Trump continua ad attaccare la sinistra a una settimana dell’omicidio Kirk: dai “terroristi” di Antifa “all’odio” dei progressisti
A una settimana dall’omicidio di Charlie Kirk, divulgatore trumpiano e leader del movimento giovanile Maga, assassinato in un campus nello Utah, la Casa Bianca ribadisce che la responsabile del clima d’odio è la sinistra. Una presa di posizione netta che, ha dichiarato Obama, viene strumentalizzata per dividere il Paese anziché unirlo. Trump sceglie anche in questa occasione di polarizzare: l’ultimo atto è quello di designare come “organizzazione terroristica” Antifa, che negli Stati Uniti è un movimento decentralizzato, formato da attivisti che si definiscono anarchici, anticapitalisti o comunisti, senza una vera e propria leadership definita.
La linea della Casa Bianca contro la sinistra – La decisione fa seguito alle dichiarazioni del presidente dei giorni scorsi, secondo cui i gruppi radicali di sinistra potrebbero essere trattati proprio come organizzazioni terroristiche domestiche e perseguite. L’attacco alla sinistra è scattato al rinvenimento della scritta “Bella Ciao” trovata sulla pallottola con la quale il presunto assassino Tyler Robinson ha ucciso Kirk. La citazione però, per quanto sia legata all’antifascismo, si riferisce a un brano ormai usato in contesti molto variegati, dai videogiochi alle playlist dell’alt-right. Si è detto inoltre che Robinson aveva una relazione con un trans, motivo che ha fatto ulteriormente propendere la Casa Bianca ad aggredire il campo progressista. In ogni caso, la famiglia del killer è conservatrice e trumpiana. Tanto che la nonna dell’arrestato, Debbie, parlando al Daily Mail ha detto: “Mio figlio, suo padre, è repubblicano. In famiglia siamo tutti Maga. Non conosciamo democratici”, e ha aggiunto che Tyler da bambino aveva ricevuto il suo primo fucile, proprio da mamma e papà. Un profilo complesso il suo. Trump però ha preferito accusare Robinson di essersi “radicalizzato su internet” e “a sinistra. È di sinistra”. “Molti problemi – ha aggiunto – sono a sinistra, dove si sentono protetti”. Dichiarazioni a cui sono seguite quelle del consigliere della Casa Bianca, Stephen Miller: nelle scorse settimane aveva definito le organizzazioni liberali “terroristi domestici” e dopo l’attentato a Kirk ha annunciato la linea dura contro le organizzazioni progressiste, accusando la precedente amministrazione di aver attaccato i conservatori e i cristiani.
La gaffe di Pam Bondi sui discorsi d’odio – A infiammare un clima politico incandescente anche l’attorney general Pam Bondi, ultra fedelissima di Donald Trump, che ha scatenato una bufera. “C’è la libertà di parola e poi c’è il discorso d’odio, ma nella nostra società non c’è posto per quest’ultimo, soprattutto ora, dopo ciò che è successo a Charlie Kirk: vi perseguiremo se prendete di mira qualcuno con discorsi d’odio”. La ministra della giustizia è finita sulla graticola per aver messo in discussione la libertà di parola garantita dal primo emendamento della costituzione americana, contraddicendo sentenze consolidate dei giudici della corte suprema, tra cui quella dell’icona conservatrice Samuel Alito, e persino le dichiarazioni dello stesso Kirk. La libertà di parola negli Stati Uniti non è assoluta, ma le eccezioni sono ristrette, e il “discorso d’odio” non ne fa parte. Espressioni generali di odio su internet sono spregevoli, ma non costituiscono motivo di incriminazione. Protetto persino il rogo della bandiera Usa. Pure Kirk non sarebbe stato d’accordo con Bondi.
L’attorney general ha fatto infuriare anche i commentatori conservatori perché ha vanificato decenni di campagne contro i tentativi dei progressisti di sancire l’incitamento all’odio nella giurisprudenza. Il Wall Street Journal l’ha umiliata con un editoriale dal titolo “Pam Bondi ha bisogno di una lezione sulla libertà di parola”, chiedendosi se sia “troppo aspettarsi una conoscenza basilare del primo emendamento da parte della procuratrice generale della nazione” e invitandola a “smettere di partecipare a podcast su Charlie Kirk finché non avrà ascoltato qualche podcast di Charlie Kirk”.
La visione selettiva della libertà di parola secondo Trump – Bondi ha contraddetto anche l’ordine esecutivo firmato da Trump per “ripristinare la libertà di parola e porre fine alla censura governativa”, “intollerabile in una società libera”. Parole in linea con la battaglia conservatrice per la piena libertà di espressione, anche sui social, che con il ritorno del tycoon alla Casa Bianca hanno ridotto o cancellato la moderazione, da Elon Musk a Mark Zuckerberg. Certo, poi la visione di Trump sulla libertà di parola è selettiva, come dimostrano le sue intimidazioni ai reporter, le minacce di perseguire le organizzazioni della sinistra radicale, i licenziamenti e le revoche dei visti per i commenti controversi su Kirk. E, se si dovessero perseguire i discorsi di odio, molti degli interventi di The Donald potrebbero ricadere in questa categoria, dall’istigazione ai suoi fan a “combattere come dannati” nella marcia al Capitol al “Lock her up!” (arrestatela) contro Hillary Clinton nei comizi.
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