“Da ex malata oncologica porto i miei laboratori di pasta fatta a mano in ospedale per fare divertire i bimbi malati”
Portare la pasta, i sorrisi, la magia e un pizzico di scompiglio nei reparti pediatrici. Quando aveva dieci anni, ad Alessandra è stato diagnosticato un sarcoma raro, con tre mesi di vita rimanenti. 26 anni dopo è tornata nella stessa ludoteca del reparto di pediatria oncologica dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano per contraccambiare i gesti solidali, l’affetto e i sorrisi ricevuti con la clownterapia. Così è nato il suo progetto, dal nome “Smile and make pasta”, lanciato da Alessandra Lauria, 36 anni, giovane pastaia di origini siciliane, che porta nei reparti pediatrici oncologici degli ospedali italiani una serie di laboratori per far mettere le mani in pasta ai bambini malati. E farli sorridere.
L’obiettivo è quello di aiutare i bambini ad affrontare il malessere psicologico che c’è dietro la malattia oncologica. “Ero emozionata, quasi sopraffatta, la prima volta che sono tornata tra le corsie dell’ospedale – ricorda Alessandra nella sua intervista al fatto.it –. Tornare in quel reparto è stato come riaprire una ferita d’infanzia, affrontare un trauma che non pensavo avrei mai potuto trasformare”.
Non è facile varcare quelle porte, spiega Alessandra. Nessuno vorrebbe sentire certe parole o vedere ciò che quei bambini stanno vivendo. “È doloroso, scomodo e spesso la gente intorno preferisce allontanarsene, come se fosse un tabù”. Ma è proprio lì che si capisce una cosa: la normalità non deve escludere queste esperienze. Anzi: regalare un momento di felicità in quel contesto è un potente viatico, un momento prezioso da custodire. “Ho visto bambini che, dopo mesi senza appetito, hanno mangiato di nuovo. Una madre mi ha detto: Hai fatto tornare la voglia di mangiare a mio figlio”. In quegli istanti ci si può sentire piccoli, impotenti, senza bacchette magiche. Eppure, la magia della pasta ha creato sorrisi e connessioni. “Quelle emozioni e quei volti sono stati il vero motore che ha trasformato un’idea in ciò che oggi è Smile And Make Pasta”.
I laboratori tra burocrazia, sanità e complessi aziendali “non sono proprio una passeggiata”, ma spesso si trasformano in rituali festosi e caotici in corsia. I bambini esplodono di entusiasmo e stupore. “Da un pugno di farina nasce qualcosa che riconoscono familiare, buono”. Per i genitori è un’esperienza quasi terapeutica. Le mani che si sporcano di farina diventano mani che, per un attimo, si alleggeriscono dal peso della malattia. È come tornare bambini insieme ai propri figli: giocare, ridere, ritrovare casa quando casa non c’è. In quei momenti non sono pazienti e genitori, ma famiglie che cucinano, amano, condividono.
L’associazione, attiva dal 2023, vive grazie al volontariato. “Io per prima – spiega Alessandra – non mi sono mai pagata per questo lavoro: porto avanti il progetto alternando stagioni in barca (dove cucino come chef privato o partecipo come food educator) e consulenze di ristorazione freelance, che mi permettono di sostenerlo”. Oggi Smile And Make Pasta può contare su circa 15 volontari attivi, formati attraverso percorsi dedicati, con l’obiettivo di sviluppare un metodo replicabile per preparare i futuri volontari e portare l’iniziativa in sempre più città. “A breve lanceremo anche la Pasta Week, in occasione della Giornata Internazionale della Pasta del prossimo 25 ottobre, e invitiamo ristoranti e ristoratori a unirsi a noi. Sarà un modo concreto per far sì che più bambini possano sorridere impastando”.
Per Alessandra la pasta non è solo farina e acqua, ma personalità, storie e connessioni. Il progetto è nato anche grazie a un crowdfunding lanciato tre anni fa e, partito da Milano, si è poi spostato a Torino e in altre strutture che offrono assistenza e alloggio alle famiglie dei bambini sottoposti a cure oncologiche.
I numeri parlano chiaro: a Torino sono stati coinvolti oltre 150 bambini, più di 300 genitori, con 14 laboratori realizzati, 14 tipologie di pasta create, 15 volontari formati, 2 strutture partner e circa mille beneficiari indiretti anche in altre città. L’impatto è arrivato perfino a Londra – dove Alessandra ha vissuto per nove anni – con laboratori dedicati, e in totale quasi 2.000 persone hanno partecipato alle attività ed eventi.
Un risultato reso possibile anche grazie alla rete di sostegno che cresce attorno al progetto. “Il Pastificio Sapori e il Pastificio Bolognese di Torino ci supportano dandoci spazio, visibilità e organizzando eventi. I proprietari, quando possono, partecipano perfino come pastai nei nostri laboratori in ospedale. E adesso altri pastifici stanno entrando nella rete, a dimostrazione che la forza del progetto cresce quando diventa comunità”.
Alessandra porta con sé tanti ricordi. Lo stupore negli occhi di Sara, una bimba di quattro anni che con sua mamma impastava felice. La gioia dei volontari che, diventando agnolottini, si sono sentiti parte di una famiglia. L’orgoglio di vederli organizzare un evento tutti insieme. “Ci sono anche storie dolorose, che non smettono di pesarmi – continua –. Lo scorso luglio ho saputo che una giovane ragazza, Daryana, che partecipava a tutti i nostri laboratori insieme alla madre (cuoca ucraina), non ce l’ha fatta. È in momenti come questi che capisco quanto sia prezioso e fragile il nostro lavoro”. Dopo tre anni di grandi sforzi, oggi è il momento di renderlo un progetto sostenibile. “Insieme, possiamo portare più serenità a chi ne ha bisogno. Essere come la pasta – conclude Alessandra – in fondo vuol dir questo: essere flessibili, forti, pronti a cambiare forma”.
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