Il governo di Giorgia Meloni sta valutando misure per ridurre le partecipazioni di investitori cinesi in aziende considerate strategiche, con l’obiettivo di evitare possibili tensioni con gli Stati Uniti. L’attenzione dell’esecutivo, scrive Bloomberg, è rivolta sia a società private sia a gruppi a controllo statale. Uno dei casi più rilevanti è quello di Pirelli, in cui la cinese Sinochem International Corp., controllata dallo Stato, detiene il 37% del capitale. La partecipazione è già stata oggetto di restrizioni da parte del governo italiano attraverso l’esercizio dei poteri speciali (”golden power”), che nel 2023 hanno limitato l’influenza del socio asiatico su aspetti tecnologicamente sensibili come i sensori cyber montati sugli pneumatici, usati anche in Formula 1. Lo scorso aprile, su richiesta dei regolatori, il cda di Pirelli ha poi declassato lo status di governance di Sinochem, dichiarando che il gruppo non ha più il controllo della società.
Come raccontato dal Fatto, il numero uno Marco Tronchetti Provera ha fatto pressioni sull’esecutivo proprio perché limiti la presenza del socio asiatico invocando il golden power. Perché Washington ha avvertito Pirelli che gli pneumatici dotati di sensori connessi potrebbero subire restrizioni sul mercato statunitense a causa della proprietà cinese, in linea con le misure americane su software e hardware provenienti da aziende controllate da Pechino.
Il dossier Pirelli è solo il più evidente tra quelli sul tavolo dell’esecutivo, che avrebbe nel mirino anche Cdp Reti, la società che detiene partecipazioni di controllo nelle reti energetiche italiane (Snam, Italgas e Terna) e che è posseduta al 35% da una controllata della State Grid Corporation of China, con due rappresentanti in consiglio di amministrazione. Un altro caso citato è quello di Ansaldo Energia, tra i maggiori produttori mondiali di centrali elettriche: la presenza, pur residuale, della cinese Shanghai Electric (0,5%) impedirebbe alla società di partecipare ad alcune gare negli Stati Uniti.
In Italia si contano circa 700 aziende con investitori cinesi, ma il focus del governo sarebbe sulle realtà di maggiori dimensioni attive in settori strategici come energia, trasporti, tecnologia e finanza. Il ministero degli Esteri cinese, replicando a Bloomberg, ha affermato che la cooperazione negli investimenti tra Cina e Italia è ”mutuamente vantaggiosa e non dovrebbe essere ostacolata da terze parti”, auspicando che Roma offra “un ambiente imprenditoriale equo, giusto e non discriminatorio” e salvaguardi i “legittimi diritti e interessi” delle imprese cinesi.
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