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Italia, le precedenti finali di Billie Jean King Cup. Tanti ricordi felici dal 2006 in avanti

Sarà l’ottava finale della storia, quella che l’Italia giocherà domani in Billie Jean King Cup. Contro gli USA arriva la terza negli ultimi tre anni, una consecutività che non si era mai verificata neppure in quelli che rimangono gli anni d’oro del tennis femminile in Italia. Al tempo, però, le finali furono quattro in cinque anni, e con tutto un altro format rispetto a quello attuale.

La prima fu disputata nel 2006 allo Spiroudome di Charleroi contro il Belgio. Il nome era ancora Fed Cup, c’erano già Francesca Schiavone, Flavia Pennetta e Roberta Vinci (che al tempo aveva più convinzione in doppio che in singolare), e c’era anche Mara Santangelo che visse gli anni dal 2005 al 2007 come i migliori del proprio cammino agonistico. Dall’altra parte solo metà della potenza reale del Belgio, perché accanto a Justine Henin non c’era Kim Clijsters. I due singolari la regina del rosso di quegli anni li vinse, Schiavone e Santangelo (entrata in corsa per Pennetta a causa di un leggero infortunio della brindisina) batterono Flipkens, si arrivò al doppio, sul 2-0 Schiavone/Vinci nel terzo Henin gettò la spugna e l’Italia, in quel 17 settembre, dopo quasi 8 ore di sofferenza, vide la gioia. Altra particolare impresa di quell’anno: ad aprile, a Nancy, contro la Francia, Schiavone batté Amelie Mauresmo che al tempo era numero 1 del mondo.

In finale l’Italia ci tornò l’anno successivo, dopo una semifinale-thriller contro la Francia in cui successe di tutto e si arrivò, in Schiavone-Golovin, a vedere le azzurre praticamente fuori da una finale poi ripresa per il proverbiale rotto della cuffia. Quell’anno, però, la Russia, nella Luzhniki Arena di Mosca, portò Anna Chakvetadze e Svetlana Kuznetsova, che al tempo erano in top ten e nel miglior momento. Schiavone ebbe la chance di battere sia l’una che l’altra, si fece sempre rimontare (in un anno peraltro per lei molto particolare) e Mara Santangelo contro Kuznetsova nulla poté. 3-0 che poi divenne 4-0 in una delle ultime sfide di Fed Cup che, in Rai, commentò Giampiero Galeazzi.

Dopo un anno un po’ strano, il 2008, nel 2009 le azzurre tornarono in finale e con gli squilli di tromba (5-0 alla Francia a Orleans, 4-1 alla Russia in quella Castellaneta Marina che fu location utilizzata fin quasi all’abuso in quegli anni). A Reggio Calabria gli USA arrivarono senza le sorelle Williams, che erano di fatto il tennis americano in quel momento dopo tante altre uscite di scena. Melanie Oudin era la numero 3 effettiva, nonché speranza che non sbocciò mai davvero, mentre Alexa Glatch era 144 e la coppia Huber/King era invece molto forte in doppio. Non ce ne fu bisogno (anche se a tie finito Errani/Vinci le batterono con annessa impresa). Schiavone e Pennetta non ebbero nessun problema su quella terra rossa resa pesante dalle temperature che, a novembre all’aperto, anche se si era a Reggio Calabria tanto alte poi non erano. 4-0 Italia, secondo successo.

Nel 2010 stessa finale, ma a campo invertito: ora erano gli States a ospitare a San Diego dopo che l’Italia aveva battuto Ucraina (cioè, al tempo, le sorelle Bondarenko) a Kharkiv e, nettamente, la Repubblica Ceca (che oggi si fa chiamare Cechia) sul Pietrangeli, a Roma, che mai prima di allora aveva ospitato un tie. Fu una storia simile: niente Williams, dentro Coco Vandeweghe, allora ben lontana dalle vette future, e Bethanie Mattek-Sands, effettiva terza giocatrice americana al tempo. Entrò in scena Oudin, batté Schiavone nel terzo singolare, chiuse Pennetta su Vandeweghe per il 3-1.

La coda di tutto questo, dopo due semifinali per diverse ragioni meno fortunate, si chiamò 2013. Tie duro per varie ragioni sugli USA, gran bella semifinale con le ceche e Roberta Vinci grandissima protagonista, poi la finale. Attraverso svariate peripezie si scelse Cagliari, forzando parecchio la mano: la Russia rispose spedendo una vera e propria squadra C più Alisa Kleybanova, che era appena uscita da una lotta più grande, quella con il linfoma di Hodgkin. Vinci rischiò di perdere contro Alexandra Panova, che in passato era talvolta spuntata sul circuito WTA, annullandole quattro match point; il tie finì lì, perché Sara Errani lasciò cinque game a Irina Khromacheva e due a Kleybanova. Finì 4-0 col doppio Knapp/Pennetta.

Poi, nel 2023, dieci anni dopo e con una situazione ormai totalmente diversa (come pure il nome: non era più Fed Cup), l’Italia in finale ci ritornò. Martina Trevisan e Jasmine Paolini non sbagliarono nulla nel girone con Francia e Germania (soprattutto con le francesi: si ricordano i successi su Cornet e Garcia rispettivamente). Fu ben tenuta la semifinale con la Slovenia, ma in quel caso c’era dall’altra parte della rete il Canada. E il Canada, in quel momento, era troppo: Marina Stakusic era in vena di miracoli in quella settimana, ne mise in piedi un altro, e Leylah Fernandez era in grandissima forma nel periodo. Nessun rimpianto, dunque.

Nel 2024, infine, è accaduto di nuovo. Col brivido, perché Jasmine Paolini, e Sara Errani con lei, subito furono chiamate agli straordinari dalla sconfitta di Elisabetta Cocciaretto contro Ena Shibahara nel quarto contro il Giappone. Rispetto al 2023 il campo di partecipazione era pure migliore, con il ritorno di Iga Swiatek che fu da par suo: dopo una grande Lucia Bronzetti su Magda Linette, la regina del Roland Garros batté Paolini in rimonta, giocò il doppio con Katarzyna Kawa, ma Errani/Paolini erano più forti. Quindi venne la finale contro una Slovacchia a grande sorpresa. Non per le azzurre, però: Bronzetti s’impose ancora contro Viktoria Hruncakova (ex Kuzmova) e Paolini lasciò tre game a Rebecca Sramkova, un gran finale di stagione e anche qualche brutto ricordo in chiave italiana. Cancellato nella sera del 20 novembre.




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