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Caso Medvedev, la psicologa: “A volte Daniil esagera, ma serve più misura da parte di tutti”

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Francisca Dauzet, psicologa di Daniil Medvedev, ritorna su quanto accaduto durante la famosa o famigerata partita tra Il campione russo e il francese Benjamin Bonzi, quando un fotografo entrò in campo dopo la prima palla fuori misura del francese sul match point in suo favore. Il moscovita si prese la scena altercando con il giudice di sedia Greg Allensworth e attaccandolo in maniera piuttosto aggressiva e insultante per aver concesso nuovamente il first serve al francese, in quanto disturbato dal fotografo. Come sappiamo, Medvedev risalì da 0-2 fino alla parità nei set ma finì poi per perdere al termine della quinta frazione.

Daniil è stato molto criticato per il suo comportamento scorretto, mentre il pubblico nel frangente in questione ha preso le parti del russo, abile sobillatore della folla che probabilmente avrebbe volentieri visto il match allungarsi. La professionista cerca di leggere la vicenda ancorandola saldamente alle condizioni ambientali e alla tempesta di emozioni facilmente immaginabili, cercando di andare oltre. Ovvero considerando i ruoli della commedia e dando particolare risalto proprio agli astanti, quelli veramente presenti nello stadio e quelli a casa, spettatori passivi ma in ultima analisi non meno presenti con la loro interazione sulle piattaforme social, parte non secondaria nel processo di esasperazione della situazione.

Dauzet: “Medvedev non si comporta proprio in maniera corretta”

Daniil” – dice Dauzet – “non si comporta propriamente in maniera corretta. Lui attacca l’arbitro, la folla si indigna ma rimane affascinata da quanto sta accadendo. Tutti sanno che ce lo si può aspettare da alcuni giocatori più che da altri ma sembra che nessuno voglia considerare le tensioni e lo stress che si vengono ad accumulare durante una partita, lunga come può accadere in questo sport. La scena è permeata dell’energia di tutti i presenti e ad un certo punto quella di Medvedev è fortissima e cattura quella di tutti, ipnotizzati da quello che fa”.

In lui” – prosegue – “non vedo malizia, certo lui esagera ma anche il pubblico lo fa e uno supporta l’altro nel portare la faccenda oltre il lecito. Per Medvedev la reazione e gli eccessi sono in una zona che porrei tra il consapevole e il non consapevole e la totale imprevedibilità della situazione accresce queste reazioni, offrendo forse all’atleta un pretesto per approfittare delle lacune del sistema”.

Dauzet: “Ci vuole più misura da parte di tutti”

Ci vuole” – riprende Dauzet – “più misura da parte di tutti negli interventi pubblici. Inoltre, se l’arbitro fosse andato oltre alla semplice gestione delle regole del match e si fosse imposto per frenare quanto stava accadendo, forse la situazione non sarebbe uscita dai binari della normalità. Daniil eccede ma lo fa anche la gente, che non ha remore nel giudicarlo soprattutto sui social media, dove gode dell’anonimato. Quando giocatori come lui o come Moutet o Kyrgios reagiscono in maniera eccessiva non lo fanno per lo spettacolo ma perché stanno esprimendo difficoltà. Loro lavorano per migliorare questo aspetto della personalità, ma la gente non vuole considerare il turbine di emozioni che vivono gli atleti professionisti e il tennis in particolare spinge le menti a volte verso luoghi inesplorati”.

Emerge per la psicologa quindi un possibile lasso di tempo in cui l’atleta non ha sotto controllo le proprie reazioni ma si trova a gestirne le conseguenze più favorevoli. Par di ricordare quando John McEnroe fu espulso dall’edizione 1990 dell’Australian Open da Gerry Armstrong per aver subito tre penalizzazioni, l’ultima delle quali fu proprio l’insulto al giudice di sedia e al tournament referee. Lo statunitense disse successivamente: “Se avessi saputo di essere così vicino alla squalifica, avrei evitato di andare avanti”, ammettendo così di avere più controllo sulla propria ira di quanto non si immaginasse.

I tempi sono ovviamente cambiati e la sensibilità verso le conseguenze dello stress sulla salute mentale è enormemente cresciuta; viceversa – aggiungiamo noi – il peso dell’arbitro è diminuito come risultato del progresso tecnologico che ha reso superflue diverse figure presenti sul court fino a pochi anni fa e la società stessa, par di leggere anche da numerosi comportamenti di personaggi pubblici, propone l’arroganza e la sicurezza di sé portata fino al disprezzo della controparte come modelli positivi o comunque vincenti nelle controversie di ogni giorno.

Il confronto con il passato

Gli atteggiamenti di ieri di McEnroe o di Connors e Nastase sono parimenti deprecabili rispetto a quelli dei giocatori attivi oggi prima nominati, le differenze che ci rendono un po’ più sopportabili le condotte oltre la decenza di ieri sono legate proprio alle mutate condizioni ambientali.

Oggi si percepisce un contegno più complice nei confronti dell’arroganza e la vittima è inerme più di quanto non apparisse oggi, nonostante il regolamento ai giorni nostri in linea teorica sia una gabbia protettiva assai più confortevole per il referee di quanto non lo fosse quella di cinquant’anni fa, periodo storico che favorì il varo di un sistema di deterrenza verso la maleducazione di alcuni campioni.

Difficile non vedere le difficoltà di Daniil in questo periodo e in generale dopo la sconfitta nella finale di Melbourne che diede il primo titolo Slam a Jannik Sinner, però nel frangente ricordato nella prima parte dell’articolo la persona più in ambasce ci sembra tuttora il signor Allensworth.




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