guai a non alzare i calici!) dimostravano la loro onestà: perlomeno in quel frangente, l’ipotetica vittima, l’avrebbe scampata!
Cicuta, ricina, arsenico, belladonna, tallio: chiunque sia amante dei classici romanzi gialli o delle serie tv crime, non può non averne sentito parlare, e soprattutto, non può non aver cercato, almeno una volta, di immedesimarsi con la mente dell’assassino per capire come il veleno fosse stato somministrato.
Tra i content creator di Instagram e YouTube, spicca per interesse e originalità dell’argomento, Eleonora Scarcello, @eleonorasca, tossicologa di Ivrea, ora residente a Monaco. Dopo una laurea in Chimiche e tecnologie farmaceutiche a Torino e un Erasmus in Francia, si appassiona alla ricerca. Intraprende un dottorato a Bruxelles, dove rimane per cinque anni, facendo dottorato e post dottorato in tossicologia.
“Da lì mi sono avvicinata al mondo della tossicologia e delle sostanze tossiche”.
Quindi non avevi già una passione per questa tematica?
“Direi proprio di no, fino a qualche anno fa, non ci pensavo assolutamente: le mie passioni erano la scienza, la scrittura e la storia. La tossicologia è qualcosa che ho scoperto “da grande” e aggiungerei anche in maniera graduale. Il dottorato l’ho scelto perché mi piaceva molto l’argomento di ricerca e il gruppo di lavoro, in più stimavo molto il supervisor. E man mano che mi addentravo nell’argomento, mi sono appassionata alla materia.”
Sei una delle pochissime, forse l’unica a livello italiano, a parlare sui social di tossicologia, facendolo in maniera semplice, pulita e divertente, snocciolando curiosità storiche di botanica delittuosa.
Quando hai avuto l’idea di legare i tuoi studi con la passione della storia, della letteratura e visto che si deve andare di pari passo con i tempi – citazioni a serie televisive cult, dalla ricina in Breaking Bad all’avvelenamento del Cappellaio Matto?
“Come tante persone, tutto è nato nel periodo Covid, quando c’era più tempo libero. Ci tenevo a essere originale. Cerco di creare reel condensando in pochissimo tempo concetti che spero far risultare stimolanti. Il mio obiettivo è intrattenere e incuriosire, non assolutamente quello di fornire una sorta di lezione universitaria, anche se ritengo fondamentale la correttezza scientifica. Mi piace molto raccontare storie, e l’ho capito anche facendo questo lavoro. È una dimensione che mi appaga; andare a ricercare le peculiarità del passato – usando principalmente database di cui disponiamo noi ricercatori – scoprire e poter parlare di folklore, questo bizzarro connubio tra scienza e credenze popolari”.
Questo miscuglio di forti passioni è sfociato in “Molecole assassine”, il tuo primo libro, edito da Cairo
“È un progetto che ha richiesto molto tempo, ma è stata una grande soddisfazione. Tra torte all’arsenico, tisane della buonanotte e pollo al curry avvelenati, racconto aneddoti che spaziano tra diverse epoche, evidenziando come tutto, ma proprio tutto, nella giusta dose, può essere mortale. E nel libro, inizio proprio parlando dell’intossicazione da acqua.”
Ci sono dei veleni o qualche aneddoto che tratti nel libro, che ti hanno particolarmente colpito?
“Per una mia predilezione, amo tantissimo l’arsenico. Probabilmente, oltre a essere tra i veleni più famosi, è anche il mio preferito. Nel libro racconto la storia dei “mangiatori di arsenico”, una popolazione che viveva nella Regione della Stiria (nel sud-est dell’Austria). Sostanzialmente questa popolazione ingeriva arsenico per avere migliori prestazioni fisiche (gli uomini), o per avere un colorito più roseo (le donne). C’è stato grande scalpore tra la comunità scientifica perché ci si chiedeva (e ci si chiede tutt’ora) come fosse possibile che delle persone mangiassero abitualmente arsenico per tutta una vita, anche trenta o quarant’anni, senza morire! Sono andata a ricercare anche dei vecchissimi articoli del 1800 e penso di essere riuscita a spiegare la plausibilità dal punto di vista scientifico di un tale fenomeno. Tra l’altro, il colore roseo tanto amato dalle donne, nient’altro era che la rottura dei capillari: un rigonfiamento apparente, tutt’altro che salutare.”
C’è una parte del mondo in cui le piante sono più velenose?
“Sarei propensa al no, l’Aconito, bellissima pianta dai fiori viola, è tra le più pericolose al mondo, e cresce ovunque. Si trova anche nei nostri giardini!”
Tra l’altro sull’Aconito, non spoilerando troppo, c’è un aneddoto (che non possiamo, ahinoi, definire particolarmente divertente, ma decisamente curioso) proprio sulla sua potenziale letalità.
“E’ una pianta tossica al solo tocco. Nonostante la sua pericolosità, però, viene usata, per esempio, nella medicina cinese da più di duemila anni.
Quello che vorrei sottolineare è di porre sempre attenzione a piante o erbe che non conosciamo: piante che possono apparire innocue, nascondono magari veleni micidiali. Si deve sempre ricordare che la maggior parte dei veleni si trova in natura!”
Ma tutti questi veleni, alla fine, sono davvero così facili da reperire?
“Ne parlo anche nel libro e soprattutto nella conclusione. Spesso mi chiedono : non hai paura a parlare così esplicitamente di veleni? Mi hanno quasi accusata di offrire spunti per eventuali delitti! Intanto, non vado mai nel dettaglio, e per sapere che l’arsenico è un veleno non c’è bisogno certo di acquistare un libro! Reperire veleni oggi è davvero difficoltoso: sono estremamente controllati, sia nel dark web sia nell’importazione. Soprattutto, la loro conoscenza è estremamente articolata. Il veleno perfetto di fatto non esiste, o meglio, esiste solo nei libri e nei film!”
A quello, da appassionati lettori o spettatori, concediamo una sorta di licenza poetica, continuando, nel mondo chimerico, a credere che esista.