“Ogni giorno decido di alzarmi, di lottare”: Sharon Stone e l’‘allenamento neuronale’ del cervello alla felicità, ecco cos’è e come funziona
“Per restare felici ci vuole molto coraggio, ancor più disciplina e moltissima concentrazione. Ma ne vale la pena. Ogni giorno decido di alzarmi, di lottare, anche quando in realtà non ne ho voglia o non mi sento abbastanza forte. Ogni giorno. Continuo a dimostrare a me stessa che posso farcela e che sto migliorando”.
Questo è il modo di intendere la ricerca della felicità dell’attrice Sharon Stone intervistata sul tema da Vogue Adria. La vita dell’attrice è stata contraddistinta da momenti anche drammatici e prove difficili. Ricordiamo i numerosi aborti spontanei, l’ictus che l’ha colpita nel 2001, inclusa la scomparsa prematura del nipotino River di 11 mesi e successivamente del fratello Patrick Joseph, di 57 anni, padre del piccolo.La Stone racconta che ogni giorno “decide” di essere felice, anche quando non ne ha voglia o si sente fragile.Ma prima di capire come essere felici, forse dobbiamo capire meglio cos’è la felicità e come distinguerla dall’emozione fugace del momento?Lo abbiamo chiesto a Daniel Lumera, Biologo naturalista, autore e docente, esperto nelle aree del benessere e nella pratica della meditazione.
Tre tipi di felicità
“Esistono fondamentalmente tre tipi di felicità – spiega Lumera -. Il primo è la felicità edonistica, cioè l’idea di felicità correlata al piacere, fugace, momentaneo, sensoriale, legato cioè al godimento dei sensi. Il secondo tipo è la felicità eudaimonica, che è collegata alla crescita personale, allo sviluppo di virtù e al mettere a disposizione se stessi per uno scopo più grande, come il benessere collettivo. Infine, il terzo tipo di felicità, la felicità esistenziale, è il più autentico. E deriva dalla piena consapevolezza di essere, di esistere come miracolo all’interno di un miracolo ancora più grande che si chiama vita. Questa piena consapevolezza fa nascere in noi un sentimento di gratitudine, di compassione, di gioia profonda. E questo tipo di felicità non dipende da niente e da nessuno, o da ciò che facciamo, da ciò che abbiamo, da come appariamo, dal fatto di raggiungere o meno obiettivi personali. È uno stato naturale dell’essere, che può essere raggiunto, per esempio, durante una pratica meditativa. E chi raggiunge questa consapevolezza e sperimenta questo tipo di felicità ha un grande vantaggio: smette di decidere o di cercare di essere felice, perché questa esperienza di felicità è di per sé uno stato di coscienza, uno stato naturale dell’essere, consapevole di essere immerso nel miracolo della vita”.
Qualcuno potrebbe pensare che l’attrice parla da una posizione di privilegio e vantaggio sociale. Ma esistono pratiche quotidiane semplici, alla portata di tutti, per coltivare questa attitudine? “Sì e consistono in una sorta di ‘allenamento neuronale’ del cervello alla felicità. Partiamo, innanzitutto, dall’antichissima arte della meditazione capace di far sperimentare una profondissima esperienza di consapevolezza, presenza, lucidità e, appunto, felicità. La scienza ha ormai dimostrato che queste pratiche sono anche una potentissima medicina naturale che disinfiamma il corpo, rallenta i processi di invecchiamento, migliora il tono dell’umore e la salute mentale in generale, oltre a potenziare le nostre abilità cognitive”.
Evitare il vittimismo
Rispetto alla tendenza di sentirsi sempre vittima di qualcosa o qualcuno, da dove iniziare a riprendere in mano la propria felicità?
“Mettersi in una condizione di vittimismo e, quindi, sentire che il proprio destino è nelle mani di qualcosa di esterno a noi e che non si origina nell’intimità del nostro sentire è uno svantaggio molto grande per la qualità della nostra vita, per la capacità di gestione delle situazioni e in termini di centratura, lucidità e presenza. Al contrario, assumersi la responsabilità della propria vita vuol dire, prima di tutto, assumersi la responsabilità di ciò che si sente e si pensa intimamente; ed è proprio da lì che vengono influenzati i comportamenti, le scelte, le decisioni, ecc. In base a come abitiamo le varie situazioni della vita possiamo migliorare enormemente tutto ciò che ci sta intorno. È attraverso il nostro comportamento consapevole che, anziché essere il prodotto di ciò che ci accade, andiamo a influenzarlo positivamente e a direzionarlo verso una linea evolutiva migliorativa”.
Risolvere i traumi
Dai traumi profondi, come ictus, aborti, lutti, l’attrice sostiene che ha imparato molto. Si possono quindi trasformare le ferite e i fallimenti personali in una risorsa concreta per una felicità più autentica?
“Ricordo un corso di consapevolezza e di meditazione che ho tenuto anni fa per un gruppo di donne affette da tumore all’utero o alle ovaie. Sono rimasto molto colpito dal fatto che molte di loro mi hanno confessato che, proprio grazie alla malattia, sono in realtà rinate. Hanno avuto il coraggio di liberarsi da pesi invisibili e da abitudini tossiche, iniziando a prendersi cura di loro stesse e a dare più valore al tempo concesso con i propri affetti. Si sono risvegliate al valore della vita, trovando le forze per cambiare le abitudini malsane e iniziare un percorso interiore di crescita personale oltre che spirituale, andando a coltivare una dimensione valoriale ed esistenziale. A volte abbiamo la necessità di affrontare delle prove, degli ostacoli e delle difficoltà per svegliarci profondamente, per capire che, a seconda di come le contestualizziamo e le abitiamo, quelle stesse prove possono trasformarsi in momenti motivanti ed evolutivi importantissimi”.
Liberarsi dalle relazioni tossiche
L’importanza di circondarsi di persone “che si comportano bene con te” è un’altra convinzione della Stone. Come possiamo riconoscere e nutrire relazioni che favoriscano il nostro benessere, evitando quelle tossiche?
“Così come ci sono cibi tossici e cibi che ci fanno bene e sono profondamente nutrienti, la stessa cosa vale per le relazioni. Alcune relazioni rappresentano un nutrimento molto elevato ed efficace, e proprio per questo bisogna essere estremamente selettivi con le persone che fanno parte della cerchia più stretta di coloro che frequentiamo. Una relazione tossica si riconosce, invece, dalla tensione costante e cronica che si sviluppa alla presenza di questa persona. La tensione è un indicatore importante, seguito dalla conflittualità. Ma se conflittualità e tensione sono normali in qualsiasi relazione, la loro cronicizzazione, intensità e presenza costante la rendono tossica. E poi c’è il terzo fattore: la mancanza di fiducia nell’altra persona. Quando manca la fiducia la relazione è in declino, in caduta libera.
In definitiva, le relazioni che fanno bene e che ci nutrono sono basate su valori condivisi, fiducia reciproca e sulla capacità dell’altra persona di farti sentire in pace, di alleggerire la tua vita, di portare ricchezza: non solo in termini materiali, ma anche e soprattutto in termini mentali, emozionali ed esistenzi
L'articolo “Ogni giorno decido di alzarmi, di lottare”: Sharon Stone e l’‘allenamento neuronale’ del cervello alla felicità, ecco cos’è e come funziona proviene da Il Fatto Quotidiano.