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“Giusto non assumere un fan del Tottenham se la maggioranza dei colleghi tifano Arsenal”: la sentenza di un giudice inglese

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Col passare del tempo le attività extracurricolari hanno guadagnato sempre maggior peso in un colloquio di lavoro. Servono per conoscere i lati più intimi del candidato, a comprendere possibili spigolature del suo carattere, a scoprire ciò che i titoli accademici non possono raccontare. Tanto che molto prima di diventare ministro degli Esteri, anche Luigi Di Maio aveva voluto segnalare lo snorkeling e i viaggi come elementi fondamentali del suo percorso. Ora però le cose potrebbero cambiare. Soprattutto per i tifosi del Tottenham. Avere gli Spurs nel cuore non significa più aspettare quella vittoria del campionato che manca da sessantaquattro anni (frustrazione parzialmente annacquata con la vittoria dell’Europa League la scorsa estate). Almeno non soltanto. Perché adesso i supporter dei Lilywhites potrebbero avere “problemi” anche nel mondo del lavoro. E a deciderlo è stato addirittura un giudice di Sua Maestà. Chiamato a esprimersi su una controversia lavorativa, il magistrato Daniel Wright, nella sezione di Croydon, a Sud di Londra, ha stabilito che i tifosi del Tottenham possono essere legittimamente non presi in considerazione per un lavoro in un ambiente dove i fan dell’Arsenal sono in maggioranza. Il tutto per preservare l’armonia dell’azienda e tenere alto il morale del gruppo.

La storia in realtà parte da molto, molto, lontano. Qualche tempo fa, infatti, una cittadina russa, Maia Kalina, aveva fatto causa alla Digitas LBI affermando di essere stata in qualche modo discriminata. La donna era arrivata fino al colloquio finale per un posto di lavoro, ma proprio quando tutto sembrava fatto, ecco che l’azienda aveva optato per un’altra candidata. Kalina allora si era sentita vessata a causa del suo carattere introverso. Lei non amava “imprecare e andare a bere con i colleghi al pub“. Colpa di una “grave situazione di ansia e depressione” che la portava a non socializzare con gli altri e a non sentirsi a proprio agio con i “costumi britannici”. Era l’anarchia nel Regno Unito profetizzata dai Sex Pistols. Durante il processo, Stephanie Hill, l’intervistatrice che si occupava di selezionare la persona giusta per quella posizione, aveva spiegato che la decisione di assumere un’altra candidata si era orientata semplicemente verso “chi si integrava meglio con il team”, aggiungendo di aver avvertito una “migliore sintonia” con l’altra candidata.

Al termine di un dibattimento piuttosto acceso il giudice aveva dato ragione all’azienda. Era una questione di buonsenso. “Abbiamo due candidate che erano entrambe considerate idonee all’assunzione – ha scritto il magistrato Wright – Erano abbastanza equilibrate, ciascuna con i propri punti di forza. Non vedo nulla di sbagliato nel considerare chi si adatterebbe meglio al team, purché la valutazione venga fatta con cautela. Ci possono essere situazioni in cui è perfettamente legittimo per un datore di lavoro decidere che una persona semplicemente non si integrerebbe bene con il gruppo, e che quindi sarebbe difficile lavorare insieme“.

Per dare profondità al concetto, il giudice ha preferito definire anche un caso pratico. “Un esempio potrebbe essere una piccola azienda in cui tutti i dipendenti sono ferventi tifosi dell’Arsenal, e i vertici decidono di assumere un altro tifoso dell’Arsenal invece di un candidato altrettanto qualificato ma abbonato del Tottenham Hotspur, per non compromettere l’armonia dell’ufficio. In tal caso, la decisione sarebbe legittima (anche se, portando l’esempio all’estremo, non sarebbe necessariamente una scelta vantaggiosa per il business)”. Si tratta di una decisione fondamentale. Soprattutto in un sistema di Common Law come quello inglese, dove ogni sentenza crea un precedente giurisprudenziale destinato a diventare consuetudine. Il principio potrebbe essere applicato ovunque, diventando particolarmente cogente nelle città con i derby più accesi: Roma, Milano, Torino, Genoa. Ma anche Glasgow, Lisbona, Manchester, Buenos Aires, Atene, Istanbul, Belgrado. Per trovare lavoro bisognerà tifare per la squadra “giusta”. O forse no. Il curriculum è spesso il luogo delle mezze verità amplificate, delle competenze ingigantite. Per una volta basterà omettere qualcosa, glissare sul proprio tempo libero o sulla propria fede laica. Potrebbe diventare così per tutti. Ma soprattutto per i tifosi del Tottenham, “condannati” (si fa per dire) a trovare sempre meno impieghi da svolgere gomito a gomito con i fan dell’Arsenal.

L'articolo “Giusto non assumere un fan del Tottenham se la maggioranza dei colleghi tifano Arsenal”: la sentenza di un giudice inglese proviene da Il Fatto Quotidiano.




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