A Trieste i richiedenti asilo lasciati all’addiaccio: tra loro il magistrato fuggito dal Pakistan per le minacce
“A Peshawar, nella provincia pachistana al confine con l’Afghanistan, lavoravo come procuratore. Mi occupavo di terroristi e trafficanti di droga, che in quelle zone controllano veri e propri cartelli mafiosi. Hanno cominciato a minacciarmi, non mi è rimasta altra scelta che fuggire”. Omar è un magistrato che ha chiesto il riconoscimento dello status di rifugiato all’Italia, dove è arrivato seguendo la “rotta balcanica“, invece da più di un mese dorme all’addiaccio nella zona di Porto Vecchio a Trieste, diventata un bivacco a cielo aperto perchè le istituzioni non danno assistenza ai richiedenti asilo come prevedono le norme della Ue. La sua storia è stata raccontata dal giornalista Martin Poljsak del quotidiano in lingua slovena Primorski dnevnik e si inserisce in una situazione di grave crisi dell’accoglienza nel capoluogo giuliano.
Lorena Fornasir, l’anima dell’associazione umanitaria Linea d’Ombra, da anni si occupa dell’accoglienza di profughi e migranti e ha diffuso alcuni video girati dai profughi che testimoniano anche gli interventi delle forze dell’ordine che ogni mattina sgomberano la zona. Fornasir fornisce cibo, indumenti e perfino medicazioni. Il marito Gian Andrea Franchi è in prima linea, coordina una comunità variegata di associazioni che fanno riferimento all’ong Fornelli resistenti e Non Name Kitchen, provenienti da diverse regioni italiane che portano a Trieste il cibo per preparare pasti caldi agli stranieri. Si arriva fino a 250 persone, con l’innesto ogni sera di qualche decina di nuovi arrivi.
In piazza hanno fatto la loro apparizione anche due operatori dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), che hanno distribuito volantini con le informazioni sui diritti dei richiedenti asilo. Tra questi diritti c’è anche quello di ottenere un posto in un centro di accoglienza, che però attualmente non viene rispettato. Sono arrivati a saturazione l’ostello scout di Campo Sacro e Casa Malala a Fernetti, mentre qualcuno ha trovato ospitalità in un dormitorio o nel rifugio solidale gestito dalla Caritas diocesana.
“Coperte e sacchi a pelo requisiti”
La situazione è peggiorata dopo che da giugno la Prefettura ha ridotto i trasferimenti verso altre località italiane. Un solo pullman alla settimana non è sufficiente a far fronte al fabbisogno. In queste condizioni ai migranti non resta che trovare rifugio sotto le tettoie, senza però servizi, a cominciare da quelli igienici. Si è creata una terra di nessuno con incursioni notturne da parte di qualche occupante dei magazzini abbandonati del Porto Vecchio, che cerca di arraffare le poche cose che costituiscono l’unico bene personale del popolo dolente arrivato in Italia via terra. Lorena Fornasir spiega: “Tutti quelli che dormono lì sono richiedenti asilo in attesa di un posto in un centro di accoglienza. Sono già stati identificati dalla polizia e alcuni aspettano da più di un mese di avere un tetto sopra la testa, che spetta loro per legge”. Da alcuni giorni accade, invece, che al mattino prima dell’alba vengano svegliati dalla polizia locale di Trieste e dagli addetti di Italspurghi. Coperte, sacchi a pelo e perfino zaini o effetti personali vengono raccolti e gettati sui camion, per finire in discarica. La denuncia di Fornasir è indirizzata all’amministrazione comunale di Trieste: “Per tre volte è intervenuta la polizia, la quarta anche la polizia locale. Evidentemente li ha mandati il sindaco Roberto Dipiazza. Dovrebbe occuparsi della sicurezza e della salute dei cittadini, invece manda la polizia contro i poveri che non hanno nulla. Come se volesse ripulire etnicamente quella zona. Secondo il comando della polizia locale di Trieste, gli interventi sono mirati solo a togliere lo sporco e i rifiuti lasciati dai migranti. In ogni caso la situazione sta diventando insostenibile”.
“Violazione del diritto europeo”
Le violazioni delle norme europee in materia di accoglienza sono state denunciate in una conferenza stampa da Consorzio Italiano di Solidarietà (ICS), Diaconia Valdese, International Rescue Committee (IRC) e Consiglio Italiano per i Rifugiati: “Il diritto UE dispone con inequivocabile chiarezza che gli Stati membri provvedono a che i richiedenti abbiano accesso alle condizioni materiali di accoglienza nel momento in cui manifestano la volontà di chiedere protezione internazionale. Il diritto europeo non consente deroghe”. A Trieste dal 2022 al 2024 si sono verificati “gravi ed estesi fenomeni di mancata accoglienza dei richiedenti asilo da parte delle Autorità competenti. Se a partire dal giugno 2024 si era osservato un miglioramento della situazione, dal giugno 2025 la prassi di trasferimenti bisettimanali ha subito un brusco rallentamento con trasferimenti che avvengono solo una volta alla settimana”. Il risultato? “Anche le persone più vulnerabili (famiglie con bambini, donne sole, minori) che pur hanno formalizzato la richiesta di protezione, vengono abbandonate in strada in attesa di un posto in accoglienza, prive di assistenza che non sia quella fornita dalle associazioni di solidarietà”. In base ai censimenti, la punta più drammatica si è raggiunta il 4 agosto quando “il numero dei richiedenti asilo abbandonati in strada è arrivato a 173 uomini singoli, 2 donne sole e 4 nuclei familiari con bambini”. Di fronte a questa crisi umanitaria e “in assenza di interventi che pongano rimedio all’attuale situazione, le associazioni si riservano ogni azione legale necessaria a ripristinare il rispetto delle vigenti normative e tutelare i diritti fondamentali dei richiedenti asilo”.
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