Proteste di massa in tutta Europa
L’Unione Europea e il Regno Unito si vantano di come la loro “Coalizione dei volenterosi” stia guidando coraggiosamente la battaglia per la democrazia e la libertà nel mondo. Ma la semplice realtà dei fatti è che il sostegno popolare alla maggior parte dei governi coinvolti e alla loro spinta alla militarizzazione è molto debole. Di conseguenza aumentano le proteste in tutta Europa, con i cittadini che scendono in piazza, anche se le questioni immediate che motivano le manifestazioni variano notevolmente da un Paese all’altro. Oltre alla crisi economica e alla mancanza di prospettive per un futuro migliore, che sono sentite da tutti, il fallimento dell’Occidente nel prendere misure efficaci per fermare il genocidio a Gaza ha contribuito in modo determinante a screditare chi detiene il potere.
Regno Unito. Da mesi ormai a Londra si svolgono manifestazioni a favore dei palestinesi che sfidano i divieti del governo, in particolare quelli imposti all’organizzazione Palestine Action, accusata di “attività terroristiche”. Solo il 6 settembre sono state arrestate oltre 700 persone per aver partecipato a raduni di Palestine Action.
Poi, sabato 13 settembre, almeno 110.000 persone, un numero inaspettatamente elevato, hanno partecipato a una manifestazione nella capitale, originariamente organizzata dall’estremista di destra Tommy Robinson contro la politica migratoria del governo. In realtà, la manifestazione ha attirato molte persone semplicemente stanche della politica di questo governo e dei suoi predecessori, che ne hanno trascurato gli interessi. Un piccolo gruppo di provocatori ha inscenato violenti scontri con la polizia. L’immigrazione e il sentimento anti-islamico qui, come in molti altri paesi europei, sono temi scottanti che vengono utilizzati per alimentare una guerra tra poveri che permette alle persone di sfogare rabbia e frustrazione, impedendo loro di lottare per le soluzioni reali.
Ad aggravare i problemi del primo ministro Starmer è stato lo scandalo scoppiato la settimana scorsa, quando è stato rivelato che l’ambasciatore britannico negli Stati Uniti da lui nominato, Peter Mandelson, aveva intrattenuto relazioni scomode con Jeffrey Epstein. Dopo aver inizialmente difeso l’ambasciatore (soprannominato “Randy Mandy”), Starmer ha dovuto licenziarlo a causa delle reazioni negative. Per la maggior parte dei cittadini britannici è difficile credere che il loro primo ministro non sapesse nulla dello scandalo al momento della nomina del suo “vecchio amico” ambasciatore, dato che il contenuto delle e-mail incriminanti era noto agli addetti ai lavori ben prima che diventasse di dominio pubblico la scorsa settimana.
Francia. Dopo la caduta del governo Bayrou a seguito di un voto di sfiducia, Emmanuel Macron ha nominato Primo Ministro Sébastien Lecornu, il quarto in meno di due anni, che, come gli altri, non riuscirà a salvare la Presidenza dal crollo di popolarità che ha portato i consensi al 15%. Stretto alleato di Macron, Lacornu è stato ministro della Difesa fino alla settimana scorsa, quando ha sollecitato un enorme aumento della spesa per la difesa nonostante i gravi problemi di bilancio che hanno portato alla caduta di François Bayrou. Come ha commentato Jacques Cheminade, la nomina del ministro della Difesa è “la prova che si vuole che la Francia entri in guerra”.
Di conseguenza, la Francia si prepara ad affrontare settimane di proteste di massa, iniziate il 10 settembre con una giornata di mobilitazione. I sindacati hanno indetto uno sciopero generale che causerà gravi disagi in tutti i settori il 18 settembre.
Germania. Nonostante la palese repressione della libertà di espressione quando si tratta del Medio Oriente, circa 20.000 persone hanno partecipato alla manifestazione organizzata a Berlino il 13 settembre dal movimento di Sahra Wagenknecht (BSW), con la partecipazione del famoso comico novantenne Dieter Hallervorden, all’insegna dello slogan “Stop al genocidio a Gaza”. Sono stati proiettati in diretta videomessaggi di Roger Waters dei Pink Floyd, dell’economista statunitense Jeffrey Sachs e del sociologo israeliano Moshe Zuckermann.
La Wagenknecht ha denunciato con forza quei governi (incluso implicitamente quello di Merz) che forniscono armi e sostegno a Israele, definendoli “complici del genocidio”. Ha anche criticato aspramente la campagna di riarmo in corso, nonché la possibile riattivazione del servizio militare obbligatorio e lo stazionamento di missili a medio raggio statunitensi in Germania, previsto per il 2026.
Il governo di coalizione del cancelliere Merz ha subito un altro duro colpo nelle elezioni comunali del 14 settembre (cfr. sotto). Ad agosto, il tasso di approvazione dei cristiano-democratici di Merz era sceso al 24% e quello del suo partner di coalizione, l’SPD, a un misero 13%. In altre parole, il Cancelliere sta andando solo leggermente meglio di Emmanuel Macron (17%), mentre Keir Starmer si colloca a metà strada tra i due. Un trio molto debole a capo della grandiosa “Coalizione dei volenterosi”.
Spagna. La situazione in Spagna è instabile per altri motivi. Domenica 14 settembre, 100.000 manifestanti sono scesi in piazza a Madrid a sostegno della Palestina. Bloccando alcune strade, hanno causato la cancellazione della tappa finale della Vuelta a causa della partecipazione di una squadra israeliana. Poco prima che si verificasse questo incidente, il primo ministro Pedro Sanchez, uno dei primi Capi di Stato e di governo occidentali a denunciare i crimini di guerra di Israele nei territori palestinesi, aveva elogiato i manifestanti, dicendo di ammirare “il popolo spagnolo che si mobilita per cause giuste come la Palestina” e difende pacificamente i diritti umani. Il giorno dopo, ha chiesto che Israele fosse temporaneamente escluso dagli eventi sportivi internazionali, citando la differenza di trattamento della Russia.
Il socialista Sanchez, a capo di un governo di minoranza, si è anche scontrato con la Commissione Europea e con la NATO su questioni relative al deficit e alla spesa per la difesa. Per questi motivi, il suo governo subisce forti pressioni, sia dall’interno che dall’esterno. (Nella foto la manifestazione a Berlino contro il genocidio a Gaza).