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Italia, un Mondiale in crescendo finora: tecnica, tattica e cuore per tornare ancora una volta tra le grandi

La Nazionale italiana di volley maschile ha raggiunto la settima semifinale Mondiale della sua storia, confermando la capacità di restare stabilmente tra le grandi del pianeta. Il bilancio parla di quattro ori (l’ultimo nel 2022 in Polonia), un argento (1978) e un quarto posto (Roma 2010). Stavolta il cammino è stato meno lineare, segnato da ostacoli e paure, ma proprio per questo più interessante da analizzare. Il primo colpo duro è arrivato prima del via: l’infortunio di Daniele Lavia, uno degli uomini più importanti nello scacchiere di Fefè De Giorgi, ha costretto la squadra a ridisegnarsi. Lavia non è solo un attaccante affidabile, ma anche un equilibratore di gioco in ricezione e difesa: la sua assenza ha pesato soprattutto nei primi incontri, quando l’Italia ha faticato a trovare continuità.

Il debutto contro l’Algeria (3-0) ha messo in luce la netta superiorità tecnica degli azzurri, ma anche una certa tensione, con cali di concentrazione nel secondo set. Nella seconda partita è arrivato il campanello d’allarme: la sconfitta al tie-break contro il Belgio (2-3). Una gara nata male, con Giannelli e compagni sotto 0-2, parzialmente recuperata ma sfuggita sul più bello. I belgi hanno saputo approfittare dei limiti italiani in ricezione e nelle coperture, mentre l’opposto Ferre Reggers è stato una spina nel fianco. In quel momento la Nazionale sembrava fragile, incapace di gestire i momenti decisivi.

La svolta è arrivata contro l’Ucraina: un 3-0 che ha segnato il vero ingresso dell’Italia nel torneo. Qui si è vista una crescita evidente in battuta e muro, con Roberto Russo dominante al centro e Alessandro Michieletto finalmente incisivo in attacco. Simone Giannelli, da leader, ha guidato la regia con più coraggio, distribuendo palloni veloci e mettendo in ritmo anche Mattia Bottolo, che partita dopo partita ha trovato la sua dimensione, dando equilibrio in ricezione e solidità difensiva.

Negli ottavi di finale contro l’Argentina (3-0), l’Italia ha mostrato un’ulteriore evoluzione: capacità di reagire dopo partenze difficili, compattezza nei momenti caldi e maggiore aggressività al servizio. Qui è salito in cattedra Yuri Romanò, devastante dai nove metri e capace di mettere pressione continua alla ricezione avversaria. Michieletto e Bottolo hanno risposto presente in attacco, mentre il libero Fabio Balaso ha garantito sicurezza e copertura su ogni pallone.

Il capolavoro è arrivato nei quarti con la rivincita sul Belgio. Un 3-0 secco, mai in discussione, frutto di un cambio radicale di atteggiamento rispetto al girone. L’Italia ha imposto il ritmo sin dall’inizio, con una battuta al limite della perfezione: 8 ace a fronte di soli 7 errori, un dato che racconta bene la scelta tattica di forzare il servizio per togliere certezze al cambio palla belga. A muro la coppia Russo–Gargiulo ha chiuso ogni spazio, mentre Giannelli ha orchestrato l’attacco con lucidità, alternando Romanò al centro e sfruttando l’estro di Michieletto. La gestione dei momenti di pressione è stata impeccabile: una prova di maturità che ha certificato la crescita del gruppo.

Dal punto di vista tattico, il Mondiale italiano ha mostrato tre chiavi fondamentali: la battuta come arma per indirizzare le partite. Nei match più delicati, gli azzurri hanno alzato il livello, trovando ace e battute break nei momenti decisivi. La correlazione muro-difesa, migliorato costantemente: inizialmente incerto, è diventato un punto di forza grazie al lavoro dei centrali e al posizionamento del sistema difensivo. La distribuzione di Giannelli, sempre più varia ed efficace: se all’inizio era costretto a forzare su pochi terminali e contro il Belgio è andato in difficoltà, ora può contare su un attacco più equilibrato e imprevedibile.

Ora la semifinale mette di fronte agli azzurri la Polonia, avversaria che incarna la grande rivalità degli ultimi anni. Italia e Polonia si sono giocate tutte le finali più importanti: il Mondiale vinto dagli azzurri nel 2022, l’Europeo perso nel 2023 e la VNL sfumata quest’anno. Una sfida che vale quasi una finale anticipata, tra due scuole di pallavolo che si conoscono a memoria. L’Italia ci arriva con fiducia, consapevole che pur senza Lavia ha trovato nuove soluzioni. Michieletto è tornato il faro offensivo, Bottolo si è consacrato su ottimi livelli, Romanò ha dimostrato di poter reggere la pressione dei grandi palcoscenici. A questo si aggiunge l’esperienza di Giannelli e la solidità di Balaso. È una squadra che sta imparando a vincere anche soffrendo, e che partita dopo partita sembra più consapevole della propria forza. Se sarà difesa del titolo o meno, lo diranno le prossime ore. Ma una certezza c’è: l’Italia è viva, tecnica, tattica e caratterialmente pronta per giocarsi ancora una volta il Mondiale fino in fondo.




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